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“Non basta parlare di mafia, dobbiamo parlare delle mafie”. Video-intervista ad Adriana Laudani

 “Mafia e antimafia oggi” è stato il tema del seminario tenutosi lo scorso 5 aprile 2019 all’auditorium “Giancarlo De Carlo” del Monastero dei Benedettini di Catania.

L’incontro è stato coordinato dal Dipartimento di Scienze umanistiche e in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria civile e Architettura. Abbiamo intervistato Adriana Laudani, avvocato, deputato all’ARS (Assemblea regionale siciliana) dal 1976 al 1991 e attualmente presidente dell’associazione Memoria e Futuro, facendole delle domande riguardo alla mafia. Qui di seguito, riportiamo le sue parole.

Perché ancora oggi esiste la mafia?

“La mafia esiste perché nel corso di tutti questi lunghi anni non si è fatta una battaglia adeguata per sconfiggerla. La mafia è un fenomeno molto complesso che mette insieme tanti soggetti diversi tra di loro, mette insieme quella che noi conosciamo come mafia criminale vera e propria, quella che spara, che spaccia… ma insieme a costoro che sparano, spacciano, chiedono il pizzo e così via… purtroppo la mafia che è un soggetto di relazione riesce a intessere relazioni con imprenditori, con pezzi dello Stato, con pezzi della politica. Questo network criminale andrebbe affrontato anche sul terreno repressivo, ma non solo sul terreno repressivo. Questa sera abbiamo letto l’ultima parte di una lezione che Fava tiene ai ragazzi, come diceva Fava sconfiggere la mafia significa attuare un ribaltamento culturale, un autentico ribaltamento culturale. Bene, un fenomeno complesso quindi ha bisogno di una strategia complessa e molto determinata per essere sconfitto e dobbiamo dire che purtroppo ancora questa strategia non è stata posta in essa. Tuttavia nel corso di questi anni è cresciuta una nuova coscienza civile, sono ormai tantissimi gli uomini, le donne, i ragazzi, le ragazze, gli insegnanti, i magistrati, i poliziotti… che fanno la loro parte molto seriamente per sconfiggere la mafia, non averla ancora debellata definitivamente non è un valido motivo per non continuare a contrastarla sapendo che oggi parlare di mafia è troppo poco, dobbiamo parlare “delle mafie”. È stato molto approfondito anche quest’aspetto nel corso di questi seminari di Ateneo, ormai quella che noi conosciamo come la mafia siciliana… la vecchia “cosa nostra”che poi si è arricchita di queste relazioni norrene con pezzi dello Stato, della politica, dell’economia. A questa “mafia italiana” ,tra virgolette, oggi fanno eco altre mafie, dalla mafia nigeriana alle mafie asiatiche… cosa significa tutto questo? Che il mondo vive contemporaneamente un’economia legale e un’economia illegale, una società legale e una società illegale. Approfondire, conoscere, provare a leggere, sapere qual è l’azione delle mafie oggi è la premessa per poterla contrastare.”

 In che modo possiamo liberarci della mafia definitivamente secondo lei?

“Innanzitutto sul piano personale e individuale, decidendo di essere dei cittadini attivi, dei cittadini che fanno la loro parte, dalla postazione in cui si trovano: gli studenti da studenti, gli avvocati da avvocati, i commercialisti da commercialisti, gente semplice, intellettuali… non importa, ognuno ha prima di tutto da vivere la propria responsabilità personale e decidere da che parte stare. In Sicilia, dove la mafia è ancora così pervasiva non si può decidere di non stare da nessuna parte, chi decide di non prendere parte è già dalla parte della mafia, però bisogna decidere di stare dall’altra parte e quindi sul piano personale bisogna essere assolutamente coerenti come Pippo Fava sempre ci ricordava. Sul piano collettivo, invece, bisogna attraverso le associazioni, i movimenti, le organizzazioni… portare una battaglia di contrasto alla mafia. Se la mafia si presenta in economia bisogna contrastare la mafia dentro l’economia, non avere paura di svelare che per esempio tanti negozi di Catania sono autentiche lavanderie di denaro che proviene dal traffico della droga, delle armi, dei traffici illeciti e che trovano attraverso queste attività commerciali il luogo in cui ripulirsi. Noi dobbiamo avere il coraggio di aprire gli occhi, guardare, conoscere, riconoscere e come hanno fatto i ragazzi di Palermo, i ragazzi di “Addio pizzo”, che da un lato aiutano i commercianti a denunciare chi tenta di estorcer loro del denaro, e dall’altra parte invitano i cittadini a non comprare nei negozi dei mafiosi. Ecco quindi vi è un compito individuale ma anche collettivo che ci deve impegnare, è una battaglia molto bella perché coincide con la battaglia per la propria libertà e anche per la possibilità di questa nostra terra di poter avere un futuro di sviluppo, un futuro di lavoro per i giovani che finché la mafia sarà così presente non ci sarà.”

