Intervista: gli anni di piombo

Intervista al signor Efisio Fanni

Cosa hanno rappresentato gli anni di piombo?

Vorrei iniziare nel dire che tutto quello che ti dirò sarà una interpretazione personale, come l’ho vissuta io, come io ho interpretato quel periodo, in base alle letture e gli studi. Gli ‘anni di piombo’ è un periodo che inizia negli anni settanta fino all’inizio degli anni ottanta. Piombo perché fa riferimento ai bossoli della pistola, quindi fu un periodo molto tormentato. Fu protagonista un gruppo politico di estrema sinistra, che era oltre lo schieramento politico, quindi degli extraparlamentari, i quali non si riconoscevano in nessuna delle istituzioni politiche rappresentate in parlamento. Si può dire che erano coloro che erano ‘più a sinistra del partito di sinistra’. Incominciarono quindi, in maniera violenta, a contestare e a mettere in discussioni le istituzioni italiane. Coincide con il periodo di terrorismo chiamato terrorismo di sinistra. Stiamo parlando di un basso numero di terroristi, sui cento provenienti da Roma, Milano, Torino e Reggio Emilia. I terroristi sono delle espressioni di studenti, magari studenti universitari, e soprattutto di operai. La cultura di questi ragazzi è una cultura marxista, leninista e quindi una cultura dove le masse operaie avrebbero dovuto sovvertite il potere e prendere il potere. Dal mio punto di vista questo movimento nasce già alla fine degli anni sessanta, perché ci fu nel 68 la contestazione giovanile, durante la quale cambiarono i costumi della società civile italiana. Vengono rotte alcune schematizzazioni, come i rapporti tra generazioni ma ti dico banalmente anche il modo di vestire, e io credo che questi ragazzi che avevano fortissimi ideali alla fine degli anni sessanta poi si accorgono a un certo punto che non riescono a realizzare il loro modello di società. Nonostante tutti i loro sforzi vedono che appunto la società non riesce a trasformarsi come loro vorrebbero e iniziano a scardinare quelle che sono le istituzione italiane in una modalità differente, nascondendosi e in una modalità armata. Come se in un gioco il livello venisse alzato di difficoltà, quindi passano da quello che potevano essere manifestazioni di piazza a un livello molto più violento che è quindi la lotta armata tramite le pistole. individuano il nemico, cioè tutti i rappresentanti delle istituzioni, quindi le forze dell’ordine, la polizia, i magistrati, i questori, i parlamentari e i politici. C’è un’escalation, nel senso che periodicamente venivano assassinate delle persone e successivamente i terroristi si nascondevano, quindi si possono chiamare latitanti. In realtà non si capiva neanche chi fosse il mandante, poiché come in tutte le cose ci saranno state anche delle relazioni con qualcuno dello stato italiano, avranno avuto delle agevolazioni e saranno stati aiutati nel loro operato. Gli anni di piombo hanno un apice nel 1978 quando Aldo Moro venne rapito e dopo un paio di mesi assassinato. Mentre negli anni 80 cercano di colpire un generale americano, Dozier, lui però fu liberato anche perché, essendo americano posso immaginare i servizi segreti americani quanto abbiamo partecipato nelle ricerche, fu trovato e liberato. Dal quel momento in poi questi terroristi vengono presi piano piano, e qualche terrorista iniziò anche a parlare, quando loro stessi si resero conto che il loro riferimento durato dieci anni e più, stava fallendo. Ovviamente quando uno parla escono fuori tutti i collegamenti e quindi vengono presi quasi tutti i terroristi, e questo esperimento doloroso del terrorismo di sinistra terminò.

Chi era Aldo Moro?

