LE STELLE DI LAMPEDUSA (Una realtà dai mille volti)

Il libro in questione è intitolato “le stelle di Lampedusa” e l’autore è Pietro Bartolo, diventato medico dopo essersi laureato a Catania in medicina e chirurgia. Durante l’arco della sua carriera, ricopre diversi incarichi, ma quello che forse è il più importante, soprattutto perchè gli ha cambiato radicalmente la vita spingendolo a scrivere questo libro, gli è stato assegnato nel 1992 ed è quello come responsabile delle prime visite a tutti i migranti che sbarcarono a Lampedusa. Come medico è stato sempre presente in alcune situazioni delicate come quella della strage del 3 ottobre 2013 dove persero la vita 368 persone. <<Le stelle di Lampedusa>> è un racconto biografico basato e costruito sull’esperienza personale di Pietro. Lo scrittore racconta il fenomeno che sta verificandosi nel bacino del Mediterraneo, e che interessa la nostra Nazione più di qualunque altra, attraverso le vesti di medico ascolta tante storie commoventi, che lo rendono ancora sempre più fiero del lavoro che compie quotidianamente, e storie molto tristi, come quella di Alì, ragazzo che Pietro accolse nel centro di accoglienza curandolo e che è costretto a vedere morto suicida, altre che diversamente gli fanno provare sdegno nei confronti dell’umanità e della nostra terra natia accusando di lentezza la burocrazia, il sistema e lo stesso popolo. Forse la sua durezza sembra essere eccessiva, non dimentichiamo che viviamo in una società eterogenea, costituita sempre più da persone ricche e potenti. Una società con troppi pregiudizi, troppi modelli condivisi, basati solo sul potere, sulla ricerca della visibilità esteriore, del successo, dove ciò che è diverso viene deriso. Una società che ogni giorno che passa deve fare i conti con chi diventa povero, esposto a rischi, con gravi disagi e grandi fragilità. Una collettività che sembra quasi anonima, che non vuole vedere quei volti “diversi”, che incrocia sguardi, si interroga sui propri vissuti per confrontarsi con le loro storie, quelle di altri esseri umani come noi, come quei migranti che sbarcano in Italia nella speranza di un futuro migliore o magari di ragazzi, donne o bambini che cercano parenti arrivati qualche anno prima. L’autore si sofferma particolarmente sulla storia di una bambina Nigeriana arrivata tutta sola in un barcone pieno di uomini; il medico salito a bordo per controllare le condizioni igienico-sanitarie dei “passeggeri” nota questa bambina alla quale presta attenzione. Visitandola si accorge di qualche scottatura dovuta alla presenza di idrocarburi nello scafo della barca sulla quale hanno viaggiato; allora chiamato l’interprete inizia a fare qualche domanda riguardo al suo viaggio solitario. La bambina risponde che cerca la mamma che si trova in “EUROPA”, ma non sa nient’altro, a parte un numero di telefono che risulterà sbagliato, ma grazie al quale, mediante l’insistenza e la determinazione del medico, riescono a mettersi in contatto con la madre, che si trova in un centro di tutela per le vittime sfruttate dalla prostituzione, ma che non può vedere subito a causa della complessa burocrazia che impone lenti vincoli. Dunque sembra che il sogno di vivere insieme alla famiglia in un paese ai loro occhi “idillico” non può essere esaudito. Questa è una delle tante storie di ragazzi che come Anila decidono di rischiare la loro vita per avere un futuro migliore, “piazzano una scommessa” di fronte al Mediterraneo e ciò che puntano è tutto quello che hanno di più caro: La Vita. Detto così sembra una storia sentita e risentita fino alla nausea, ne parlano i mass media, i giovani a scuola ed i vecchi al bar; ma del coraggio, della loro forza non ne parla nessuno. Non è quello che molti dicono “La storia che si ripete”, perché quando all’inizio del ‘900 si partiva verso gli Stati Uniti era una scelta meditata che si faceva con la speranza di portare qualcosa di innovativo nella nazione, affinché i figli non patissero la fame che hanno patito i genitori, e ci sono riusciti, con impegno e dedizione. Ne sono un esempio le migrazioni internazionali che hanno profondamente modificato ogni società cambiandone il volto, ma permettendo alla nostra nazione fino agli anni ’60 e ’70 di mantenere la propria identità. Profugo, migrante, o forse rifugiato, quante volte sentiamo pronunciare queste parole, tutto per indicare realtà tra loro non troppo dissimili, ma non coincidenti. Questi sempre più “emarginati” sono i “diversi” creati dalla velocità del cambiamento necessario imposto dal sistema della globalizzazione.Questa tragica situazione è il frutto di una condizione di anarchia totale, ed è la dimostrazione più palese che un popolo senza una guida salda non ha futuro in quanto sono spariti quasi del tutto quelli che sono i valori, i principi fondamentali sui quali vengono gettate le basi per fondare una società civile e funzionale. D’altro canto dobbiamo ringraziare coloro che hanno guidato la nostra nazione creando quello che oggi tutti definiscono “Il bel paese”, il paese dove fino a qualche decennio fa molti cittadini europei si trasferivano per creare un futuro migliore, ma dal quale oggi tutti fuggono perché lo vedono come una nazione senza futuro. Nessuno ha totalmente torto e nessuno ha totalmente ragione, ma invito tutti a fare una considerazione prima di giudicare: perché l’Africa come tutti i grandi paesi sparsi nel mondo non hanno avuto grandi intellettuali come Pasolini, Oriana Fallaci, Leopardi o pittori come Giotto o Da Vinci? Non possiamo usare la solita scusa della “libertà di esprimersi”, perché anche qui abbiamo avuto delle restrizioni durante periodi di regimi totalitari, ma ci sono state delle persone che hanno deciso di lottare, non contro i fratelli, ma contro il sistema che qualche volta è risultato marcio; ne sono stati un esempio l’anarchico Pinelli, Peppino Impastato, il giornalista Giuseppe Fava. La nostra è una società ospitante, e deve poter mantenere sempre un valore come questo, ma tra gli stati dovrebbe poterci essere una giusta collaborazione e intesa affinchè potersi attivare con gli aiuti umanitari insieme. Anila e Carla le due donne del romanzo hanno visto cose terribili, hanno affrontato grandi ostacoli, senza perdere mai il coraggio, la fede e la forza, diventano loro le stelle di cui parla l’autore. La nostra è diventata oggi una realtà abitata da mille volti diversi provenienti da tutti gli stati del mondo ed ha portato ad avere dei momenti di confronto, forse anche scontro sia sul piano etnico quanto culturale. Qui le parole del filosofo e sociologo Bauman sembrano la metafora migliore, la nostra è “una società liquida”, una società dove non ci sono più confini, tutto cambia in continuazione, niente ha sempre la stessa forma, tante cose che avevano un senso nel passato oggi non valgono più. “Tutte le società producono stranieri: ma ognuna ne produce un tipo particolare, secondo modalità uniche e irripetibili”, lo straniero rimane tra noi come una presenza costante, condividendo l’incertezza di questo nostro secolo, tuttavia abbiamo una vera opportunità di emancipazione che ci viene data deponendo le armi, sospendendo gli scontri tra le frontiere, mettendo da parte i tanti muri di Berlino innalzati quotidianamente per mantenere le distanze. L’uomo di oggi, e noi giovani dovremmo essere insegnanti di noi stessi e vincere questo profondo senso di insicurezza e inadeguatezza che nella società odierna diventa sempre più profondo.

Francesco Cultrera 3 A