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“La realtà lavorativa di settant’anni fa: un tuffo nel mondo del lavoro post Seconda Guerra Mondiale”

 

Rosa, 88 anni, racconta la sua esperienza lavorativa nella Lombardia dal secondo dopoguerra fino agli anni Ottanta.

 

Dove è iniziata la sua esperienza lavorativa?

Ho lavorato per tutta la mia vita all’ufficio amministrativo della Tessitura di Merate, Como

Quando ha iniziato a lavorare?

Ho iniziato l’11 ottobre 1944, all’età di 15 anni.

Come è stato lavorare durante la Seconda Guerra Mondiale?

In pochi trovavano lavoro, nell’ufficio amministrativo eravamo solo cinque. C’era anche poco da fare, poca esportazione, è capitato che la produzione chiudesse per diversi mesi durante la guerra. L’unico ufficio che lavorava era il mio.

Poi dal ‘46 hanno iniziato ad assumere di nuovo, siamo arrivati ad essere dieci nel mio ufficio, fino ad arrivare a cinquecento dipendenti in tutta la fabbrica.

 

Mentre mi parla, chiama sua sorella, anche lei ex dipendente della Tessitura, per chiederle quanti fossero in ufficio. A distanza di 30 anni, ricordano ancora tutti i nomi dei loro colleghi.

Ha fatto un colloquio per essere assunta?

No, si assumeva per conoscenze, io ad esempio avevo una parente che lavorava già lì.

A 15 anni, quali erano le sue conoscenze in materia?

Nessuna, mi hanno insegnato da zero. Le paghe, le fatture, i moduli per l’esportazione, richieste di rimborsi, con il tempo ho imparato tutto.

Giornata normale al lavoro?

Facevo una biciclettata di venti minuti per andare in fabbrica, sole o pioggia che ci fosse.

Lavoravo dalle 8.30 alle 12.30, e dalle 14 alle 18.30 dal lunedì al sabato.

Che cosa ha pensato quando ha lasciato la scuola?

Ai tempi c’era da andare a lavorare e basta, non c’era da pensare

Sapeva che avrebbe dovuto lasciare la scuola così presto?

Sì, ero la maggiore di sei fratelli.

Anche i suoi compagni di classe sono andati a lavorare alla sua età?

La maggior parte sì, studiava solo chi aveva la possibilità economica di farlo. Io ho frequentato la scuola fino alla terza media, in pochi sono rimasti. Solo i figli dei medici e degli avvocati andavano avanti con gli studi liceali.

Non si è mai stancata?

Lo facevo volentieri, mi piaceva. Lavorare non mi è mai pesato, ho imparato molto.

Con l’avvento dei primissimi computer, il personale è stato dimezzato.

Io ho imparato ad usarli per fare paghe. Si impostavano le ore che lavoravano gli operai, quanto venivano pagati all’ora e poi si faceva il foglio paga.

 

Precisamente, di cosa si occupava la Tessitura?

Produceva tessuti in nylon, rayon, poliestere, seta pura, tessuti per i foulard e per i vestiti. Li spedivamo in varie parti del mondo: Stoccolma, Sudafrica, Beirut, Zurigo, Australia, Cina, Nuova Zelanda.

Avrebbe voluto fare un altro lavoro? Aveva altre ambizioni?

No, non si poteva. Era diverso, bisognava correre e basta, non si pensava ad altri lavori.

Ha mai fatto sciopero?

Io mai, ma gli operai ce l’avevano con me perché non lo facevo.

Che cosa preferiva del suo lavoro?

Che c’era sempre qualche cosa da imparare, ogni giorno era un’occasione per conoscere cose nuove. Ho avuto la possibilità di andare a Milano alla scuola per Comptometer (calcolatrice meccanica, ndr) e ho fatto anche un corso per dattilografi.

Quanto guadagnava?

Nel 1944 prendevo 1 lira e 40 centesimi all’ora.

Quando è andata in pensione?

All’epoca si doveva lavorare per 35-40 anni, io ne ho fatti 40.

Avevo fatto la domanda per lavorare ancora, poi ci ho ripensato.

 

Rosa dimostra di essere una donna di altri tempi: la società in cui ha vissuto la ha modellata sui principi del duro lavoro e della famiglia, senza lasciare spazio per rimostranze.

 

Fonte immagine: https://it.pinterest.com/pin/336362665895560017/?lp=true