Orienta – mente: sacchi di olive in pieno inverno

Sin dalla preistoria l’uomo volse lo sguardo alle stelle per orientarsi. Le principali costellazioni utilizzate nella navigazione antica furono l’Orsa maggiore e l’Orsa minore che, a causa della loro rotazione apparente intorno al polo nord celeste, risultano circumpolari alle latitudini mediterranee. Si tratta di stelle che restano sempre sopra l’orizzonte. “Le orse non si bagnano mai nell’oceano”, scrive Omero nel libro V dell’Odissea.

Un celebre aneddoto di Platone racconta dei rischi nei quali possiamo incorrere, se ci soffermiamo troppo con il naso all’insù.

“[Talete], mentre studiava gli astri e guardava in alto, cadde in un pozzo. Una graziosa e intelligente servetta trace lo prese in giro, dicendogli che si preoccupava tanto di conoscere le cose che stanno in cielo, ma non vedeva quelle che gli stavano davanti, tra i piedi. La stessa ironia è riservata a chi passa il tempo a filosofare […] provoca il riso non solo delle schiave di Tracia, ma anche del resto della gente, cadendo, per inesperienza, nei pozzi e in ogni difficoltà» (Platone, Teeteto, 174 a-174 c)

Talete, colui che viene tradizionalmente indicato come l’iniziatore del pensiero filosofico, era innanzitutto un matematico e un attento osservatore degli astri e del cosmo. Eppure, nel Teeteto di Platone, questa sua sete di conoscenza gli costa la derisione della servetta trace e, chissà, un bernoccolo in testa.

E oggi, con tutta la tecnologia di cui disponiamo, sono così necessarie le stelle?  E di quali stelle abbiamo bisogno?

L’uomo è desiderio. E desiderio è mancanza di stelle. Non tanto – non più, forse – dei due carri cui facevano riferimento gli antichi nei lunghi viaggi in mare, ma piuttosto di quelle luci che ci portiamo dentro e che possono orientarci per trovare le nostre personali risposte alla vita.

Desideri profondi che richiedono silenzio, autoascolto, coraggio, confronto con gli altri e con il mondo, capacità di mediazione. Speranza e fantasia.

 Al racconto di Platone, fa eco quello di Aristotele:

Talete milesio: si tratta in realtà di un accorgimento per arricchire, ma l’attribuiscono a lui per la sua saggezza e può avere un’applicazione universale. Siccome, povero com’era, gli rinfacciavano l’inutilità della filosofia; dicono che, avendo previsto in base computi astronomici un’abbondante raccolta di olive, ancora nel cuore dell’inverno; e disponendo di una piccola somma, si accaparrò tutti i frantoi di Mileto e di Chio, dando una cifra irrisoria. Poiché non ce n’era richiesta alcuna. Ma quando giunse il tempo della raccolta, poiché molti cercavano i frantoi tutt’insieme e d’urgenza, li dette a noleggio al prezzo che volle; e così, raccolte molto ricchezze, dimostrò che per i filosofi è davvero facile arricchirsi, se lo vogliono. Invece non è questo di cui si preoccupano. Si dice, dunque, che Talete diede così prova della sua saggezza […]” [Aristotele, Politica, 1259a, 5-18, Mondadori, 2008.]

Nella Politica dello Stagirita, Talete è l’astuto e competente filo-sofo, capace di coniugare osservazione e azione, teoria e pratica in modo da stupire tutti e trarre un enorme vantaggio personale dai suoi studi. Amante della conoscenza, capace di meravigliarsi, di guardare oltre l’apparenza, i luoghi comuni, le convenzioni.

E così, con tanti mesi di anticipo, mentre tutti erano affaccendati in altre occupazioni, prevede una inaspettata fioritura degli ulivi, nel cuore dell’inverno.

Guardare le stelle per riempire sacchi di olive, per raccogliere, abbondanti e succosi, i frutti della terra…per nutrirsi, corpo e anima. Ed essere felici. – ché la felicità non è fuori, ma dentro di noi.

Questo il senso profondo dell’orientamento: rinascere e diventare luce.

Patrizia Ciccarella