La “Gran Costanza” imperatrice

Definita da Dante Alighieri “Gran Costanza”, rimane un personaggio storico spesso omesso nonostante il suo titolo imperiale e un figlio, Federico II di Svevia, ricordato come “stupor mundi“.

Nata a Palermo il 2 novembre 1154, fu la figlia postuma del re di Sicilia, Ruggero II. Trascorse la sua gioventù nella multietnica Corte Siciliana e si avvicinò alla vita monastica non facendone però mai parte. Raggiunse i 30 anni essendo ancora nubile, cosa alquanto insolita per quei tempi.

Il matrimonio con Enrico

Nel 29 ottobre 1184 fu accordato il suo fidanzamento con Enrico VI di Svevia, figlio dell’imperatore Federico I Barbarossa. Questa unione aveva un fine puramente politico. Enrico, nonostante  avesse quindici anni meno della sposa, dovette sottostare a questo accordo poiché per suo padre rappresentava la possibilità di riportare all’interno dell’impero, per via dinastica, i territori dell’Italia meridionale che egli aveva sempre considerato come parte integrante del Sacro Romano Impero, ma che non era riuscito a conquistare con le armi. Il 23 agosto 1185, si tenne a Rieti una prima celebrazione del matrimonio, unione ripetuta a Milano il 27 gennaio 1186. Subito dopo il gli sposi vennero investiti con la corona ferrea del Regnum Italiae.

Il periodo imperiale

Suo nipote Guglielmo II, prossimo alla morte, espresse il desiderio di essere succeduto da sua zia Costanza, non avendo discendenti diretti. I baroni ed il papato, però, non amavano gli svevi e la loro politica, e preferirono eleggere re di Sicilia Tancredi, cugino di Guglielmo II, il quale aveva conquistato una certa fama come comandante militare oltre ad essere l’unico discendente normanno. Quest’ultimo fu incoronato nel novembre del 1189 a Palermo durate un periodo di assenza di Costanza e di suo marito.

Quando Enrico VI salì al trono, si scontrò con Tancredi per il dominio della Sicilia, perdendo miseramente e dando la possibilità a Tancredi di rapire sua moglie, lasciata senza alcuna protezione. Per il rilascio di quest’ultima fu richiesta una tregua e il rapitore volle affidare la prigioniera al papa Celestino III. Durante il viaggio verso Roma, però, il convoglio fu attaccato e Costanza liberata.

 

A Tancredi succedette il figlio Guglielmo III alla giovane età di 9 anni. Enrico approfittò di questa situazione per conquistare la Sicilia e riuscì nell’impresa. La sua incoronazione avvenne il giorno di Natale del 1194. Il giorno dopo, il 26 dicembre, Costanza diede alla luce il futuro Federico II di Svevia a Jesi, durante il viaggio che l’avrebbe condotta da suo marito. 

Nel 1197 Enrico perì e Costanza si ritrovò sola a governare il regno. La sua reggenza non fu molto longeva. Infatti morì il 27 novembre del 1198 e poco prima decise di affidare suo figlio alla tutela del papa Innocenzo III. Lasciò orfano suo figlio di 4 anni e fu seppellita nella cattedrale di Palermo.

Il parto

Costanza partorì alla soglia dei 40 anni, un’età in cui, in media, le donne avevano ormai già dei figli ed erano prossime alla morte. Dunque le possibilità di procreare e di sopravvivere al parto erano molto basse. Intraprese un viaggio non confortevole e sicuro (per raggiungere Enrico) mentre era in uno stadio avanzato della gravidanza, attraversando tutta l’Italia.

Costanza era da molti considerata una “monaca smonacata” a causa del suo interesse per la vita monacale in gioventù. Tutte queste situazioni, alquanto inusuali, favorirono la diffusione di diverse dicerie sostenitrici di una falsa gravidanza. Per metterle a tacere, Costanza, una volta sopraffatta dalle doglie, decise di far allestire una tenda nella piazza pubblica di San Foriano, a Jesi.  L’indomani l’imperatrice allattò persino il pargolo al cospetto di tutti gli abitanti della città per provare ulteriormente di essere la vera madre di colui che sarebbe poi passato alla storia con il nome di “Stupor mundi”. Questa azione, che all’epoca destò lo scandalo, non è altro che una grande dimostrazione di furbizia da parte di Costanza. Ella era ben conscia del fatto che queste voci, se non repentinamente smentite, le avrebbero potuto causare una serie di problemi come l’accusa di alto tradimento con la sua conseguente condanna a morte.

Nonostante le dimostrazioni date in pasto al popolo, le malelingue continuarono a ciarlare sulla sua falsa gravidanza, insinuando che in realtà il suo presunto figlio non fosse altro che la prole di un beccaio di Jesi che era aveva nascosto sotto le sue vesti. Fra’ Salimbene de Adam nella Chronica narra la leggenda che vede Federico II figlio di un macellaio. Bisogna evidenziare però che il frate nutriva una certa ostilità nei confronti dell’imperatore ed è dunque molto probabile che ciò che riporta non sia attendibile. In ogni caso Federico, in una lettera inviata alla città Jesi nell’agosto del 1239, la definisce sua città di nascita, smentendo la versione del Salimbene.

Costanza nella Divina Commedia

“Quest’è la luce della Gran Costanza

che del secondo vento di Soave

generò ‘l terzo e l’ultima possanza”

(III canto del Paradiso)

Con questi versi Dante Alighieri descrive Costanza d’Altavilla, collocata nel I Cielo. Il noto poeta fiorentino credeva infatti alla leggenda in base alla quale l’imperatrice, in gioventù, data la sua vicinanza alla religione, avesse preso i voti ma non fosse mai riuscita a coronare il suo desiderio di diventare monaca a causa del papa che l’avrebbe costretta al matrimonio con Enrico VI. Proprio per questo Dante la incontra nel Cielo della Luna, dove risiedono tutti coloro che mancarono ai voti non per loro scelta ma per costrizione. Gli viene indicata da Piccarda Donati, che si prodiga nello spiegare a Dante la personalità e la ragione per la quale Costanza abbandonò il chiostro.

La “Gran Costanza” è citata anche in un altro passo della Divina Commedia, è proprio Manfredi di Svevia a nominarla dicendo presentandosi: “Io son Manfredi, nepote di Costanza Imperadrige”.

di Stefania Capuano