Poesie farcite 7

L’INFINITO di Giacomo Leopardi

 

Sempre caro mi fu quest’ermo colle

da cui vedevo molta gente folle

e questa siepe, che da tanta parte

era un modo per starmene in disparte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude

intanto qualcosa mi prude.

Ma sedendo e mirando, interminati

pidocchi su tutti i lati

spazi di là da quella, e sovrumani

mannaggia mannaggia non mi bastan più le mani

silenzi e profondissima quiete

contrastata da un urlo per aver trovato delle monete

io nel pensier mi fingo, ove per poco

rischiai di andar a fuoco

il cor non si spaura. E come il vento

andai verso un convento

odo stormir tra queste piante, io quello

corro, corro e mi attacco al campanello

infinito silenzio a questa voce

ma lì, in un angolo, un animale feroce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno

gli metto davanti il mio quaderno,

e le morte stagioni, e la presente

lo guardo e mi sembra anche divertente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

mi vien vicino, appoggia la testa

immensità s’annega il pensier mio:

scusate tutti se non vi ho detto addio

e il naufragar m’è dolce in questo mare

mi guarda e si mette a salutare.

Nathan Santilli