Pensa che la mafia abbia la stessa influenza e lo stesso potere di ieri anche oggi?

“No, io penso che sul piano culturale non abbia più lo stesso potere perché la battaglia che abbiamo combattuto e che voi stessi combattete, perché conosco tanti di voi giovani che avete deciso di essere stasera qui e di partecipare a questi seminari anti-mafia, la nostra presenza e la presenza di tanti sul piano culturale ha segnato uno spartiacque, la mafia culturalmente è meno forte di prima, purtroppo economicamente e finanziariamente è più forte di prima. 

Pensa che sia importante parlare di questo problema per sensibilizzare la gente al riguardo?

“Non dobbiamo stancarci di parlarne. Non dobbiamo vergognarci di parlarne. Sono già molto grande e faccio questa battaglia da tanti anni l’ho fatta come cittadina normale, l’ho fatta come avvocato, l’ho fatta come parlamentare e ho deciso che la farò fino all’ultimo giorno della mia vita fino a che avrò l’energia per dire no alla mafia.”

Perché la morte di molte persone che sono state uccise dalla mafia viene spesso insabbiata anche dallo Stato?

“Ecco, forse questo è l’aspetto più drammatico tra quelli che dobbiamo affrontare. Perché viene insabbiato? Perché quelli che noi abbiamo chiamato, sbagliando secondo me, delitti eccellenti, i delitti sono tutti vergognosi, sono le persone che sono state uccise che erano persone eccellenti. Quelle persone, i tanti che nominiamo, Falcone e Borsellino ce li ricordiamo subito ma più La Torre, ma il generale Dalla Chiesa, ma il giudice Costa, ma il Presidente della regione Mattarella, è purtroppo una teoria enorme di nomi di uomini uccisi dalla mafia rispetto ai quali delitti ancora non si è fatta verità e giustizia fino in fondo. Perché questo? Perché questi uomini sono stati uccisi perché erano scomodi non solo alla mafia criminale, militante, quella che spara, ma erano scomodi a quei centri di potere economici, politici, a cui non è stata estranea una parte di Stato ed è quella parte di Stato, che non è stata estranea a quei delitti che ha, come dimostra, purtroppo tutta la vicenda del processo Borsellino, che i depistaggi, che ci hanno portato per tanti anni lontani dalla verità rispetto a questi delitti, sono depistaggi cha hanno avuto come protagonisti uomini dello Stato che hanno tradito le ragioni dello Stato e della legislazione. Questo rende difficile l’accertamento della verità, ma ci sono magistrati bravissimi che stanno continuando, a lavorare su questo, ci sono associazioni come “Memorie Future”, io sono presidente di quest’associazione, che continuano a fare luce su questi delitti e vedrete che pian piano la verità verrà fuori e questo renderà la nostra democrazia più forte.”

Dire Sicilia è uguale a dire mafia, pensa che prima o poi potremmo eliminare questo stereotipo?

“Io penso che questo stereotipo, noi non ce lo meritiamo, non solo perché la mafia è una sparuta minoranza rispetto alla generalità dei siciliani che mafiosi non siamo, ma perché la Sicilia ha messo in piedi il più grande e profondo e importante movimento anti-mafia che il mondo abbia mai conosciuto. Noi dobbiamo essere orgogliosi della nostra capacità di essere veramente dei combattenti contro la mafia e lo siamo e lo siamo tutti insieme.”

Violenza e mafia attraggono molto spesso e i ragazzi forse anche un po’ ingenuamente ne vengono attratti, come possiamo fermare questo circolo vizioso?

“Ecco qui vi vorrei rispondere da donna che fa della battaglia contro la violenza alle donne una ragione della propria vita. Io ho capito, nel corso di tutti questi lunghi anni da “donna militante”, che la violenza è un male in sé. La violenza che pure attrae perché c’è una parte di noi che ne resta attratta, è la nostra aggressività, quello che voi volete… però la violenza toglie libertà allora io credo cha anche rispetto ai nostri compagni, ai nostri colleghi, ai nostri amici, noi dobbiamo avere la capacità di porci come soggetti che contrastano ogni forma di violenza dalla violenza perpetrata dalla mafia, dalla violenza perpetrata dai bulli alla violenza perpetrata, purtroppo, contro le donne.”

Irene Bevacqua, Erika Geraci, IV DL