Ahora sì, se puede

Un viscerale grido di gioia squarcia improvvisamente il silenzio di Buenos Aires. Sui volti dei manifestanti, radunatisi a migliaia al di fuori della sede del Senato, si dirada l’estenuante tensione che li ha accompagnati, uno ad uno, in una notte completamente diversa dalle altre. Il disegno di legge presentato dall’esecutivo Fernandez, approvato previamente dalla Camera dei deputati, ha incassato, in Senato, il decisivo “nulla osta”. La notizia si diffonde nelle piazze gremite, “come una freccia dall’arco scocca, vola veloce di bocca in bocca.” E’ tutto vero, è ufficiale: l’aborto, dopo aver firmato un consenso scritto, si potrà legalmente effettuare entro la quattordicesima settimana di gravidanza. Sventolano in aria i pañuelos, gli iconici fazzoletti verdi, simbolo della “Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal, Seguro y Gratuito”, il movimento che da anni, insieme ai collettivi femministi, si batte per la sua depenalizzazione e legalizzazione; la gioia è incontenibile.

Un pianto di liberazione bagna i visi stremati delle partecipanti: oggi, soprattutto per loro, si apre una nuova realtà. Ma quelle lacrime non incorniciano unicamente la commozione del momento. Raccontano la storia di una battaglia ventennale, segnata da ripetute e cocentissime delusioni. Sfogano la frustrazione per le otto proposte presentate al Congresso, tutte respinte, per la modifica della legge entrata in vigore nel 1921 (avete letto bene, 1921) che autorizzava l’aborto solo quando la gravidanza fosse frutto di uno stupro o vi fosse pericolo per la vita della genitrice, la cui applicazione è stata, costantemente, intralciata dalle strutture sanitarie stesse, che hanno più volte, colpevolmente, trasformato l’iter per l’operazione in un calvario. Sulle spalle delle future madri poggiava una croce fatta di periodi di attesa infiniti, richieste illegali di produzioni di rapporti di polizia o di incomprensibili ingiunzioni giudiziarie, a cui si aggiungevano gli scontri con “dottori” obiettori di coscienza: il tutto, finemente insabbiato e impunito. 

Quelle stesse lacrime rendono vivo il ricordo delle 65 ragazze morte dopo aver subito interventi a causa delle tragiche e avverse condizioni sanitarie tra il 2016 ed il 2018; gridano allo scandalo di fronte alle quasi 7000 bambine, di età compresa tra i 10 e i 14 anni, costrette a portare, per nove mesi, in grembo il frutto di violenze inaudite; implorano pietà per le quasi 500.000 donne obbligate, con cadenza annuale, ad esercitare un loro diritto nell’assoluta clandestinità, pronte a pagare il prezzo delle loro legittime decisioni con il carcere o la loro stessa vita.

Le coscienze si sono destate: la battaglia non è però terminata. Burocrazia, esposti con l’accusa di incostituzionalità ed obiettori stessi sono le tre teste di un cerbero affamato, che si proclama “difensore” della vita, non curante dei principi religiosi che brandisce fieramente come arma e di cui ostenta rigoroso rispetto. Rimanete saldi e risoluti: la vostra vittoria sarà vittoria per l’umanità intera. El pueblo unido jamàs serà vencido.

Articolo di Torri Martino