Sversamento dei rifiuti della camorra

Il problema dei rifiuti in Italia, iniziato prima al Sud e poi diffuso anche nel centro, come nella capitale, è uno dei problemi principali degli ultimi anni. Alla base di questo problema in alcune zone d’Italia c’è la Camorra, che da più di dodici anni getta rifiuti in tutta la penisola. Possiamo citare ad esempio, la storia di Chiaiano e della sua discarica, della mancata bonifica e dell’inquinamento strisciante provocato da lavori raffazzonati e superpagati, della collusione tra pezzi dello Stato, imprenditoria nera e camorra. È iniziata almeno dodici anni fa. È diventata fatto giudiziario tra il 2008 e il 2011; inchiesta tra il 2011 e il 2013; ordinanze di custodia cautelare cinque anni fa; rinvio a giudizio quattro anni fa. Il processo è smembrato in due tronconi, uno incardinato a Napoli, un altro a Santa Maria Capua Vetere. Una decina le persone a giudizio per reati che vanno dall’associazione mafiosa alla frode nelle pubbliche forniture e a numerose violazioni ambientali. Sullo sfondo, la gestione dell’emergenza rifiuti del 2007/2008 e i rapporti organici, strutturali, di cartello tra la potentissima holding criminale del Casertano e gli alleati Mallardo di Giugliano e Polverino di Marano-Quarto. Capofila è la famiglia di Giuseppe Carandente Tartagli, che ha gestito il trasporto dei rifiuti – anche quelli stoccati ad Acerra – attraverso il consorzio Cgte, sede legale a Caserta e diramazioni in tutta la Campania. La proprietà del Cgte è costituita da quattro imprese: Ecosistem 2001, Educar di Franco Carandente Tartaglia &C., Edil Car e Cete, che a sua volta raccoglie una trentina di ditte, buona parte delle quali inserite nella black list della Procura antimafia. Dell’elenco fa parte la Over Line, impresa da dodici milioni di euro sequestrata ai fratelli Paolo, Raffaele e Antonio Fontana, uomini di Casapesenna legati a filo doppio alla famiglia Zagaria. Il nome di Raffaele Fontana, socio del consorzio Cite di Salerno, è comparso nelle ultime settimane negli atti dell’inchiesta l’appalto dello smaltimento dei rifiuti a Caserta. La ditta Fontana, priva del nulla osta antimafia, nel 2008 era entrata nel Consorzio Universal 2, che operava con la missione tecnico-operativa di Guido Bertolaso. Ma il processo “Chiaiano”, a cui l’ultima relazione della commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti dedica un intero capitolo, racconta tante altre cose. Per esempio, il ruolo centrale di Giuseppe Carandente Tartaglia nei rapporti con Fibe-Fisia, che aveva affidato a una delle sue società decine e decine di commesse per attività di trasporto, di predisposizione di piazzole, di realizzazione di attività connesse alla gestione dei rifiuti. Socio di fatto di Pasquale Zagaria, fratello del capoclan Michele, camorrista a sua volta Carandente gestiva il comparto in vece della camorra. Trattando direttamente con le istituzioni. Sconcertanti le modalità di allestimento della discarica accertate dai periti durante le indagini preliminari: impermeabilizzazione non a regola d’arte, argilla in quantità e qualità non adeguata, estratta abusivamente da una cava non autorizzata in località Parapoti Torello di Montecorvino Pigliano, stoccaggio del materiale nella discarica abusiva di Giugliano di proprietà dei fratelli Carandente, addensamento e compattazione inadeguati, materassino isolante mancante per larghi tratti. I rifiuti, in sostanza, erano a contatto quasi diretto con la terra. E gli impianti di captazione del biogas e i collaudi erano ovviamente truccati. Scriveva il gip nell’ordinanza cautelare che la famiglia Carandente, che aveva ottenuto da Fibe-Fisia il subappalto per la realizzazione e la gestione del sito di Chiaiano, che in realtà era stata creata una vera e propria discarica abusiva, cabina di regia di “un ingente traffico di rifiuti generato da qualsiasi lavoro ottenuto in appalto dalla Edilcar o da suoi danti causa, permettendo ai suoi titolari guadagni e profitti illeciti doppi”. Sulla pelle dei cittadini, sottoposti allo stillicidio dei veleni malamente interrati, sino a ora privati della verità su quella storia e, ovviamente, di giustizia.

Davide Magro e Marco della Vecchia, 3E