Il mistero dell’ala ovest di Hogwarts – Racconto

Io sono Elettra e sono la strega più famosa della mia generazione perché combatto contro il male da quando sono piccola e ora vi sto per raccontare come tutto ebbe inizio sette anni fa…
Era una giornata molto calda a Springwild; non riuscivo a pensare, era come se la mia mente fosse completamente vuota. Ero stanca, non volevo uscire di casa, pensavo solamente a fantasticare su un futuro radioso, per me impossibile da immaginare: sognavo di essere una giovane strega talentuosa che viveva avventure fantastiche insieme a Erik il mio migliore amico sin da quando ero piccola.
Quel giorno erano ormai le otto di sera, avevo molta fame e così decisi di alzarmi dal letto e di andare a prendere qualcosa da mettere sotto i denti. Appena varcai la soglia della cucina venni pervasa da una strana sensazione di gelo che mi fece rabbrividire.
Mi tremavano le mani, avevo sempre più paura, sembrava non fosse successo nulla, quando, nella penombra, scorsi un uomo: era alto, incappucciato, con una lunga barba argentea e un naso adunco su cui poggiavano due lenti a mezza luna unite fra loro da una bordatura dorata; sembrava anziano ma ancora pieno di vita. Appena mi vide mi fece cenno con il capo di avvicinarmi; con estrema cautela mi accostai a lui in silenzio, mi feci coraggio e chiesi chi fosse. A quella domanda l’uomo rise e mi disse: ”Io sono Albus Percival Wulfric Brian Silente, ma puoi chiamarmi Silente: sono il preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts e sono qui per dirti ufficialmente che sei stata ammessa”.
Non riuscivo a capire ma non feci molte storie, non so perché ma mi fidavo di lui. Avevo un milione di domande ma quella la prima fu questa: ”Come faccio ad essere stata ammessa a una scuola di magia se non sono una strega?”
A quelle parole Albus Percival Wulfric Brian Silente sorrise e con una voce calma e serena mi disse: ”Cara, ma tu sei una strega”.
Ero molto felice, ma allo stesso tempo spaventata: non ero pronta lasciare la mia casa, ma l’idea di andare in una scuola dove avrei imparato a fare degli incantesimi e fare pozioni era fantastica.
Così decisi di seguirlo, camminammo per diverse ore fino a quando non arrivammo dinanzi a una locanda chiamata “Testa di porco”, un locale pieno zeppo di maghi e streghe.
Appena entrai, una strega strillò: ”Guardate! Quella è Elettra!”
Chissà come facevano a sapere il mio nome… dopo proseguimmo e alla fine arrivammo a Diagon Allay, dove mi procurai tutto il materiale. Appena ci fermammo a fare una pausa chiesi a Silente come facevo ad essere una strega; lui mi raccontò come i miei genitori fossero morti per salvarmi la vita e io fossi sopravvissuta a soli due anni. Ero sconcertata ma decisi di non pensarci troppo.
Arrivato il giorno della partenza, sul treno mi guardavano tutti, ma non ero a disagio tra quelle persone; lì incontrai Erik, il mio migliore amico, ed Alex. Con loro potevo essere me stessa, senza bisogno di fingere. Arrivati a scuola ci smistarono in una delle quattro case che si chiamavano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Io venni assegnata a Grifondoro con Erik e Alex, saremmo rimasti un trio inseparabile.
Ormai passavano i mesi e tutto era rimasto come era dall’inizio dell’anno: le stesse lezioni gli stessi conflitti e gli stessi amici. Sembrava che tutto andasse per il verso giusto quando un giorno nella bacheca degli orari apparve un avviso con su scritto: ”Ricordiamo agli studenti che è assolutamente vietato andare al terzo piano dell’ala ovest del castello. Chi verrà sorpreso in quell’ala verrà espulso”.
