MAFIE: IL MERCATO DELLA DROGA NON SI FERMA MAI.

Le molteplici operazioni antidroga in ogni parte d’Italia, portano sempre misure cautelari personali, sequestro di beni oltre all’arresto di boss mafiosi o pluripregiudicati al soldo delle mafie. Con grande sconforto, tuttavia, possiamo immediatamente verificare come il mercato della droga corre veloce e non può fermarsi perché il giro di affari è sempre molto alto e fermarsi vuol dire perdere denaro. Subito dopo queste operazioni di polizia, la geografia criminale cambia. Si fanno avanti i clan calabresi, pugliesi, siciliani o napoletani poiché nessuno vuole lasciarsi sfuggire le piazze di spaccio libere e tutti vogliono mettere al sicuro quei guadagni anche facendo accordi criminali tra di loro. Droga, mafia e potere costituiscono un trinomio indissolubile. C’è spazio per tutti quando si tratta di fare soldi con la droga. Cocaina, eroina, hashish, cannabis: un giro d’affari che ingrassa i portafogli delle mafie. C’è senz’altro accordo tra i clan che inondano il nostro Paese di stupefacenti e si spartiscono i territori dove vendere. Molte sono le piazze di spaccio e funzionano 24 ore su 24. Piazze “aperte” nelle grandi e nelle piccole città, nei capoluoghi di regione sino ai piccolissimi Comuni, per arrivare nelle zone della movida costiera. Le dosi sono alla portata di tutti: pochi euro per un grammo di “fumo” o di “erba”, da dieci a trenta euro per una dose di coca o di eroina. Droghe di scarsa qualità a prezzi sempre più bassi. Così che tutti possano farne uso e ingrossare i profitti della criminalità organizzata. Le mafie sono veloci e si sono subito adeguate anche ai tempi del coronavirus: le consegne ora avvengono tranquillamente a domicilio. Se ti serve una dose o del fumo si viene serviti comodamente a casa. Per fare un esempio, che ovviamente non vuole criminalizzare una categoria, tu ordini la pizza o un panino e insieme ti portano anche la droga. C’è anche, chi ha fatto di necessità virtù, trasferendo il proprio commercio sulle piattaforme web, in particolare su “telegram”. Una migrazione tecnologica che si avvale della riservatezza dell’app di messaggistica russa, molto attenta a tutelare la privacy degli utenti. La nuova frontiera dello spaccio di sostanze passa quindi per i sistemi di messaggistica istantanea, che attraverso gruppi di migliaia di persone reindirizzano il consumatore alla testa di legno del luogo di residenza del richiedente. In Italia il contatto più usato per questo genere di attività criminali è quello di “Mike Jerome”. Cocaina, droghe sintetiche ed eroina spiccano nell’elenco. Storia analoga per chi invece preferisce il “deep web”. Con il “lockdown” chi gestisce il mercato della droga ha aumentato i prezzi permettendo maggiori guadagni per le organizzazioni criminali. Il problema, tuttavia, a mio parere, resta primariamente culturale e sociale. Le piazze di spaccio, ci saranno sempre poiché al degrado segue sempre il crimine e il crimine seminerà sempre degrado, perché è in tale contesto che germogliano e fioriscono le droghe e i loro assuntori. La magistratura e le forze di polizia sono i chirurghi che operano il male e lo asportano, ma se quel male proviene da devianze sociali e culturali, se non le sradichiamo noi cittadini, specialmente i più giovani, non riusciremo mai a guarire completamente. Dobbiamo dire grazie alla magistratura e alle forze dell’ordine per aver arrestato tanti criminali dediti al traffico e allo spaccio di stupefacenti, ma a questi purtroppo il giorno dopo se ne sostituiscono altri che andranno a occupare quei vuoti lasciati dagli arrestati. La conclusione allora non può che essere una vera e propria esortazione. Spetta a tutti noi come cittadini essere parte attiva, pronti ad andarci a riprendere quegli spazi che sono nostri, ci spettano di diritto. Se li lasciamo, se ci ritiriamo, se cediamo la nostra parte di legalità, i criminali non avranno nessuna remora ad andarsi a rioccupare quelle aree e a riportarci l’illegalità.

Vincenzo Musacchio, giurista e docente di diritto penale, è associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). E’ ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla criminalità organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.