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Gli alunni della III A del Convitto “G. Filangieri” protagonisti di un progetto con “Libera”

 

 

                                                   Da sinistra: Conocchiella, Cartisano e Luzza

«La Calabria è nostra!». Questo il grido dei ragazzi del Convitto Nazionale G. Filangieri, al termine dell’incontro tenutosi il 9 febbraio nell’aula Magna dell’Istituto che ha visto gli alunni della III A protagonisti di un progetto dal titolo: “Dalla violenza all’impegno: storie al femminile per costruire un cambiamento” promosso da “Libera”, l’associazione guidata da Don Ciotti che si batte contro le organizzazioni criminali. Presenti all’evento Maria Joel Conocchiella, rappresentante di “Libera”, Deborah Cartisano e Matteo Luzza, rispettivamente figlia di Lollò e fratello di  Giuseppe, vittime della ‘ndrangheta. Il compito dei ragazzi è stato quello di riportare alla memoria la storia di Caterina Liberti, vittima anche lei della criminalità organizzata. Seguiti nel lavoro dalla professoressa Francesca Galati, gli alunni della classe III A hanno svolto una intensa attività di ricerca, hanno ricostruito avvenimenti verosimili sul tragico evento, hanno inoltre realizzato disegni e elaborato un racconto che è stato selezionato per essere inserito nell’ebook curato dalla coordinazione nazionale di “Libera” sulla triste storia di Caterina, contadina uccisa all’età di 36 anni nel 1976 a Melito Porto Salvo dalla ‘ndrangheta, perché aveva infranto la legge dell’omertà, probabilmente perché aveva denunciato il furto di 4 capre ai carabinieri. Il lavoro svolto è stato trasformato in pdf, pronto per essere consegnato alle altre classi. «Numerosi sono stati i momenti di riflessione che hanno coinvolto i ragazzi; piccoli gesti quotidiani come potenziali semi capaci di germogliare nei meandri dell’anima» ha detto la professoressa Galati.

Durante l’incontro i ragazzi hanno ascoltato con grande interesse e partecipazione le toccanti testimonianze di Deborah Cartisano e Matteo Luzza e hanno posto tante domande. «Non possiamo e non vogliamo vivere il nostro dolore in maniera privata, quindi avervi visti così attenti, così partecipi ci ha fatto bene al cuore, perché ha reso il nostro racconto più facile» ha detto Deborah Cartisano. «Le vittime della criminalità vivono ancora perché siamo noi che le teniamo in vita» ha spiegato Matteo Luzza. «Se le mafie hanno voluto ammazzarli perché davano fastidio» ha aggiunto «noi continuiamo a tenerli in vita perché daranno ancora fastidio. A loro dà fastidio che si parli, dà fastidio che stiamo qui a discutere». Quindi il valore importante della memoria, è bene costruire la memoria, è fondamentale il valore educativo di questi momenti a scuola.

Deborah e Matteo hanno consegnato ai ragazzi queste ferite per non dimenticare. I ragazzi hanno posto loro tante domande, le più disparate, sui tragici eventi che hanno coinvolto le loro famiglie, e in quel momento i due ospiti hanno rivissuto quella fitta al cuore ma il racconto è continuato come se il passato fosse presente, come se Giuseppe e Lollò fossero presenti. Ha detto Conocchiella, rappresentante di “Libera”: «Se noi riusciamo ad unirci, la criminalità organizzata può venire sconfitta, gli togliamo il terreno fertile che è il consenso, e il consenso viene meno se noi ci aiutiamo, se noi pensiamo che soltanto liberi possiamo essere felici».

Francesco Marmorato