Intervista sull’apartheid

Abbiamo intervistato un’ italiana di 69 anni, Angela Mancinelli, vissuta nel Sud Africa durante l’Apartheid, per capire le dinamiche di quel periodo dal punto di vista di una testimone diretta.

1)In che periodo della tua vita vivevi in Sud Africa e perché?
«Sono nata a Johannesburg nel 14 marzo del 1951. Mio padre e mia madre erano italiani ma mio padre fu fatto prigioniero di guerra in un campo di prigionia a Zonderwatwer e quando ebbe la possibilità di tornare in italia non lo fece perché l’economia nel Sud Africa era fiorente e aveva più possibilità di lavoro. Così nacqui e vissi lì fino all’età di 31 anni insieme ai miei fratelli»

2)Come vivevi l’Apartheid? Accettavi questo sistema?
«Noi siamo nati lì e non capivamo la differenza» Così risponde Angela raccontandoci che per lei e i suoi fratelli la distinzione nella vita quotidiana tra bianchi e neri era la normalità. Ci racconta che le persone nere vivevano nei «township» ossia borghi di periferia dai quali si allontanavano esclusivamente per lavorare in città. Usavano inoltre mezzi di trasporto diversi da quelli utilizzati dai bianchi e tutti i luoghi pubblici (scuole, banche, uffici postali, negozi…) erano differenziati. Angela dice inoltre che chi, come suo padre, tentava di aiutare i neri, veniva automaticamente messo al bando (gli veniva sequestrato il passaporto, rischiava il posto di lavoro). Lei inoltre non comprendeva bene da cosa fosse circondata perché sin da piccola viveva in una comunità italiana e dunque rimaneva in un contesto chiuso con rare occasioni di contatto con i neri.

3)Johannesburg era una città tranquilla?
«Lo era in passato, ora no» Angela ci spiega, grazie ai recenti racconti dei cugini che ancora abitano lì, che Johannersburg attualmente è una città piena di violenza, atti vandalici, saccheggi e omicidi. L’esempio più eclatante del degrado della città è l’albergo di lusso Carlton Center, vecchio orgoglio della città, ormai completamente deserto a causa dei continui disordini nella zona.

4)Ora che vivi in un contesto diverso ormai da molti anni, come ti guardi indietro? Avresti cambiato il tuo modo di pensare o di agire?
«If you cannot beat it, you join it» ovvero «se non puoi combatterlo, ci convivi» così risponde riferendosi al sistema che le era stato imposto, spiegando che lei non avrebbe potuto fare nulla poiché si era costretti ad adattarsi alle regole.

Daniela Persello