Era il presidente di uno dei principali partiti italiani, la Democrazia Cristiana. Era uno dei più grandi partiti quando finì la seconda guerra mondiale, i partiti antifascisti, quindi partito comunista, democrazia cristiana, partito socialista e partito liberale si riunirono e scrissero la Costituzione. Partito centrista di origine chiaramente popolare e cattolico. In quel momento aveva la maggioranza relativa in Italia. Si creò un governo monocolore democristiano perché durante le votazioni dei ministri, il partito comunista appoggiava dall’esterno questo governo. Si asteneva garantiva la maggioranza, e anche voti sufficienti per approvare le leggi. Questo esperimento politico fece arrabbiare ulteriormente i movimenti di contestazione. Perché il partito comunista aveva tradito, appoggiando un partito democristiano, gli ideali comunisti marxisti, modelli di rottura della società che noi avevamo in quel momento. Persero la fiducia di questo partito e a maggior ragione, attaccano quello che era il maggior rappresentante di questo accordo, Aldo Moro e lo ammazzano.

L’assassinio di Aldo Moro, cosa rappresentò?

L’assassinio di Aldo Moro significava colpire le istituzioni e lo Stato italiano, è come se oggi qualcuno uccidesse ad esempio il Papa, rappresentava quindi una forte immagine. Volevano mandare un segnale fortissimo di cambiamento di quelli che sono i principi dello Stato italiano quindi tutto l’ordine. I terroristi nel rapirlo (rapendolo), sperano di avere un poter contrattuale, poter dialogare e ottenere qualcosa in cambio. Lo stato Italiano però, almeno ufficialmente, non trattò con i rapitori, difendendo quindi i principi democratici e Moro fu sacrificato. Questo è quello che passa nei libri di storia, poi la verità non può sapere. Il ministro dell’interno (?) dell’epoca, Cossiga, che divenne poi anche presidente della Repubblica, pare non dichiarò come fossero andate le cose veramente. Comunque ufficialmente lo stato non trattò con i terroristi.

In quel periodo quindi vennero applicare varie strategie di terrorismo, una delle più conosciute è la strategia della tensione, sai di che cosa si tratta?

Si, la strategia della tensione viene associata a tutte le cose che avvennero in quegli anni a causa del terrorismo di destra. Nello stesso periodo noi avevamo un terrorismo di sinistra, e contemporaneamente anche un terrorismo di destra. Terrorismo che inizia alla fine degli anni settanta, nella strage di piazza Fontana a Milano. Raggiunge il suo apice nel 1980 quando ci fu la strage nella stazione di Bologna. Durante questi dieci anni anche loro fecero molte uccisioni, settantaquattro stragi. Mentre i terroristi di sinistra colpivano la persona, invece la strategia della tensione, come dice la parola, cercava tramite delle stragi di colpire nel massa, in posti affollati, durante le manifestazioni oppure in banca, o in stazione. Un po’ come fa adesso il terrorismo dell’ISIS dello stato Islamico, però noi lo vivemmo a casa. L’obbiettivo dei terroristi di destra era questo, creare uno stato di paura nei cittadini, paura che potesse giustificare una svolta delle istituzioni, da democratiche a autoritarie. Quindi voleva creare, un’insicurezza nella tensione, disagio nei cittadini, per fare in modo eventualmente che i cittadini stessi fossero disponibili a trasformare delle leggi da democratiche a autoritarie. Autoritarie intendo a ridurre la libertà dell’individuo, quindi di parola, di espressione, di movimento. Facendo riferimento in quegli anni a quelle che erano le dittature sudamericane, perché all’epoca c’erano in Argentina e in Cile negli anni settanta. Noi ad esempio avevamo avuto una dittatura durante il fascismo tanto è che, qui stiamo parlando di terrorismo di destra, quindi l’idea era in qualche maniera creare convinzioni, tramite lo stragismo, per fare in modo che l’Italia, secondo il mio punto di vista, regredisse da un organizzazione sociale e politica di tipo democratico a un’organizzazione di tipo autoritario.

Quale è invece la differenza tra terrorismo rosso e terrorismo nero?

