DaD e insegnamento, com’è cambiata la scuola

DaD e insegnamento. Com’è cambiato il modo di fare scuola. A parlarne la professoressa Schipani. Ho deciso di intervistare la professoressa Schipani sul tema dad, per scoprire i vari cambiamenti da parte però di chi insegna.
Com’è cambiata la scuola con la DaD?
“C’è stata una rivoluzione digitale. In generale in alcune scuole dove gli strumenti digitali non si utilizzavano assolutamente, ciò ha ovviamente prodotto grande difficoltà nei docenti non pronti a questa novità e consequenzialmente negli studenti. Nella nostra scuola viviamo una
situazione diversa, essendo già pronti in questo campo. Questa è stata la differenza fondamentale. Un’altra è ovviamente la mancanza di contatto, fondamentale nella didattica per coinvolgere gli studenti anche emotivamente ed interessarli”.
Come è stata l’organizzazione generale di questa dad?
La mia esperienza è limitata alla mia scuola. Parlando anche con altri, però, ho notato che un po’ tutti hanno cercato di limitare l’orario, perché non è possibile passare sei ore continuativamente davanti ad un computer, visto che il livello di attenzione inevitabilmente cala. Nonostante si cerchi di coinvolgere gli alunni il più possibile, le sei unità orarie pesano sempre e c’è anche la stanchezza dei docenti, costretti in posizioni, spesso, scomode davanti a un micro schermo. Si cerca comunque di riprodurre in Dad delle dinamiche che esistevano in presenza, come uno scambio di parole, ma ciò che risulta più difficile è il lavoro di gruppo.
Cosa è cambiato tra marzo e adesso?
“Adesso gli studenti vivono una maggiore incertezza, poiché a marzo eravamo in chiusura
dell’anno ed eravamo quasi “gasati” da questa situazione: cantavamo e battevamo le mani al
balcone, appendevamo le bandiere, ci sentivamo uniti. C’era, quindi, questa volontà di sostenerci reciprocamente per andare avanti e lo abbiamo fatto anche in modo positivo. Ora, invece, ci aspettavamo certo delle interruzioni, ma non di tornare a chiudere completamente le scuole. È inevitabile che in questa situazione gli studenti siano timorosi riguardo al ritorno in presenza. In una situazione generale che è la stessa di marzo, il rientro potrebbe significare
un ripiombare in dinamiche tradizionali. Adesso, né gli studenti né noi docenti sappiamo cosa succederà e ogni programmazione del lavoro deve essere continuamente rivisitata.
Che cosa succederà quando, dopo più di un anno, gli studenti si ritroveranno a tornare a scuola?
“Per chi ha lavorato nulla, e spero che questa esperienza servirà ai docenti per rivedere il modo di insegnare che non può ritornare ad essere quello tradizionale. Non si può ignorare che per un anno intero non sia stata fatta una lezione regolare. È anche vero che però si dovrà ricominciare a fare delle prove, come veniva fatto prima di marzo. Cosa capiterà? Certo chi non ha lavorato per nulla in questi mesi avrà ripercussioni negative, ma per chi si è dato da fare prima e continuerà a farlo non cambierà niente.


Chiara Imbriani, III C