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I mafiosi che sciolsero un bambino nell’acido e andarono a dormire

Quest’ultimo mese ho guardato una serie riguardante la mafia siciliana e in particolare l’omicidio del piccolo Giuseppe di Matteo, figlio di Santino di Matteo, ex mafioso e pentito italiano.

Giuseppe Di Matteo fu rapito il pomeriggio del 23 novembre 1993 a quasi 13 anni su ordine di Giovanni Brusca, boss di San Giuseppe Jato.
I sequestratori si travestirono da poliziotti della DIA (Direzione Investigativa Antimafia), lo fermarono proprio all’uscita dal maneggio, la sua più grande passione, invitandolo a seguirli e facendogli credere che doveva rivedere il padre, che non sentiva da tempo perché collaboratore di giustizia.
Gaspare Spatuzza, che partecipò al sequestro, raccontò: “Agli occhi del ragazzo siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi. (…) Lui era felice, diceva ‘Papà mio, amore mio'”.
Il ragazzo fu legato e lasciato nel cassone di un furgoncino Fiat Fiorino, prima di essere consegnato ai suoi carcerieri. Fu chiaro che il rapimento era una minaccia nei confronti di Santino Di Matteo, affinché ritirasse le sue rivelazioni a proposito della strage di Capaci. Per un anno il bambino venne spostato in varie masserie disabitate del trapanese e dell’agrigentino e nell’estate 1995 fu rinchiuso in una tana ricavata nel sotterraneo di un casolare-bunker, costruito nelle campagne di San Giuseppe Jato, dove rimase per 180 giorni fino alla sua uccisione. Dopo la sua condanna all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo, Brusca ordinò l’uccisione del ragazzo, dimagrito e indebolito per la prolungata e dura prigionia: venne strangolato e successivamente sciolto nell’acido l’11 gennaio 1996, poco prima di compiere 15 anni, dopo 25 mesi di prigionia, 779 giorni.
Proprio uno dei killer, Vincenzo Chiodo, ha raccontato i dettagli macabri e orribili di come avvenne il delitto e di come, senza uno straccio di umanità, i tre andarono tranquillamente a dormire in un letto matrimoniale dopo aver eseguito l’ordine di Brusca.

“Io ho detto al bambino di mettersi in un angolo, cioè vicino al letto, quasi ai piedi del letto, con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io ho detto, si è messo faccia al muro. Io ci sono andato da dietro e ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l’ho appoggiato a terra. Enzo Brusca si è messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera (incrocia le braccia) e Monticciolo si è messo sulle gambe
del bambino per evitare che si muoveva. Nel momento dell’ aggressione che io ho buttato il bambino e Monticciolo si stava già avviando per tenere le gambe, gli dice ‘mi dispiace’ rivolto al bambino ‘tuo papà ha fatto il cornuto’ (…) il bambino non ha capito niente, perché non se l’aspettava, non si aspettava niente e poi il bambino ormai non era… come voglio dire, non aveva la reazione di un bambino, sembrava molle… anche se non ci mancava mangiare, non ci mancava niente, ma sicuramente la mancanza di libertà, il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro… cioè questo, il bambino penso non ha capito niente. ‘Sto morendo’, penso non l’abbia neanche capito. Il bambino ha fatto solo uno sbalzo di reazione, uno solo e lento, ha fatto solo questo e non si è mosso più, solo gli occhi, cioè girava gli occhi. (…) io ho spogliato il bambino (…) abbiamo versato l’acido nel fusto e abbiamo preso il bambino. Io ho preso il bambino. Io l’ho preso per i piedi e Monticciolo e Brusca l’hanno preso per un braccio l’uno così l’abbiamo messo nell’acido
e ce ne siamo andati sopra. (…) io ci sono andato giù, sono andato a vedere lì e del bambino c’era solo un pezzo di gamba e una parte della schiena, perché io ho cercato di mescolare e ho visto che c’era solo un pezzo di gamba… e una parte… però era un attimo perché sono andato… uscito perché lì dentro la puzza dell’acido era… cioè si soffocava lì dentro. Poi siamo andati tutti a dormire”.

La crudeltà e la faccia tosta che contraddistingue questi individui è assurda, come si può pensare una cosa del genere mi chiedo, un bambino innocente, indifeso, fatto a pezzi da scellerati in cerca di vendetta.
Come si può pensare di arrivare a tanto!!
Siamo nati tutti sotto lo stesso cielo, ma trovo orribile il pensiero di condividerlo con questi.

Sara Lenzi 3N classico 2.0- liceo G.B. Vico Napoli