Curva Nord Vs Curva Sud

Quando si parla di sport nella capitale, la prima cosa che viene in mente è la rivalità tra Lazio e Roma.
Da una parte la Lazio, fondata dall’atleta Luigi Bigiarelli, che non fonda la Lazio in quanto società calcistica, ma in quanto polisportiva, e ancora oggi la SS Lazio è primariamente una polisportiva, una delle più prestigiose e antiche al mondo, e solo successivamente una squadra di calcio. I colori sono quelli dell’Antica Grecia proprio a voler sottolineare il legame della Lazio con lo sport.

Il simbolo è quell’aquila che le legioni romane mostravano con fierezza, conquista dopo conquista. Il nome, Lazio, testimonia un’ampiezza territoriale non circoscrivibile alla sola Roma, eppure in Roma fortemente radicata. Già a partire dal luogo della fondazione: Piazza della Libertà, in pieno centro.

Diversa, diremmo quasi opposta, la fondazione della AS Roma. Associazione sportiva, sì, ma eminentemente calcistica – e i risultati dei primi anni, ivi compreso lo scudetto del ’42, testimoniano questo legame primigenio. Foschi fonda la squadra fondendola con Alba, Roman e Fortitudo. Le tensioni del primo derby, 8 dicembre 1929, si radicano in questa stessa fondazione. La Lazio è infatti l’unica delle più prestigiose società calcistiche romane a non volersi fondere per dar vita all’AS Roma.


Dal primo derby (1929) all’ultimo (2020) la storia, almeno a livello di risultati complessivi, dà ragione alla AS Roma: 65 le vittorie dei giallorossi, 46 quelle della Lazio, 62 i pareggi. Se è vero che dunque spetta alla Roma il privilegio cittadino a livello statistico, è altrettanto vero che il calcio, spesso e volentieri, così come la storia, con le statistiche ci fanno abbastanza poco. Non ogni derby è uguale a un altro, per dirla in breve.

