• Home
  • Blog
  • Articoli
  • GOMORRA RIACCENDE IL DIBATTITO SULLA MITIZZAZIONE DELLE MAFIE

GOMORRA RIACCENDE IL DIBATTITO SULLA MITIZZAZIONE DELLE MAFIE

Stiamo assistendo a un vero e proprio boom di serie televisive incentrate sulla criminalità organizzata in Italia, di ieri e di oggi, dove spesso si esalta il boss, quasi idolatrato. A tal proposito abbiamo intervistato Vincenzo Musacchio giurista ed esperto di criminalità organizzata.

Professore cosa ne pensa di quest’ultima serie di Gomorra?

Credo che si possa e si debba sempre parlare delle mafie. Il problema sta tutto nel come si fa. Se guardo “I Cento Passi” di Giordana, mi piace il suo messaggio, mentre, quando ho visto “Il Capo dei Capi” o, la stessa serie “Gomorra”, ma anche “Romanzo Criminale” o “Suburra”, intravedo un po’ di mitizzazione mafiosa – sicuramente involontaria – ma il rischio, purtroppo, c’è. Basta guardare il livello di violenza presente nella recente delinquenza minorile. Tanti ragazzini entrano nei clan con spirito imitativo, influenzati anche dalle miniserie in onda in televisione che spesso esaltano i boss mafiosi e la loro vita agiata.

Secondo lei esiste il fascino del crimine ispirato dal cinema?

Credo di sì, ma non è un fattore recente, il cinema ha vissuto spesso questo rischio, ad esempio, con il film “Scarface” o più di recente con “Il Padrino”. Il problema è molto delicato, è una questione di pesi e contrappesi, tuttavia, la libertà di espressione deve prevalere, anche se, dopo i film, sarebbe bello dibattere magari soprattutto in famiglia e nelle scuole, ma anche con gli stessi attori dei film.

Ci spiega meglio quest’ultimo concetto?

Mi piacerebbe che il pubblico televisivo o cinematografico, incuriosito da un film non ne sia soddisfatto passivamente, ma voglia provare a capire di più. Per far ciò comprendo che occorrerebbero famiglie in cui si dialoghi e una scuola che possa far crescere la discussione e il senso critico anche su tali temi. Sarebbe bello che di mafie si parlasse tutti i giorni a scuola e in famiglia, ma mi rendo conto di pretendere troppo. La lettura critica dei fatti dovrebbe diventare consuetudine e non sporadica ed eccezionale.

Lei impedirebbe la proiezione di questi film se potesse?

Assolutamente no! Ripeto che la libertà di espressione è ancora un diritto fondamentale della persona umana e se non si commettono reati, è sempre sacra e va garantita come espressione artistica. Non si può impedire che si facciano film come quelli prima citati, girati anche con senso realistico, ma, insisto nel dire che ci vorrebbero poi gli strumenti critici per evitare che le mitizzazioni, le scene violente, l’esaltazione della ricchezza facile, facciano presa in senso emulativo sui più giovani.

Quali sono questi strumenti critici cui fa riferimento?

La famiglia, la scuola, gli esempi positivi, l’esaltazione dello Stato e dei suoi servitori più fedeli, in definitiva, come diceva Paolo Borsellino occorre parlare della mafia. Parlarne alla radio, in televisione, sui giornali. Però occorre parlarne. Non posso che condividere il suo pensiero.

Lei nei suoi scritti parla di “mafie occulte”, ma queste dei film citati sono rappresentate?

Credo che rappresentino una criminalità organizzata che non corrisponda più a quella odierna. Questo, ovviamente, non significa che quel tipo di mafia non esista più, ma rappresenta la c.d. mafia “rozza”. Le nuove mafie oggi sono transnazionali e con l’avvento di internet e della globalizzazione dei mercati, operano nella finanza mondiale, nell’economia, nel mondo virtuale. Si tratta di una criminalità organizzata “occulta” che vive in mezzo a noi, difficile da snidare proprio perché invisibile e spesso anche conveniente.

Chiudiamo con un messaggio ai giovani?

I giovani devono poter conoscere la mafia, per cui, occorre che chi ne parli sia competente e lo faccia nei modi e nei termini giusti. Parlare dei mafiosi significa anche ricordare ai giovani chi li ha combattuti e li ha persino sconfitti. Ai giovani che incontro nelle scuole da ormai quasi trent’anni dico sempre di essere messaggeri di legalità e per far questo, come diceva Giovanni Falcone, basterebbe che ognuno di noi facesse semplicemente il proprio dovere.

A cura di Lucia De Santis – Blogger – Roma