Giordano Bruschi: “Una mimosa per donne Resistenti”

Giordano Bruschi, uno degli ultimi partigiani testimoni, rappresenta la memoria storica di quel periodo e per questo continua ad impegnarsi nel raccontare gli anni terribili della seconda guerra mondiale.

Il primo febbraio è venuto per raccontarci di una donna, Teresa Mattei, la partigiana ” Chicchi ” , esempio di come le donne durante il conflitto abbiano avuto un ruolo fondamentale per la Liberazione, nonostante in quel periodo fosse ancora molto elevata la discriminazione femminile. Infatti spesso parliamo di partigiani al maschile senza considerare che anche le donne, per esempio come staffette , hanno contribuito alla liberazione del Paese.

Teresa Mattei, nata il primo febbraio 1921 , esattamente cent’anni fa , fu tra le prime antifasciste in assoluto e disse “no all’esclusione degli ebrei dalle scuole” , per questo motivo fu espulsa anche lei . Ha preso parte alla stesura della Costituzione insieme ad altre 20 donne , scrisse l’articolo 3 quello sull’uguaglianza, e memoria di tutte le partigiane o deportate nei campi di concentramento, ha proposto nel suo discorso, tenuto l’8 marzo 1947 , il fiore della mimosa, voluta da lei perché è allo stesso tempo la forza della pianta e la bellezza del fiore, che con i suoi chicchi gialli , allegri , dal profumo intenso , ricordano la figura femminile . Dobbiamo dire grazie a tutte queste donne coraggiose perché è loro merito se oggi possiamo rivendicare dei diritti , primo fra tutti il voto .

Nella città di Genova si è pensato di piantare le mimose donate dal Circolo Sertoli nei pressi delle scuole. Quella alla Massimo D’Azeglio è stata la prima ed è stata dedicata al ricordo di Piera Sonnino, ebrea deportata nei campi di concentramento , dove fu uccisa la sua famiglia. Nel 1960 ha riportato questa esperienza in un memoriale, ” La notte di Auschwitz “.

Nell’incontro avvenuto il 5 febbraio Giordano Bruschi ha voluto ricordare le figure dei partigiani Fëodor e Walter Fillak.

Fëodor , di origine russe , riuscì a scappare dal treno che lo stava portando nei campi di sterminio e raggiunse i partigiani . Morì il 2 febbraio e fu sepolto a Genova.

Fillak, nato a Torino, ha studiato a Genova al liceo Gian Domenico Cassini ed è diventato partigiano col nome di “Martin” e per un imprevisto è finito in mano ai tedeschi insieme al suo gruppo . Dopo essersi ribellato ai tedeschi è stato processato a Cuorgnè dove è morto il 5 febbraio 1945 per impiccagione.
Prima di morire gli è stato concesso di scrivere una lettera al padre nella quale dice :” Per disgraziate circostanze sono caduto prigioniero dei tedeschi. Quasi sicuramente sarò fucilato. Sono tranquillo e sereno perché pienamente consapevole d’aver fatto tutto il mio dovere da italiano e comunista “.
Walter è morto impiccato due volte perchè, dopo che il cappio si è spezzato, i tedeschi con estrema crudeltà hanno ripetuto l’atto. Ma Walter è morto cosciente di aver dato tutto, compreso la vita per la sua volontà di essersi impegnato in questa lotta e , come ha scritto alla sua amica Ines , nulla avrebbe voluto cambiare della propria vita perché orgoglioso di combattere per l’Italia.

A Genova , nel quartiere di Sampierdarena c’è una via dedicata a lui e lì vicino un po’ di tempo fa è crollato il ponte Morandi . Questo ci deve far riflettere che le morti delle persone innocenti non vanno dimenticate .

Giordano ci ha ricordato che noi genovesi possiamo trovare alcuni dei partigiani morti da eroi in un campo del Cimitero di Staglieno, dove è conservata questa memoria.

Margherita 3G D’Azeglio

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