Ora, il cuore del tifo biancoceleste è rappresentato dalla Curva Nord. La storia della tifoseria Laziale ha inizio in Curva Sud alla fine degli anni ’60, con i tumulti giovanili del ’68, quando gruppuscoli di giovani ragazzi, per lo più sedicenni, affollano le gradinate dello stadio Olimpico. Sono i primi Ultras, gruppi di ragazzi dai nomi più disparati: Tupamaros, Aquile, Ultras, Vigilantes, NAB, CAST, Marines. Gruppi troppo frastagliati per creare un vero e proprio catino di tifo. Così nel 1971 ha inizio la storia del primo vero gruppo ultras della capitale degno di questo nome… sono i ragazzi di Monteverde che fondano il COMMANDOS MONTEVERDE LAZIO, poi C.M.L.’74 (sull’entusiasmo dello scudetto di quell’anno). E’ il 1976, i gruppi della Sud, ancora troppo divisi, decidono di riunirsi sotto un’unica sigla, nascono così i G.A.B.A. (Gruppi Associati Bianco Azzurri), che l’anno dopo nel 1977, diventeranno gli EAGLES SUPPORTERS, striscione copri-curva di 56m, nome di impostazione britannica che per oltre un decennio faranno da traino alla Curva Nord e alla Lazio stessa. È il 1987, si gioca Lazio-Padova, in curva nord a fare il tifo non ci sono solo gli Eagles, compare per la prima volta lo striscione di 10m con caratteri spartani degli IRRIDUCIBILI, un gruppo nuovo, di rottura, che cambierà il modo di fare il tifo e sarà un faro per gli ultras di tutta Italia; via i tamburi e cori all’inglese. Nascono però inevitabilmente dei contrasti con gli Eagles Supporters, ancorati alla tradizione Ultras, che si scioglieranno nel 1992.
Non semplici combinazioni di numeri, ma alcune date diventano cicatrici, indelebili, impresse nella mente e nella memoria. Non sarà mai una semplice ed innocua data l’11 marzo 1973, incisa nella storia del tifo romano, scolpita nel cuore dei tifosi giallorossi: è il principio, l’inizio di una infinita storia d’amore con il luogo che per eccellenza indica amore, casa. L’11 marzo è l’approdo a casa del tifo giallorosso.
Stagione 1972/73, 21a giornata di un campionato amaro (tranne per i dolci esordi di due che la storia, in giallorosso, l’hanno scritta e che, nel cuore, saranno sempre scolpiti: Agostino Di Bartolomei e Francesco Rocca) per la Roma del mago Herrera, che chiuderà undicesima in classifica a quota 24 punti, con lo scudetto cucito sul petto della Juventus e la Coppa Italia sulla camicetta del Milan, si gioca Lazio-Roma alle 15.00 allo Stadio Olimpico (gli acerrimi nemici storici, “quelli della parte sbagliata del Tevere”, arriveranno in terza posizione a 43 punti). Pulici, Facco, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, Manverisi per la Lazio di Maestrelli; Ginulfi, Morini, Peccennini, Salvori, Bet, Santarini, Liguori, Spadoni, Cappellini, Cordova e Scaratti per i giallorossi di Herrera: davanti a 78.000 spettatori si consuma un 2-0 per i biancocelesti con la rete di Garlaschelli e l’autogol di Santarini, ma la vittoria è altrove per la Roma, non sul campo. La vittoria è sugli spalti, nel giorno che alle cronache giallorosse è ricordato come la “cacciata”.
Fino al fatidico giorno, l’11 marzo, il cuore caldo del tifo sia laziale sia romanista vedeva e tifava la propria squadra dalla Curva Sud dell’Olimpico, il settore dei tifosi di casa, da cui facevano il loro ingresso in campo i giocatori. Nei derby, però, la situazione diventava incandescente, in virtù di questa situazione di “coabitazione”. La settimana precedente a quel derby, la società biancoceleste, in quanto società ospitante, aveva invitato con un comunicato il tifo laziale ad occupare la Sud. All’apertura dei cancelli, intorno alle 11.00 del mattino, i romanisti, secondo le cronache giallorosse, trovarono al loro ingresso in Sud un gruppo di laziali, entrati ancor prima dell’apertura ufficiale dei cancelli stessi, nello storico muretto che solitamente veniva occupato dai giallorossi, quello del romanista Dante: tafferugli e scontri in risposta a quella che veniva considerata un’onta per i romanisti, che costrinsero di fatto il gruppo dei laziali, rimasti isolati, a trasferirsi nell’angolo verso la Tevere, lasciando che l’ondata giallorossa colorasse la Curva. Ad inizio partita 3/4 della Sud era romanista e nel derby successivo, quello del dicembre del 1973, grazie ai picchetti messi in atto dai giallorossi a difesa dell’entrata in Curva, i biancocelesti guardavano la Sud, ma dalla Nord, da quel momento posto a loro relegato. Appunto, la famosa “cacciata” e l’altrettanto illustre “conquista” della Sud.

Ma il 26 maggio del 2013 non si è scritta semplicemente la storia. Si è sancita un’epoca. L’arrestarsi di un momento storico in attesa di uno ulteriore. Il gol di Senad Lulic al minuto 71, nella finale di Coppa Italia – non era mai accaduto che un derby decidesse un trofeo –, viene festeggiato ancora oggi dalla tifoseria laziale come il derby dei derby. I tifosi romanisti, sepolti da una sfida che solo molti anni, e magari una contro-vittoria di questo livello, riusciranno ad opacizzare, ogni anno, ogni 26 maggio, si trovano schiaffati in faccia una realtà amara. Non c’è rivincita. Sembra quasi di vederla, mamma Roma. Piange. Da un occhio di tristezza, dall’altro di gioia.

Simone Merluzzi