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Belle, eleganti, “smooth”: una storia al femminile, dall’antico Egitto al “body positive”

Donna baffuta, sempre piaciuta? Per una volta tanto il proverbio non funziona, ma – come vedremo in questa piccola storia della depilazione – dietro questa pratica  non ci sono solo ragioni estetiche, ma anche commerciali…

di Giulia Nenne Athie

Il rapporto che noi donne abbiamo con la peluria del nostro corpo è molto complicato. Fin da piccole ci viene insegnato che quella parte di noi stesse è repulsiva e va eliminata, pena il venir meno della nostra bellezza. Ma per quale motivo abbiamo un tale rapporto con i nostri peli? E perché ci sembrano così poco igienici solo sui nostri corpi?

Radersi non è certo un concetto nuovo, sin dall’antichità varie civiltà usavano depilare il proprio corpo per omologarsi a standard di bellezza o per praticità, vedi quanto avveniva in Egitto, a Roma o nella Magna Grecia

Nei secoli successivi, però – ad esempio durante l’epoca vittoriana – molte donne avevano perso l’abitudine di depilare il proprio corpo, visto che il loro abbigliamento, molto esteso e coprente, non richiedeva un simile sacrificio. Per anni, dunque, è valso il libero arbitrio, lasciando alle donne la scelta di decidere cosa fare in merito questo aspetto.

Questa tranquillità fu però interrotta nel 1915, quando in America la Gillette, che produceva rasoi per gli uomini, capì che espandendo il proprio mercato anche alle donne avrebbero avuto dei profitti più alti

Così sulla rivista Harper’s Bazaar apparve la prima pubblicità sul tema delle ascelle. Queste, per la prima volta, vennero definite come “un problema personale imbarazzante”, visto che – con l’avvento delle nuove mode, ovvero magliette a maniche più corte e svolazzanti – erano in primo piano e quindi era necessario rimuoverne i peli.

La pubblicità fece abilmente in modo che le donne percepissero i rasoi e la depilazione come parte delle nuove esigenze estetiche da seguire. Inoltre, grazie all’intelligenza del marketing, depilarsi fu descritta nelle riviste come un’attività che era stata già completamente adottata dalle donne di alto rango, facendo così avvertire alle casalinghe e lavoratrici la necessità di seguire questa nuova moda.

Anche il linguaggio con il quale i rasoi erano pubblicizzati ebbe un ruolo importante: venne infatti usato il termine “smoothing”, ovvero allisciare, invece di “shaving” (radersi), che era troppo collegato alla sfera maschile.

La depilazione delle gambe divenne popolare più tardi, ovvero negli anni ’40, con l’avvento delle pinup e la mancanza di tessuti a causa della seconda guerra mondiale. Vista l’esigenza di fabbricare le divise dei militari, e quindi il bisogno di nylon e seta, le calze femminile divennero un capo d’abbigliamento penalizzato, costringendo le donne ad andare in giro senza calze, o a utilizzare una pasta che aveva l’utilità di sembrare tessuto; questa crema però funzionava solo su gambe lisce, cioè prive di peli.

Nel 1964 il 98 % delle donne americane si depilava le gambe, mentre in Italia questo trend ha preso maggiormente piede negli anni ’70. Oggigiorno, con l’avvento di un abbigliamento sempre più scoperto, la depilazione si è estesa ad ogni parte del corpo, culminando negli anni ’90 con la famosa ceretta totale o “brasiliana”.

Negli ultimi anni si è incominciato a pensare che forse la depilazione sia stata un po’ troppo sopravvalutata nei decenni passati. Migliaia di influencer e attiviste del “body positive” hanno detto stop alla depilazione e con la nascita di “JanuHairy”, un movimento creato nel 2019 dalla studentessa Laura Jackson, smettere di depilarsi è diventata una moda a cui sempre più ragazze hanno incominciato ad aderire.

Sarà anche questa soltanto una moda o la presenza di peli sul corpo della donna diventerà, finalmente, una normalità?