BepiColombo, un microfono per il canto della Terra

L’universo e la musica sono sempre andati a braccetto; Pitagora per primo sosteneva che la stoffa del Tutto fosse composta di ritmi, numeri e proporzioni e la stessa teoria venne ripresa da Platone e Aristotele, per arrivare fino al XVII secolo sotto il nome di “armonia delle sfere” . Pertanto c’è un concerto che il corona virus non potrà mai annullare: il campo magnetico terrestre canta a voce sempre più alta.
A permetterci di ascoltarlo è la sonda BepiColombo, realizzata dall’ESA (Agenzia Spaziale Italiana) sotto la guida dell’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA) con contribuiti tecnologici e scientifici da tutta Europa. Lanciata nell’ottobre del 2018, il dieci aprile di quest’anno ha sorvolato a meno di 12.700 chilometri di distanza per l’ultima volta il nostro pianeta, prendendo la rincorsa per arrivare fino a Mercurio.
Il progetto di cui è protagonista è alquanto ambizioso: studiare il primo pianeta roccioso per comprendere le condizioni limite favorevoli alla nascita della vita sulla terra e su altri eventuali pianeti. Infatti non ha atmosfera, ha grandissime escursioni termiche ed una superficie alquanto esposta al vento solare, per questo la sua osservazione è fondamentale per definire e validare i modelli di formazione ed evoluzione del pianeta, ma anche dell’intero Sistema Solare. Oltre però all’analisi delle caratteristiche planetologiche, ha anche lo scopo di individuare l’origine del campo magnetico e le caratteristiche della magnetosfera, grazie al MMO (Mercury Magnetospheric Orbiter), realizzato dall’Università tecnica di Brunswick (Germania) e l’Istituto di ricerca spaziale di Graz (Austria). Questo speciale magnetometro è quello che ha permesso di registrare il suono del campo magnetico durante l’ultimo passaggio sopra la Terra, realizzando così un brano simile ad una composizione del musicista tedesco all’avanguardia Stockhausen. Lo stesso è stato utilizzato in uno strabiliante video, pubblicato poi su YouTube, dove sono state montate oltre 200 foto della Terra che brilla e rotola nell’oscurità del vuoto.
Ma come può un pianeta cantare? Ogni pianeta ha un proprio campo magnetico che si estende nello spazio vuoto; le onde magnetiche di un campo planetario sono molto simili alle onde musicali, tant’è che i primi tentativi di applicare i principi dell’elettromagnetismo alla musica risalgono agli anni tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Nel 1899 William Duddell sfruttò il sibilo delle lampade ad arco utilizzate nell’illuminazione urbana, trasformando un fastidioso inconveniente progettuale in risorsa musicale: il Singing Arc. In seguito fu creato un vero e proprio strumento, il telharmonium (1902), da Thaddeus Cahill, poi sviluppato nel Theremin dal fisico sovietico Leon Termen nel 1920 e ormai noto a livello internazionale, grazie anche al protagonista della serie tv The big bang theory, Sheldon Cooper, che adora “strimpellarlo” nel tempo libero.
Eppure non è necessario assemblare due generatori di frequenza, una bobina e un condensatore, per produrre onde elettromagnetiche, dato che esse si trovano ovunque e noi ci nuotiamo dentro senza riuscire a percepirle. Infatti la terra genera un ampio campo magnetico, che oltre a orientare la nostra bussola e proteggerci dalle radiazioni solari, produce un suono affascinante. Allo stesso modo anche gli altri pianeti, le nebulose e addirittura le galassie emettono onde elettromagnetiche, tant’è vero che un anno fa la NASA, in collaborazione con l’ESA ha diffuso la registrazione del canto dell’universo.
Insomma, nel V secolo a.C. il filosofo Platone non aveva avuto tutti i torti a descrivere l’astronomia e la musica come studi gemellati: siamo immersi in universo cantante e finalmente oggi possiamo ascoltarlo.
Alessia Priori / Liceo Classico Galileo di Firenze