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Dalle sezioni ai social: la politica ai tempi dei social network

Gran parte del dibattito politico si svolge sul web, rendendo difficile il confronto e complessa la formazione delle nuove classi dirigenti.

C’erano una volta le sezioni, che rappresentavano le radici sul territorio dei partiti, luoghi di incontri ma anche di scontri politici, officine dove si forgiavano le nuove classi dirigenti. Nella visione collettiva del cittadino impegnato nella cosa pubblica, le sezioni sono state il luogo dove il contributo popolare è riuscito ad influenzare la politica dei partiti. La politica, ai tempi della prima repubblica, era molto più sentita rispetto ad oggi, i partiti erano delle vere e proprie istituzioni, con strutture organizzate dettagliatamente.  Con il decadimento della prima repubblica, anche le sezioni sono passate di moda. Dal 1994 la politica si è iniziata a fare per televisione dove veniva usato un linguaggio politico pieno di slogan elettorali accattivanti. Infatti rispetto alla prima repubblica, dove il linguaggio politico rispecchiava un ragionamento culturale e filosofico, la seconda repubblica utilizza un linguaggio politico che parla alla pancia dell’elettorato. Questo modello è in crisi da tempo, messo a repentaglio da una nuova generazione di militanti e dall’avvento di potenti social media. Infatti al giorno d’oggi non passa un minuto che non ci si imbatta in un riferimento a un tweet o a un post pubblicato su Facebook ad opera del politico di turno .La più recente storia politica italiana, ad esempio, può essere sintetizzata ed evocata citando il tweet che Matteo Renzi pubblicò per tranquillizzare l’allora Presidente del Consiglio Enrico Letta prima di far cadere il suo governo ( #enricostaisereno)). In questo contesto, i social media offrono l’opportunità di un’interpretazione della politica decisamente sintonica tanto con gli esponenti politici che con i cittadini: i primi possono tentare di superare la distanza e la sfiducia che i governati nutrono verso i governanti, attivando forme di interazione personale; i secondi possono finalmente esprimersi in prima persona ed esercitare una forma di sorveglianza sull’operato dei governanti. La personalizzazione, per esempio, indubbiamente già favorita dal mezzo televisivo, si esalta allorché l’account su Twitter o il profilo su Facebook sono personali ed esprimono pensieri e posizioni del soggetto politico su numerosi argomenti. Che si tratti di una dichiarazione su un evento o una particolare tematica oppure di una foto scattata nell’aula parlamentare, annunciando l’inizio della giornata lavorativa sui file aperti, è di secondaria importanza. Ciò che importa è la presa di parola del soggetto, priva di mediazioni esterne ed evocativa di una vicinanza e intimità un tempo impensabili e impedite dal filtro mediale. La pubblicazione di un tweet diventa in questo modo la traduzione digitale del “metterci la faccia”, ovvero una delle tante interpretazioni del mettersi in gioco in un rapporto “personale” con i cittadini.In questo rapporto “diretto” scompare, o si ridimensiona fortemente, la dimensione dell’intermediazione: il soggetto politico parla direttamente con i cittadini, marginalizzando la tradizionale mediazione giornalistica. In conclusione possiamo dire che per ancora molti anni nella comunicazione politica, i social network la faranno da padroni, influenzando la rotta politica del paese.

 

Luigi Forte