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L’educazione musicale in Italia. Intervista ad un insegnante di violino

Di Davide Femia

1. Quando hai iniziato a suonare il violino?
Molto presto, all’età di quattro anni; sono stati i miei genitori a portarmi lungo quella strada. Infatti all’inizio, probabilmente pure per l’età che avevo, non amavo così tanto
prendere lezioni di violino, poi, quando ho cominciato a suonare brani più difficili e interessanti, mi sono innamorata del mio strumento e non mi esercitavo meno di quattro ore
al giorno.
2. Ritieni di aver avuto degli insegnanti validi durante la tua fase di formazione musicale?
Sì, ho avuto la fortuna di avere quasi tutti bravi insegnanti. Uno di questi fu addirittura un allievo del famoso violinista Arthur Grumiaux! Certo, pretendevano molto e lo studio del
violino richiede molta dedizione.
3. Quali principali differenze hai riscontrato nel passaggio dall’apprendimento all’insegnamento del violino?
Potrebbe sembrare che, una volta che sai suonare uno strumento, insegnare a suonarlo non sia così tanto difficile. Eppure non è così, perché ognuno trova delle difficoltà a suonare che possono non essere le stesse che hai invece te. Quindi devi riuscire a capire quali sono le vere difficoltà dell’allievo per poi indicargli esattamente quali errori sta facendo.
4. Cosa pensi a proposito dell’educazione musicale nel nostro Paese?
Penso che, a differenza di altri Paesi, come l’Austria e la Germania, dove la musica ricopre veramente una parte importante della vita delle persone, in Italia non si facciano sufficienti investimenti per l’educazione musicale a partire prima di tutto dalle scuole e, di conseguenza, c’è un notevole analfabetismo musicale.
5. Quali cambiamenti apporteresti per rimediare a queste mancanze?
In realtà, introdurre nelle scuole uno studio serio di uno strumento musicale sarebbe molto difficile, in quanto richiederebbe veramente molto tempo. Però sarebbe già una buona cosa far studiare un po’di storia della musica, dedicandole lo stesso tempo che si dedica allo studio della storia delle arti figurative. Inoltre, bisognerebbe agevolare ulteriormente la partecipazione dei giovani ad eventi musicai nei teatri e nelle sale da concerto.
6. La musica classica viene spesso reputata di difficile ascolto per sua la considerevole
complessità. Quale compositore consiglieresti ad un neofita per introdurlo al mondo della musica classica? Consiglierei di ascoltare le musiche di compositori di inizio ‘700, come Johann Christian
Bach e le opere giovanili di Mozart, che aderirono al cosiddetto ‘’stile galante’’, uno stile molto semplice e orecchiabile che fosse in grado di adattarsi ai gusti di un pubblico sempre più vasto come accadde di fatto in quel periodo, oppure le composizioni di musicisti che vissero a cavallo tra l’800 e il ‘900, come Claude Debussy e Maurice Ravel, che avevano uno stile molto particolare, per certi aspetti avvicinabili alla musica jazz che proprio in quegli anni stava vedendo una grande diffusione.
7. Un notevole distanziamento del pubblico dalla cosiddetta ‘’musica colta’’ si è assistito
soprattutto nel corso del secolo scorso. Per quale motivo secondo te?  Credo che una delle ragioni principali di questo distanziamento sia che, nel’900, i compositori di ‘’musica colta’’ abbiano deciso di rompere definitivamente con le tradizioni musicali e di intraprendere nuovi percorsi, senza preoccuparsi molto se la loro musica fosse piacevole e conforme ai gusti del pubblico. Questo processo iniziò con Arnold Schoenberg, il padre della ‘’dodecafonia’’, e proseguì con Berg, Webern, e, poi, Boulez, Cage, ecc. In effetti, questi compositori vengono spesso poco apprezzati anche da coloro che frequentano regolarmente le sale da concerto.