Ero curiosa di sapere che cosa celasse quel luogo, ma ormai Hogwarts era diventata la mia casa, l’unico luogo in cui mi sentissi libera, e non volevo abbandonarla. Passavano i giorni ed io e i miei amici non facevamo altro che pensare a ciò che si poteva nascondere nell’ala ovest del castello. Era un caldo pomeriggio, quel giorno ci sarebbero state le prime lezioni di volo, ero emozionata, non avevo mai volato prima di allora. Quando iniziammo a fare esercizio fui la prima a cui si alzò la scopa e la prima che riuscì a fare un volo impeccabile dopo il primo minuto in sella. La professoressa era talmente stupita che fece sì che io entrassi nella squadra di quidditch della mia casa.
Era Natale, la neve aveva imbiancato i tetti del castello. Con ansia scesi ad aprire i mie regali insieme ai miei amici quando improvvisamente mi trovai tra le mani un mantello color porpora: era liscio e morbido, lo indossai ed all’improvviso sentii Erik e Alex urlare. Subito chiesi loro: ”Cos’è successo? Perché urlate?” Ma a quelle domande ebbi subito la risposta quando mi guardai allo specchio e vidi che avevo solo la testa: quando mi levai il mantello il resto del mio corpo ricomparve.
Erik mi guardò negli occhi e poi disse: ”Quello è un mantello dell’invisibilità, fa diventare invisibile chiunque lo indossi”.
Dopo che ebbe parlato ci guardammo negli occhi: avevamo tutti avuto la stessa idea, volevamo andare a vedere cosa ci fosse nell’ala ovest e come mai fosse così sorvegliata. Cosi la mattina dopo mi nascosi sotto il mantello dell’invisibilità, poi ci dirigemmo verso l’ala ovest dove trovammo un’enorme idra che giaceva addormentata sopra una botola. Ma riuscimmo a superarla grazie ad Alex, che dalla lezione di erbologia si era portata una pianta che riusciva a far dormire qualsiasi creatura. Poi ci trovammo dinanzi ad un grandissimo tavolo con sopra sette pozioni di cui quattro fatali e tre che ci avrebbero permesso di proseguire, ma grazie ad Erik riuscimmo a superare anche quell’ostacolo; dopo aver superato un intero esercito di mostri, Erik restò ferito, Alex rimase con lui e io proseguii da sola.
Mi ritrovai infine davanti ad una cassa ma non ero sola, davanti a me c’era il professore di difesa contro le arti oscure Piacensius Finnegan che guardava la cassa in silenzio, all’improvviso esclamò: ”Sei tu, Elettra? Sapevo che saresti venuta. Non avresti potuto resistere a una tale tentazione. Prima che tu mi interrompa, ti dirò i due motivi per cui sono qui: il primo è che io voglio impossessarmi di ciò che c’è qua dentro, il secondo è che sto cercando di ucciderti da ormai undici anni e non avevo mai avuto un’occasione così perfetta come questa. A proposito, voglio informarti che dentro questa cassa è riposta la più grande fonte di magia mai esistita sulla Terra, ma ho bisogno di te per prenderla”.
Non capivo niente della situazione, così domandai: ”Perché vuole uccidermi? Perché le serve quell’energia?”
Lui rise e disse: ”Non serve a me ma al mio padrone e tu sai chi è… è colui a cui sei sopravvissuta”.
Dopo aver pronunciato quelle parole si levò il turbante e vidi dietro la sua testa calva un volto umano. Dopo qualche istante il professore mi aveva portato davanti alla cassa: in quel momento mi comparve in tasca una strana pietra. Senza neanche pensare, con un movimento della bacchetta la scagliò dall’altra parte della stanza. Combattemmo per ore: ero stremata, incominciavo a vedere tutto sfocato, non ne potevo più, così con un la bacchetta magica chiamai aiuto. All’improvviso vidi una luce rossa dietro di me e poi il buio…

Mi svegliai di soprassalto: ero nel mio caldo e morbido letto di casa, ero triste, non avevo vissuto veramente quell’avventura e non avevo conosciuto veramente degli amici fantastici a Hogwarts. Scesi in cucina, ma prima che potessi dire una parola mi ritrovai davanti Erik e Alex che abbracciai calorosamente prima di cominciare con loro un’altra avventura…

Elettra Clementi / Scuola Secondaria di primo grado Puccini di Firenze