I RISCHI DELL’IPERCONNESSIONE

L’accesso alla rete avviene sempre più attraverso connessioni mobili. Sono stati di recente diffusi dati che parlano chiaro: cinque miliardi di connessioni in mobilità, due milioni al giorno di nuove alla rete mobile, oltre cinquecento milioni di abbonamenti alla banda larga in modalità 3 e 40 (quest’ultima in misura nettamenteinferiore, essendo appena nata). Numeri oggettivamente impressionanti, forse addirittura in difetto, che testimoniano un trend di crescita colossale, perfino a dispetto della grave recessione che ha colpito le principali economie del nostro pianeta.

Approfondendo, però, l’analisi è un altro dato a colpire la nostra attenzione: nelle nazioni più evolute sotto il profilo tecnologico, l’aumento del traffico sulla Rete riguarda più i terminali che gli esseri umani. Questo tipo di comunicazione è definito “machinetomachine” e sta cominciando a essere tenuto in debito conto dai principali fornitori di accesso alla Rete. Si trattadi comunicazioni che avvengono, cioè, non necessariamente tra soggetti umani,o meglio, a prescindere da essi: mail server che scambiano messaggi a noi indirizzati o da noi inviati,servizi di segreteria digitaleonline, automatismi più o meno spinti messi in atto dai vari social network cui apparteniamo.

Tutto questo flusso di dati, cui più o meno inconsapevolmente diamo la stura, ha un che di inquietante, per certi versi, dal momento che è messo in atto da macchine che agiscono in nostra vece e talvolta simulando un nostro ruolo attivo: pensiamo ai meccanismi d’interazione che si instaurano sui già citati social network,ad esempio.

Luigi Vasile, Annachiara Florio