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La libertà coniugata alla responsabilità ai tempi del Covid: diritto alla salute e alla libertà di movimento

Il Covid-19 è virus che, diffuso in tutto il mondo, ha causato centinaia di migliaia di morti in tutto il pianeta, senza contare i quasi 100 milioni di contagiati. Di fronte a questa pandemia sono state prese delle misure volte a contrastare la diffusione del virus che però hanno minato il delicato equilibrio tra rapporti sociali ed economici: infatti, come è possibile conciliare la libertà di circolazione con il diritto alla salute quando sono entrambi tutelati dal nostro ordinamento?

Fortunatamente la costituzione italiana, con l’art.16, stabilisce che la libertà di movimento dei cittadini può essere soggetta a restrizioni “per motivi di sanità o sicurezza”; questi ultimi pertanto rappresentano dei motivi validi in grado di porre un limite ad una delle principali libertà individuali, cioè quella di spostamento.

Queste limitazioni sono state messe in atto da parte del governo con l’intento di salvaguardare l’interesse della collettività alla salute di tutti; si tratta di un intento sicuramente nobile, di natura eccezionale, che però ha dovuto fare i conti con una delicata situazione economica e sociale particolarmente aggravatasi a causa delle decisioni stesse.

La situazione è ancora fluida, si è cominciato da poco a distribuire il vaccino per i soggetti particolarmente a rischio, come il personale sanitario, ma una soluzione finale è ancora lontana; nel frattempo, credo che sia importante continuare a rispettare le limitazioni alla nostra libertà di spostamento imposte dal governo perché esse rappresentano l’unico modo per contrastare efficacemente la diffusione del virus. Ritengo infatti che il diritto alla salute venga prima della libertà di spostamento e pertanto è giusto rinunciare temporaneamente (e sottolineo temporaneamente) ad una delle nostre libertà individuali.

In fondo non mi sembra un grosso problema non poter uscire con i miei amici perché sicuramente, alla fine di questo tunnel, tornerò ad abbracciare i miei compagni e dimenticherò presto i brutti momenti; e se c’è un prezzo da pagare per la salute di tutti, mi sembra un prezzo veramente molto basso. La cosa triste invece riguarda quelle famiglie che vivono con le attività commerciali che sono state costrette a chiudere, come le palestre, i teatri o i locali per feste, che da marzo non riescono a svolgere il proprio lavoro con continuità. Ritengo che per queste categorie di persone, infatti, non abbia molto senso parlare di limitazione alla libertà di spostamento in favore del diritto alla salute, in quanto, a causa di queste misure restrittive, esse non riescono a garantire il sostentamento per loro stessi e le proprie famiglie. Per tale motivo quindi la questione principale non è rinunciare alle libertà individuali in favore del diritto alla salute, ma piuttosto garantire il cosiddetto “piatto a tavola”. Questa mia opinione potrebbe non essere condivisa da tutti, ma sono convinta che essa rappresenti il nocciolo della questione in grado di mettere in ombra il quesito iniziale: libertà di movimento o diritto alla salute?

Ginevra Sabella III C