La prima rapina – Racconto

Cominciava sulle note di Back in Black degli AC/DC l’ennesima giornata scolastica di Emanuele. In realtà lui odiava quella canzone, ma proprio per questo l’aveva sempre impostata come sveglia, almeno riusciva a farlo alzare dal letto pur di spegnerla. Una volta operativo, in un secondo si vestiva e, preso lo zaino, filava dritto a scuola, non faceva nemmeno colazione, quella era roba da ragazzini. Emanuele era un ragazzo come se ne vedono tanti là a Scampia: poca voglia di studiare, ma tanta voglia di spaccare il mondo. I suoi erano gente abbastanza onesta, anche se qualche volta per arrotondare si rendevano utili agli uomini d’onore delle Vele. Lui, già da qualche anno, col suo fedele compagno di banco Antonio, per gli amici Toni, aveva attirato l’attenzione nel quartiere come testa calda: poteva vantare sul suo “curriculum” qualche scippo e giusto un paio di risse, ma ormai si sentiva pronto a passare alle cose da uomini veri.

Neanche a dirlo, l’occasione giusta gli si presentò quel giorno stesso, a scuola, mentre parlava con Toni: venne fuori che un nuovo negozio di alimentari era stato aperto all’angolo tra via Gobetti e via Labriola, a poche centinaia di metri da casa sua. I due ovviamente iniziarono a pianificare il colpo fin da subito, senza tralasciare nessun dettaglio. Dopo un paio di settimane erano già riusciti  a procurarsi un paio di carabine e un paio di passamontagna e, ogni giorno, di ritorno da scuola, perlustravano il locale per ottenere qualche informazione in più su chi e quanti ci lavorassero. Il titolare era un uomo sui sessant’anni, abbastanza grasso, con grandi baffi bianchi che non curava particolarmente. Fumava moltissimo, però: ogni venti minuti estraeva dal suo sporco grembiule un pacchetto di Merit gialle, usciva dal negozio e si siedeva su uno sgabello davanti all’entrata per gustarsi la sigaretta. Nonostante l’età avanzata, nessuno in quartiere sembrava conoscerlo, tutti i clienti lo salutavano solo per formalità e non si trattenevano a parlare con lui. Dopo un po’ di tempo Emanuele e Antonio stabilirono il giorno in cui il colpo sarebbe stato fatto. Per due teste calde come loro questa rapina significava entrare nel mondo dei grandi, quello fatto di soldi, successo e belle donne. Loro bramavano tutto questo da quando erano piccoli e vedevano i genitori dei loro compagni di classe venirli a prendere in macchine lussuose: stavolta toccava a loro, e non potevano fallire, dovevano dimostrare a tutti di che stoffa erano fatti.

Così arrivò il fatidico giorno: la tensione era a mille in entrambi i ragazzi, sapevano che quello era un punto di non ritorno. Nei giorni precedenti si erano esercitati ad impugnare un’arma, ma dentro di loro speravano con tutto il cuore di non doverla utilizzare. Quel giorno a scuola non si erano nemmeno salutati: si sentivano in uno stato di trance che non è possibile descrivere a parole, tutto quello che accadeva intorno a loro non aveva la benché minima importanza, non riuscivano a pensare ad altro fuorché al colpo. Emanuele, finita la giornata scolastica, tornò in fretta a casa, si fece una doccia e provò a distrarsi ascoltando un po’ di musica, ma nemmeno Back in Black stavolta gli tornò utile…

Si era dato appuntamento con Toni alle sette davanti ai giardini di Parco Esposito, proprio lì i due avevano nascosto le carabine e i passamontagna. Emanuele però si era presentato con largo anticipo perché voleva sbrigare al più presto la faccenda: la pressione lo stava divorando. Toni arrivò pochi minuti dopo, anche lui impaziente di togliersi questo pensiero. Giunti al cespuglio, i due amici si fermarono un secondo e si guardarono dritti negli occhi, lasciandosi andare in un caloroso abbraccio: fino a quel momento avevano sempre fatto tutto insieme e sapevano di potersi fidare ciecamente l’uno dell’altro. Prese le armi, saltarono in sella ai rispettivi motorini e si diressero verso il negozio: tutto doveva svolgersi in modo estremamente rapido, senza esitazioni. In un attimo si infilarono i passamontagna, impugnarono le carabine e entrarono nel locale. Il posto era vuoto e del vecchio titolare non c’era traccia, quindi i due pensarono che probabilmente l’uomo era andato a fumare come soleva fare. Emanuele restò a fare il palo davanti all’entrata, mentre Antonio si dirigeva verso la cassa. I due pregustavano già la gloria e i soldi che questa rapina avrebbe portato loro, stava andando tutto come avevano auspicato. Ad un tratto però, giunto di corsa davanti alla cassa, Toni notò un oggetto appoggiato sul bancone che gli fece gelare il sangue: un pacchetto di Merit gialle… Il ragazzo non fece nemmeno in tempo ad avvertire l’amico che subito il titolare dell’alimentari si alzò da dietro la cassa, sparando alla cieca con un vecchio fucile a pompa.

“Emmanuè, m’hanno sparato!” gridò Toni prima di svenire a terra grondante di sangue. Emanuele si vide crollare il mondo addosso, si era appena reso conto che quella che doveva essere la sua iniziazione era diventata la sua fine. Fece per dirigersi verso la cassa, ma alla vista del corpo insanguinato dell’amico rimase pietrificato e non provò neanche a difendersi dalla furia del negoziante. Venne colpito in pieno stomaco e cadde a terra anche lui, accanto al suo caro Toni. I due, entrambi esamini, si guardarono un’ultima volta: non riuscivano a credere che quella fosse la fine di tutto. Loro volevano i soldi, il successo, le donne…  dovevano diventare i capi dei capi, dovevano avere il mondo sotto le scarpe. Tra le lacrime i due, prima di svanire nel nulla, accennarono a un sorriso surreale. Nel bene o nel male, almeno erano insieme anche stavolta…

 

 

Matteo Giachi

Classe 4F – Liceo Classico Galileo di Firenze