Punti di vista: domande differenti per persone differenti

 

di Buzzi Maria Vittoria, 1B

L’emergenza sanitaria ci sta imponendo cambiamenti nelle nostre abitudini quotidiane e rappresenta una rottura da ciò che nelle nostre vite consideriamo normale: muoverci liberamente, andare a scuola, fare sport, in generale avere impegni che scandiscono il nostro tempo e gli danno un particolare senso”.

Un bambino delle elementari, una ragazza di diciannove anni, una signora di cinquanta ed infine un nonno, quattro interviste grazie a Google meet, un’applicazione che consente di mettere in contatto più persone e che in questo periodo supporta la didattica a distanza, per scoprire diversi pensieri rispetto alla tragedia del Covid-19 che ci ha colpiti così duramente.

Matteo che frequenta la scuola primaria.

Dovessi assegnare un colore al momento in cui sei dovuto restare a casa quale sceglieresti?

“Sceglierei il giallo per due motivi: il primo perché posso giocare con i miei videogame quando voglio e perciò sono felice, secondo me il giallo, infatti, esprime felicità e il secondo motivo è che la mia camera è gialla e visto che mi annoio spesso, mi sdraio sul letto e osservo il soffitto giallo di continuo. Sceglierei anche il colore blu perché mi ricorda la tristezza e la noia.”

Come pensi ti sentirai quando uscirai per la prima volta dopo tutto questo tempo?

Beh, mi sentirò felice di riavere il contatto con la natura, perché mi piace molto fare capanne con il legno e le foglie  e giocare con gli amici all’aria aperta. So che sicuramente costruirò con i miei amici: spade, rampini ed archi, ci divertiremo a combattere per finta. Finalmente potrò respirare aria fresca!”

Hai paura di questo virus?

Si, mooooolto! Mi sono immaginato il Coronavirus come un mostro verde, enorme e viscido, con all’interno dei minuscoli esserini che sono i suoi “coroncini”. Sulla fronte una corona gigantesca colorata d’oro…sovrano del mondo della pandemia!”

Ecco le impressioni di Ludovica, studentessa al primo anno di Università.

Voi giovani come avete preso questo momento?

Inizialmente abbiamo sottovalutato la gravità della situazione, lamentandoci delle regole restrittive a cui dovevamo sottostare. Poi, rassegnati, abbiamo iniziato ad impegnare le giornate con attività di vario genere, improvvisandoci chef, artisti ed atleti di alto livello, tutto questo a casa ovviamente!”

Cosa farai quando potrai uscire?

Siccome per motivi di studio vivo da sola da quasi sette mesi, andrò a trovare i miei genitori che non ho avuto la possibilità di vedere dal 10 marzo. Credo che molti di noi andranno a “ricongiungersi” con i propri cari. Quando poi permetteranno di incontrarsi anche con gli amici, sicuramente approfitterò dell’occasione per organizzare giornate con loro all’aria aperta, rispettando le regole che ci verranno fornite. Temo che passare i pomeriggi sulla riva del mare sia un sogno  che si allontana sempre più.”

Pensi che si potrà tornare alla normalità?

Sarò un po’ pessimista, ma non credo, almeno, a breve termine. Ci saranno molte norme da rispettare, per il bene di ognuno di noi, che rimarranno in vigore fino a quando gli esperti non troveranno e testeranno un vaccino per fermare la diffusione del virus. Dovremo provare a cambiare “la normalità” di scambiarci baci e abbracci con un’altra “normalità” incentrata sul distanziamento sociale. Sarà difficile, ma dopo questi due mesi di reclusione, stare lontani un metro l’uno dall’altro indossando la mascherina, potrà diventare una nuova avventura!”

Eccoci arrivati alla terza intervista: Chiara, 50 anni, laureata in Pedagogia

Cosa pensi della “fase due” che comincerà il 4 maggio?

