Effetto Mozart: tutto quel che c’è da sapere

Ascoltare le sonate di Mozart sviluppa davvero le nostre capacità cognitive?

Da ormai circa 25 anni, da quando fu pubblicato un articolo su Nature, si discute sul cosiddetto “Effetto Mozart”, il quale, secondo un’equipe di neurobiologi dell’Università della California sia una sorta di “conseguenza” legata all’ascolto di alcuni brani (principalmente sonate) del celebre compositore austriaco, che porterebbe ad un aumento delle capacità cognitive dell’ascoltatore, per un certo tempo. Questa ipotesi è scaturita da alcuni esperimenti condotti dai fisici Gordon Shaw e Frances Rauscher dove 36 studenti furono suddivisi in tre gruppi e sottoposti a tre tipi di ascolto diversi tra loro: il primo gruppo ascoltò musica di facile ascolto (easy listening), il secondo una sonata di Mozart (KV 448), mentre il terzo gruppo rimase nel silenzio totale. Appena concluso l’ascolto, i tre gruppi furono sottoposti ad un test di intelligenza sul ragionamento spaziale chiamato “Stanford-Binet”. Dai risultati di quest’ultimo emerse che proprio il gruppo che aveva ascoltato Mozart prima del test ottenne un punteggio superiore di circa dieci punti rispetto agli altri. Questi risultati però, furono ottenuti solo da Shaw e Rauscher, il che rese scettiche moltissime persone. Un anno dopo, nel 1998, gli studi andarono avanti e alcuni studiosi del dipartimento di psicologia del Wisconsin dimostrarono che in effetti la musica di Mozart aumentava temporaneamente l’intelligenza spazio temporale dell’ascoltatore. Questo studio/esperimento consistette nell’esporre per 60 giorni gruppi di ratti all’ascolto di Mozart, musica minimalista e silenzio; dopo l’esposizione furono sottoposti per cinque giorni ad un test che consisteva nel ritrovare l’uscita da un labirinto e i risultati furono quasi analoghi a quelli condotti nell’esperimento di Shaw e Rauscher, in quanto l’uscita dal labirinto risultò più facile per i ratti che avevano ascoltato Mozart. Questi studi vanno a dimostrare che in qualche modo ascoltare la musica di Mozart (le sonate K488 e K448),aumenti l’intelligenza,anche se solo in via temporanea. Con il passare degli anni, però, sono stati condotti altri studi, dove si è arrivati ad una ipotetica conclusione. Nel 2010 alcuni scienziati austriaci hanno affermato che questa teoria non sia suffragata da sufficienti prove, per cui, è stata approvata l’ipotesi del professor Glenn Schellenberg secondo la quale, l’intelligenza si sviluppi non per il tipo di musica ascoltata, bensì per la musica preferita dall’ascoltatore, il quale , durante l’ascolto rilascia dopamina (un neutrasmettitore che rende di buon umore) nel proprio cervello, “aumentando” temporaneamente le proprie prestazioni.

di Mattia Buglione IVB LS I.S.I.S.S. “A.Giordano” Venafro (IS)