Due campioni, una medaglia d’oro

I giochi Olimpici di Tokyo 2020 hanno fatto esultare tanti italiani grazie alle vittorie ottenute in quasi tutte le discipline sportive. Alcuni dei migliori risultati sono stati ottenuti nell’atletica. Come non ricordare la gara dei 100m che ha visto protagonista Marcel Jacobs? Oppure la vittoria di Gimbo (Gianmarco Tamberi) e Barshim? Come non esultare per la stupenda 4×100 che ha visto protagonisti il campione centometrista Lorenzo Patta, insieme a Filippo Tortu e Fausto Desalu?

 Momenti veramente emozionanti. 

Gianmarco Tamberi

Gianmarco Tamberi, soprannominato Half Shave (mezza-barba) o Gimbo, è un altista italiano nato il 1 giugno del 1992 a Civitanova Marche. Il padre, Marco Tamberi,  ha alimentato in lui la passione del salto in alto, essendo un eccellente ex saltatore e primatista italiano e tutt’ora suo allenatore personale. Oltre ad essere campione Olimpico a Tokyo 2020, Gimbo è stato campione Mondiale indoor a Portland 2016 e campione Europeo ad Amsterdam sempre nello stesso anno. È detentore, inoltre, del record nazionale di outdoor e di indoor.  Cinque anni fa, a poche settimane dalle Olimpiadi di Rio de Janeiro, Gimbo Tamberi ha saltato 2,39m ottenendo il nuovo record italiano, ma poi si è infortunato ed ha dovuto dire addio al sogno olimpico. Ha ripreso ad allenarsi ed è tornato in campo. Alle Olimpiadi di Tokyo ha portato il gesso dell’infortunio con la scritta “Road to Tokyo 2021”.

Mutaz Barshim

Mutaz Essa Barshim è un altista del Quatar, nato il 24 giugno del 1999 a Doha da padre quatariota e madre sudanese, ha studiato presso la “Aspire Academy for sports eccelence”, situata nella Aspire zone di Doha. E’ detentore dei record asiatici, con la misura di 2,43m all’aperto (seconda miglior misura di sempre) e 2,41m al coperto. È stato campione mondiale a Londra nel 2017 e a Doha nel 2019, nonché campione mondiale indoor a Sopot nel 2014 e campione modiale juniores nel 2010.
Anche il qatariota ha subito un incidente il 2 luglio in Ungheria, dopo aver saltato 2,40m e aver sfiorato il 2,46 del record del mondo al terzo tentativo è caduto e si è dovuto operare ai legamenti della caviglia sinistra (quella di stacco).

Una vittoria condivisa

I due campioni sono stati entrambi protagonisti della gara di salto in alto alle Olimpiadi di Tokyo 2020, entrambi avevano superato al primo colpo le misure con successo fino ai 2,37m. Il salto per i 2,39 è stato sbagliato da entrambi; finendo in pareggio, non hanno deciso di tornare ai 2,37m ma di concludere con la condivisione di una medaglia d’oro che ha acceso molte polemiche.
C’è chi ha sottolineato la bontà di questo gesto, che funge da esempio per tutti i ragazzi che si avvicinano allo sport; altri, sui social, hanno invece polemizzato asserendo che l’atleta italiano e quello qatariota hanno preso una decisione di convenienza evitando di giocarsela fino alla fine.
Per mettere fine alle discussioni, Mutaz Barshim ha scelto di intervenire in prima persona su Twitter, con parole che spiegano la sua scelta e quella di Gimbo: nello sport il valore più importante non è la vittoria, bensì la condivisione. “La decisione di condividere la medaglia d’oro olimpica è stata frutto di pura emozione, rispetto e amore per il mio compagno di gara. So quanto significhi vincere l’oro. L’opportunità di condividerlo è qualcosa di cui andrò fiero per il resto della mia vita”.
Nello stesso tweet l’atleta Barshim ha provato a lanciare un messaggio esteso a tutti gli ambiti, non solo quello sportivo: “Spero di insegnare alle persone che condividere e supportare i colleghi è uno dei doni più potenti che abbiamo”.

L’abbraccio

Dopo il pareggio, l’abbraccio di Tamberi verso Barshim penso sia stato uno dei gesti più belli della storia. Ebbene sì, quando si parla di storia dello sport, bisogna fare i conti con una forte competizione e un immenso desiderio di vincere, ma bisogna anche tener conto dell’amicizia tra rivali. Nel nostro caso c’è un abbraccio tra un ragazzo di colore e un ragazzo bianco, un abbraccio che porta indietro nel tempo, ai giochi Olimpici di Berlino del 1936, quando davanti ad Hitler, con l’aiuto del tedesco Luz Long (che gli suggerì di partire più indietro, circa trenta centimetri prima dell’inizio della pedana di rincorsa), a vincere è stato Jesse Owens.

 

Sharon Anna Rubbi