L’ intervista sottostante è stata chiesta al prof. Fabio Masi, insegnante di chimica al Liceo Scientifico Statale “Galileo Galilei” Catania. Il professore, oltre ad insegnare a scuola, è tra i pochi docenti in Italia, ad insegnare in un carcere, nello specifico: nel carcere Bicocca di Catania.
L’attività svolta dal professore Masi, ha incuriosito i suoi alunni, che hanno deciso di sottoporgli alcune domande per fare chiarezza su una realtà dell’insegnamento che pochi conoscono.
Come è stato chiamato ad insegnare in carcere?
Tramite graduatoria, come avviene normalmente per le scuole statali, perché la scuola in carcere è una scuola a tutti gli effetti.
Qual è l’età media dei suoi alunni?
Sono tutti maggiorenni, con un età media fra i trenta e i quaranta anni.
Sono capaci di apprendere tutte le nozioni scientifiche che lei spiega?
No, i ragazzi non sono scolarizzati, quindi si devono ripetere i concetti più volte, non conoscono molti termini in italiano, tantomeno quelli scientifici .
Dove si svolgono le lezioni?
All’interno di una cella più grande, adibita ad aula.
All’ interno delle aule, ci sono poliziotti?
No, i poliziotti sono fuori dalla classe, nei corridoi, quindi io ho un rapporto diretto con gli alunni.
Ci sono altri colleghi che lavoravano già da tempo in carcere, come si sono comportati con lei, e cosa le hanno consigliato?
Si, ci sono altri colleghi che lavorano con questi ragazzi, perché gli alunni si preparano a corsi professionali, quindi ci sono più professori per le varie materie specifiche. I colleghi , sono stati molto gentili, mi hanno dato vari consigli e mi hanno detto di stare tranquillo, che tutto si sarebbe svolto nel migliore dei modi.
Lei, dopo la sua esperienza, cosa consiglierebbe ad un collega che si accinge ad insegnare in carcere.
Anche io consiglierei di stare tranquillo, di spiegare le lezioni e i concetti molto lentamente, più volte, come se fossero dei bambini di scuola elementare, massimo medie.
Cosa hanno come corredo scolastico?
Loro non hanno libri, studiano solo dalle fotocopie che forniamo noi. Gli unici libri li portiamo noi professori.
Quali sono state le sensazioni provate durante le prime lezioni che ha svolto?
Le mie sensazioni sono state positive, perché quello che ti aspetti dal di fuori, è diverso nella realtà. I ragazzi sono tranquilli, educati. Hanno un codice comportamentale diverso rispetto a noi, sono molto rispettosi.
Questo rispetto è dovuto al fatto che i ragazzi sanno che fuori dall’aula ci sono i poliziotti?
No, sono rispettosi perché sono cresciuti con delle regole in famiglia, con codici comportamentali diversi dai nostri.
La frequentazione dei corsi di formazione è libera o spetta solo ad alcune persone in particolare?
Si, la frequentazione è libera, all’inizio dell’anno i ragazzi chiedono volontariamente di iscriversi ai corsi di formazione e quindi, dovrebbero in teoria essere presenti a tutte le lezioni, tutti i giorni per poi prendere il diploma della scuola professionale alberghiero.
Perché in teoria?
Perché molti di loro, ci sono giorni che saltano le lezioni, perché hanno i colloqui con i familiari e altre situazioni.
Quante ore studiano al giorno?
I ragazzi stanno in classe circa sei ore al giorno, dalle otto e trenta alle quindici e trenta, con varie pause.
Quando ha iniziato a insegnare in carcere, avere come alunni persone più grandi di lei, le ha creato qualche imbarazzo?
Solo al primo impatto, dopo le prime lezioni, li ho visti come alunni.
Secondo lei come è visto dai ragazzi l’insegnante, come qualcuno che ti può aiutare oppure come qualcuno che si deve ascoltare solo per ottenere quel famoso diploma?
Molti ragazzi purtroppo seguono i corsi, come se fossero una valvola di sfogo, preferiscono stare in classe invece di stare tutto il giorno in cella a non fare nulla, ma molti durante le lezioni si estraniano e non stanno a sentire nulla.
Chi segue meglio le lezioni , i ragazzi giovani o quelli più maturi?
I ragazzi di 24, 25 anni hanno meno voglia di studiare, gli anziani che stanno li da più anni, vengono in classe più motivati, vogliono imparare, così quando escono fuori sperano di trovare lavoro.
Ma qualcuno di loro parla dei reati commessi?
No, non volentieri, tranne che salta fuori un argomento, che li porti a pensare ciò che hanno fatto. Comunque lo fanno sempre, secondo un loro modo di vedere le cose, secondo una loro verità e molti di loro sono orgogliosi di quello che hanno fatto.
E fra di loro, i ragazzi, si parlano?
Si capita spesso che parlino tra di loro, però parlano in codice, non si capisce bene di cosa stanno parlando, di quali reati ,di quali persone, perché usano soprannomi e modi di dire tutte loro.
Tra i ragazzi a cui lei insegna, quale è la persona con pena massima inflitta?
Noi insegnanti, non abbiamo la scheda dei ragazzi, non siamo tenuti a sapere nulla di loro, li trattiamo come se fossero persone normali. Non conviene sapere tanto, per entrambi, perché altrimenti saremmo facilmente influenzabili.
Quando lei è stato chiamato ad insegnare in carcere, grazie alla graduatoria, ciò è stato possibile, perché molte altre persone avevano rifiutato, per pregiudizi?
No, non ci sono persone, che io conosco che abbiano rifiutato, anzi gira la voce che in carcere si insegna meglio che nelle scuole.
Se potesse tornare indietro, accetterebbe di insegnare in carcere?
Si, sicuramente è molto divertente, si imparano sempre cose nuove.
Sceglierebbe volontariamente di insegnare in carcere?
Si, è più semplice insegnare in carcere, più divertente, a parte le varie difficoltà della didattica,
Che miglioramenti apporterebbe nell’insegnamento in carcere?
Farei di tutto perché si possa inserire l’uso dei libri e soprattutto avere una lavagna multimediale, utilissima per loro che non hanno le basi quasi di nulla.
Si stupiscono quando imparano qualcosa di nuovo?
Si sempre, soprattutto quando si parla di cose microscopiche di cui loro non sapevano l’esistenza ed è molto bello che loro poi ti dicano, che una volta usciti, hanno la voglia di appurare quello che hanno appreso.
Fra insegnate e alunno si può instaurare un rapporto di amicizia?
No, rapporti di amicizia non si possono instaurare, perché i ragazzi vengono spostati quasi ogni mese, da carcere in carcere, da inizio anno ho perso più di 10 alunni e ne sono venuti altri cinque.
Marco Pappalardo e Claudio Cristaldi
3^G