“Credo che sia molto importante, come lo è stato precedentemente fino ad ora, ma adesso sempre di più che ci prendiamo tutti la responsabilità dell’attenzione che dobbiamo portare gli uni verso gli altri, perchè potrebbe essere “un’apertura”anche un po’ pericolosa. Io penso che siamo tutti un po’ stanchi di stare chiusi in casa, di non poterci muovere liberamente, ci sentiamo tutti molto “costretti”. Abbiamo, quindi, una gran voglia di tornare a quella che era una “normalità” per noi, precedentemente al Coronavirus e questa voglia che abbiamo rischia di farci perdere il senso della nostra responsabilità. Gli esperti ci dicono che ci vuole ancora tanto tempo per sconfiggere il virus e per considerarci al sicuro e allora ritengo che ognuno di noi si debba prendere in carico la responsabilità e non darla agli altri, senza aspettare che loro dicano cosa si debba fare. Dobbiamo  essere noi a mettere al sicuro non soltanto noi stessi, ma anche amici, parenti, bambini, anziani.”

Come saranno le vacanze, secondo te?

Molti hanno sognato un viaggio e probabilmente dovranno rimandarlo. Le vacanza sono “sacre”, ne abbiamo tutti bisogno e credo che sicuramente dovremo fare in modo che siano vacanze “pacate”,”tranquille”, quindi, saranno “meditative” e anche più solitarie rispetto a quelle degli anni scorsi, perché non potremo far le vacanze con i soliti gruppi di amici, ma dovremo farle da soli e magari vederci ogni tanto con qualcuno, mantenendo le distanze. Passeremo più tempo con noi stessi e con il nostro compagno/a e trascorrere il tempo a leggere, a fare passeggiate “nel verde” e in luoghi non troppo affollati.  Sempre nell’ottica della responsabilità, ognuno di noi dovrà prestare molta più di attenzione.”

Tutti i politici dicono “ce la faremo”, cosa ne pensi?

“Penso che certe frasi rischino di diventare uno “slogan”, quindi quando sento la frase “ce la faremo” mi viene in mente che sembri quasi un atto di fede, ma poi come realizzare questo obiettivo? Più che “ce la faremo”, io userei la frase”ce la mettiamo tutta”, perché questo riguarda il concetto, già detto prima, sulla responsabilità; significa che ognuno di noi, nella sua piccola parte, ce la” mette tutta” per andare in una direzione, che è quella di salvarci tutti.”

-Hai qualche timore?

Qualche timore ce l’ho, ma voglio anche adoperarmi perché questo periodo venga superato nel miglior modo possibile:questo credo che, di nuovo, debba essere un fatto di cui ci prendiamo carico  e cerchiamo di far sì che ciascuno ci metta “del suo” perché si possa, non vivere nel timore, ma vivere nella “ricostruzione”!”

L’ultima intervista è quella ad un anziano di nome Franco, pensionato ultra-ottantenne.

Come pensi che sia stata gestita dal Governo questa pandemia?

Nell’accezione pertinente, il Governo ha condotto la difesa dalla pandemia come un manipolo di esploratori che, inoltrandosi in cure sconosciute, cerca di limitare ogni rischio con i mezzi a sua disposizione. Qui, però, i mezzi mancanti erano parecchi,da quelli più elementari vedi le ambite mascherine, a quelli più tecnici e sofisticati che sono propri degli ospedali: tamponi, reagenti, respiratori eccetera. I medici ed il personale ospedaliero hanno difeso i pazienti eroicamente contro l’ignoto, insidioso ed imperscrutabile nemico. Si sarebbe potuto far meglio? Molte sono state le critiche, spesso feroci, ma chi non commette errori nella sua prima terribile esperienza? Infine, come si può non ammettere che i provvedimenti assenti hanno necessariamente dovuto ispirarsi a quel criterio di gradualità che è comunemente applicato a cominciare dal “buon padre di famiglia”? Assolvo il Governo, convinto che sia stato fatto ogni sforzo per la tutela della salute pubblica.

Ti ricorda qualche momento in particolare questa situazione di paura?

Non ho paragoni adeguati, vaccinato e protetto fin dalla prima infanzia. Ho, però, provato la vera paura a sette anni, in tempo di guerra, quando ho assistito alla picchiata di aerei inglesi (1943) sulla mia testa e ad una sventagliata di proiettili “dum,dum,dum”, mi ha sfiorato sollevando per alcuni metri una polverosa cortina di terra. La mia paura è durata alcuni secondi, presto sostituita dal sollievo di… averla scampata bella!

Oggi la paura è più insidiosa e persistente e più che me stesso coinvolge i  miei cari, e quanti rischiano la propria vita per salvare la nostra.