LAVORO: CERTEZZA GARANTITA

L’art.4 c.1 della nostra Costituzione recita: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto. “

Lo Stato quindi dovrebbe favorire e promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro e lo tuteli per tutti. Infatti, oltre che essere un diritto, il lavoro è parte integrante della vita della persona, ne determina l’identità, l’autostima, la vita familiare e sociale. Inoltre, il lavoro è indispensabile per accrescere    la sicurezza e la fiducia verso il futuro poiché ogni individuo trae da esso il sostentamento per sé e la propria famiglia, ricevendo soddisfazione e gratificazione personale.

In realtà purtroppo il sistema lavorativo del nostro paese non “gode di buona salute” perché Il lavoro, inteso come    scambio di energie del lavoratore in cambio di una retribuzione da parte del datore di lavoro, è legato a false credenze che ritengono il lavoro manuale meno dignitoso di   quello intellettuale.

Ciò dipende forse dal fatto che gli stessi insegnanti, impiegati nella scuola italiana, sovente non possono indirizzare gli studenti verso professioni manuali poiché essi stessi non   conoscono con precisione il mondo del lavoro manuale pertanto sono portati ad attribuire solo alla scuola la possibilità di salvare i ragazzi dai lavori più umili. Ogni tipologia di lavoro invece è importante e costruttiva per la crescita della società, avendo dignità e valore proprio.

Ma negli ultimi anni anche le occupazioni qualificate da titoli di studio, specializzazioni e master sono oggetto di problematiche legate alle mansioni da svolgere, alla giusta retribuzione e alle modalità di licenziamento, nonostante il Parlamento abbia approvato nel 1970 “Lo statuto dei diritti dei lavoratori”, statuto ottenuto dopo le lotte sindacali dell’autunno caldo del 1969.

Purtroppo la cronaca quotidiana ci informa di continue violazioni di tali diritti per cui le morti bianche, gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali   non diminuiscono con il passare del tempo, al contrario il loro numero aumenta di anno in anno  parallelamente al crescere del tasso di disoccupazione.

Oltre a ciò la stagnazione economica, dovuta alla crisi, non permette alla società di fare il salto di qualità verso un futuro più promettente: la recessione economica ha impoverito il ceto medio, generato disoccupazione che di conseguenza abbassa notevolmente i consumi di   massa, che a loro volta fanno diminuire la produzione delle aziende che, per sopperire alle difficoltà, licenziano gli addetti oppure ricorrono alla Cassa Integrazione e alla mobilità.

Crolla così l’occupazione tra i 15 e 34 anni, sono   i giovani    a pagare il prezzo più alto della crisi economica e   ad aggravare la situazione contribuisce  l’aumento  del numero  dei disoccupati con oltre 50 anni di età, che  per la prima volta superano  quello dei  giovani senza lavoro tra i 15 e 24 anni , come dimostrano i dati  ISTAT ,pubblicati recentemente sul Corriere della Sera  nell’articolo di Mario Sensini del 03/05/2017.

Nonostante i tentativi dello Stato volti a tutelare il mondo del lavoro, i risultati ottenuti per la crescita dell’occupazione non sono confortanti e gli obiettivi prefissati dai diversi governi non sono stati ancora raggiunti.

E’ necessario che il sistema si scuota e attui rapidamente le riforme adeguate per incentivare le assunzioni, creando nuovi posti di lavoro possibili a realizzarsi solo attraverso reali investimenti da parte dello Stato e delle imprese private. Il lavoro però non può prescindere dalla tutela dei lavoratori; il lavoro senza diritti è schiavismo, sfruttamento, è disconoscimento della dignità della persona, valore che non può e non deve essere merce di scambio al fine di ottenere un’occupazione che garantisce solo la sopravvivenza; senza lavoro non c’è dignità, senza dignità non c’è giustizia, senza giustizia non c’è libertà.

Per poter riprendere ad avere fiducia nel futuro e rimettere in moto il sistema Paese è necessario che questi valori tornino ad essere argomento   della discussione politica considerando l’uomo come il fine e non come il mezzo dell’economia e del profitto.

Per la Redazione, Bisichini Fiorella IV SERALE