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PERCHE’ SARS-COV-2 MUTA COSI’ VELOCEMENTE E PERCHE’ IL VACCINO NON DECRETERA’ LA FINE DELLA PANDEMIA

6 marzo 2021 – Da poco più di un anno dal primo caso confermato di Covid-19 in Italia, ora ci ritroviamo in una situazione analoga a quel marzo 2020, solo che invece di dover arginare un ceppo, ne dobbiamo combattere molti di più ed evitare la loro comparsa. Ad oggi, sono tre le varianti che preoccupano i virologi: quella inglese, ormai consolidata su tutto il territorio, quella brasiliana P.1 e quella sudafricana già estesa in Alto Adige. 

Ma perché il Sars-Cov-2, o coronavirus, muta così velocemente? La risposta è semplice: per infettarci di più. Tutti i virus, come ad esempio anche quello dell’influenza, mutano ciclicamente per ‘confondere’ gli anticorpi sviluppati in una precedente infezione e attaccare il nostro organismo. Il virus, sotto certi aspetti, ‘si migliora’: diventa più infettivo, talvolta anche più letale, più resistente alle cure. Si rischiano epidemie nella pandemia se non interveniamo con le misure giuste (aka: distanziamento e dispositivi di protezione; quel che è certo è che la mascherina si rivela sempre efficace per diminuire il contagio). 

Anche la speranza dell’immunità di gregge è oramai abbandonata: come successo in Brasile, il virus, passando di ospite in ospite, è mutato e ora infetta chi ha sfortunatamente già contratto una forma precedente. La mutazione avviene di fatto a livello della proteina Spike, come se il virus ‘indossasse un costume diverso ogni volta’ e ingannasse l’organismo. 

Si fa fronte al problema col vaccino. Ma vaccinandoci saremo protetti contro tutte le varianti? La risposta è ‘nì’: ciò dipende da una serie di fattori, tra i quali figurano il tipo di variante ed il tipo di vaccino. Per uno studio preliminare (e quindi ancora da revisionare), pubblicato sul sito pre-print ‘bioRxiv’ e condotto dagli autori de La Jolla Institute for Immunology, del Craig Venter Institute e della University of California di San Diego, le quattro varianti testate (inglese, sudafricana, brasiliana e californiana) non sembrano influenzare la risposta immunitaria derivata dal vaccino o nei convalescenti. 

Però, c’è un però. Sono possibili, infatti, i casi di reinfezione, soprattutto a causa delle varianti: Ugo Scardigli, ad esempio, un operatore sanitario di 53 anni, è morto prima che il vaccino avesse prodotto abbastanza anticorpi; per questo è consigliato il test sierologico per i guariti. 

Ricordiamoci che, anche se il vaccino è un’arma potentissima per ridurre l’infezione, non segnerà la sua morte: ci sono ancora varianti non scoperte o che potrebbero svilupparsi e, senza misure adeguate, potrebbero riportarci al punto di partenza, a modificare i vaccini e a rimodellare un nuovo piano vaccinale. Nelle aree povere, il virus potrebbe continuare a circolare, come la peste: i paesi ricchi sono i primi ad ‘accalappiarsi’ le fiale ma le persone che vivono in aree disagiate, senza potersi permettere misure igieniche adeguate di prevenzione e le cure necessarie, continueranno a morire. 

La fine della pandemia, quindi, potrebbe avvenire in modo diverso in base alle aree del mondo, molto dopo da quella che effettivamente percepiremo. 

https://www.rfi.fr/en/science-and-technology/20201221-why-the-covid-19-virus-will-keep-mutating

Le ultime novità sull’efficacia dei vaccini contro le varianti del coronavirus

https://www.corriere.it/cronache/21_febbraio_28/muore-operatore-sanitario-vaccinato-richiamo-colpito-variante-inglese-0fa79b60-7996-11eb-b9cd-5eae78a2031e.shtml

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