Il giubbotto come la croce dei migranti in mare

Nelle giornate dedicate all’Open Day, l’Istituto “Onnicomprensivo A. Giordano di Venafro”, ha ritenuto di dover recepire, senza esitazione alcuna, il forte messaggio di riflessione lanciato di recente da Papa Francesco.

Papa Bergoglio, infatti, in occasione della visita dei migranti del campo profughi di Lesbo arrivati in Italia, grazie ai corridoi umanitari della Comunità di Sant’Egidio, ha così tuonato:

“Ho deciso di esporre questo giubbotto salvagente, “crocifisso”, per ricordare a tutti l’impegno inderogabile di salvare ogni vita umana, perché la vita di ogni persona è preziosa agli occhi di Dio. Il Signore ce ne chiederà conto al momento del giudizio”.

Il tratto così grave di queste parole non ha lasciato indifferente la sensibilità di docenti ed alunni di questa scuola, e questi ultimi, con grande passione ed impegno hanno realizzato un simulacro del tutto simile, che è stato affisso all’ingresso dell’Aula Magna dell’Istituto.

Oggi, è ben visibile allo sguardo di tutti, e rammenta, con le parole del Santo Padre, che “dobbiamo tenere aperti gli occhi, tenere aperto il cuore, per ricordare a tutti l’impegno inderogabile di salvare ogni vita umana, un dovere morale che unisce credenti e non credenti”.

Quello voluto da Papa Francesco per l’ingresso del Palazzo Apostolico, è un crocifisso particolare e dalla forte connotazione simbolica, realizzato con il salvagente di un giovane migrante morto in mare.

A tal riguardo, il Pontefice ha ribadito che la croce è insieme segno di morte e di salvezza. Sono questi simboli di sofferenza, esposti in Vaticano nel Cortile del Belvedere, al centro del discorso rivolto da Papa Francesco ai profughi arrivati, come detto, recentemente da Lesbo, in Grecia, con i corridoi umanitari.

La croce, ha aggiunto il Papa, è trasparente ed esorta a guardare “con maggiore attenzione e a cercare sempre la verità”; ed è anche luminescente, “perché vuole rincuorare la nostra fede nella Risurrezione”.

Il giubbotto e la croce, ha spiegato il Pontefice, ci ricordano che non dobbiamo restare indifferenti davanti a morti causate dall’ingiustizia. “Già, perché è l’ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l’ingiustizia che li obbliga a attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l’ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare”.

Una simbologia forte quella adottata da Papa Francesco per aprire una riflessione sulla necessità di non chiudere i porti ai migranti e a tutti coloro che ne hanno bisogno.” Come possiamo non ascoltare il grido disperato di tanti fratelli e sorelle che preferiscono affrontare un mare in tempesta piuttosto che morire lentamente nei campi di detenzione libici, luoghi di tortura e schiavitù ignobile. Come possiamo rimanere indifferenti di fronte agli abusi e alle violenze di cui sono vittime innocenti, lasciandoli alle mercé di trafficanti senza scrupoli. Come possiamo passare oltre, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano, facendoci così responsabili della loro morte. La nostra ignavia è peccato!”, ha minacciato Papa Francesco,  sottolineando  come un giorno “Dio ce ne chiederà conto”.

“Non è bloccando le navi che si risolve il problema – ha aggiunto il Pontefice – bisogna impegnarsi seriamente a svuotare i campi di detenzione in Libia, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili. Bisogna denunciare e perseguire i trafficanti che sfruttano e maltrattano i migranti, senza timore di rivelare connivenze e complicità con le istituzioni”.

Dunque, il segnale è forte e tutti ne dobbiamo prendere atto, il monito è che nessuno tenti di volgere lo sguardo altrove.

Il crocifisso abbraccia tutte le sofferenze e tutti i sofferenti, compresa l’ingiustizia subita da tutti gli uomini, e da questa ingiustizia non possono essere sottratti i migranti annegati in mare ed il loro calvario.

Ed in ciò è l’alto valore simbolico di questo giubbotto, che rappresenta, tragicamente, la croce dei migranti in mare.

 

Candida Izzi