Quello che abbiamo detto prima. Il terrorismo rosso è riferito a quello di sinistra, quelli che volevano abbattere il capitalismo, il modello economico sociale capitalista, che è quello in cui viviamo oggi, quindi un esperimento assolutamente fallito. Il terrorismo nero invece era quello di destra, la caratteristica principale è che si colpiva nel mucchio, perché l’obiettivo era il poter instaurare e trasformare la nostra democrazia in un regime autoritario, governato da pochi se non addirittura da una sola persona.

Ma essendo il terrorismo della destra concentrato sulle stragi di masse di persone si usciva di meno, si partecipava meno alle proteste e manifestazioni?

No, mi sembra di no. Siccome vennero mantenute tutte le libertà, le persone continuarono a fare la propria vita. Anzi in quegli anni, alla fine anni settanta, non vorrei sbagliare, a Roma con il sindaco di sinistra Argan, il primo sindaco comunista, inizia addirittura l’esperimento dell’estate romana. Vennero realizzate per la prima volta molte manifestazione all’aperto durante l’estate, proprio per spingere le persone a uscire e a essere più forti e reagire a un numero veramente minoritario. Stiamo parlando davvero di cento, centocinquanta terroristi, che non potevano condizionare tutte le altre persone.

Come reagirono le istituzioni italiane a questi anni?

Sempre per quello che mi ricordo io, reagirono egregiamente, perché nonostante le difficoltà, le paure, nonostante tutto, riuscirono a mantenere i principi democratici. Sarebbe stato molto più semplice restringere le libertà dell’individuo, quindi per esempio istituire dei coprifuochi, per controllare meglio la gente e quindi per evitare eventuali problemi. Invece no, lo Stato mantenne i suoi principi, nelle scuole continuarono le assemblee e le occupazioni. Ognuno poteva dire quello che voleva, continuammo a fare manifestazioni per strada, continuavano a uscire giornali di tutti i tipi che esprimevano e giudicavano quello che stava avvenendo, le televisioni e le radio continuarono a fare programmi e dare libertà di parola a tutti. Quindi diciamo che gli italiani, riuscirono a combattere il terrorismo di destra e di sinistra, nero e rosso, rimanendo se stessi, salvaguardando quindi i principi democratici.

Come hai vissuto tu questo periodo?

Allora, quando fu ucciso Moro, facevo la terza media. In quell’anno a settembre del 78 iniziai il liceo,  avevo tredici anni e iniziai in quel periodo ad avvicinarmi alla politica, anche perché penso che era impossibile starne fuori. Mi ricordo che a casa che, alle otto della sera c’era il telegiornale che dava le notizie e si commentavano le notizie a cena, quindi mi ricordo mia madre e mio padre che ne parlavano, essendo un evento critico e grave. Fui ancora più sorpreso a settembre quando iniziai il liceo che effettivamente era come se tu al motore, per fare un esempio a fisica, metti la prima, la seconda, la terza, la quarta la quinta fino ad arrivare alla sesta, stava proprio all’apice, le brigate rosse avesse espresso il maggior sforzo possibile. A scuola, soprattutto nei primi anni, mi resi conto che anche lì si stava facendo di tutto per abbattere le istituzioni, io arrivai quando la scuola era al massimo della contestazione. La scuola stessa veniva messa in discussione, mi ricordo ancora che il primo anno feci pochissimi mesi, c’è sommando tutti i giorni di lezione avrò fatto massimo due mesi di lezione, non di più. La scuola era guidata da persone anche esterne che volevano a tutti i costi vietare lo studio, perché si ipotizzava che tutto quello che ci insegnavano fosse comunque qualcosa di vecchio, di superato, che doveva essere ribaltato. Fallendo, quindi non essendoci stata, purtroppo o per fortuna, purtroppo per loro voglio dire, una rivoluzione sociale, anche nelle scuole il movimento terroristico terminò. Quindi già in secondo la scuola aveva ripreso il suo ritmo naturale, e iniziai, iniziammo a studiare come non avevamo mai studiato.

Sofia Fanni