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Benvenuti in Italia: il Governo e lo strano caso del plasma iperimmune

Benvenuti in Italia, l’unico Paese dove i programmi d’inchiesta televisivi sono l’unico ingranaggio in grado di smuovere le acque in situazioni che rimarrebbero altrimenti senza esito di alcun genere. Elemento fondante su cui si staglia questo divertente teatrino è l’italiano medio che o mette i suoi interessi davanti quelli della comunità o è volenteroso, ma bloccato dalla “rapida” burocrazia nazionale.

Nella puntata di oggi esamineremo la figura del virologo: variante endemica italiana che tende ad essere in disaccordo con i suoi simili, anche se come tutti loro si basa su “attenti studi” dai quali si evince la “chiara verità” sul fatto. Per citare un caso: il tentativo di curare i malati COVID con il plasma dei guariti, che dopo un anno di difficoltosa sperimentazione (portata a termine grazie ad un servizio d’inchiesta de “Le Iene”), che ha mostrato esiti miracolosi, per un virologo, e nulli per un altro a distanza di 10 giorni. Purtroppo l’episodio si gioca sulla pelle delle persone che continuano a morire.

Fortunatamente lo show vanta anche la presenza di idee fantasiose rispetto al resto del mondo, che danno colore alla vita quotidiana, peccato sia il nero. Ad esempio mentre in tutti gli altri banali luoghi della Terra un chirurgo sa fare i vaccini, in Italia ci vogliono corsi di 3 mesi. O ancora, poiché aborriamo la monotonia della vita quotidiana, non possiamo usare un comune edificio, come una grande scuola o un prefabbricato dal prezzo ragionevole, bensì delle stanze da € 400mila a forma di primula per fare un vaccino (vaccino che tra l’altro non abbiamo).

Lo show è davvero comico e ricco di colpi di scena: quando credi che i personaggi abbiano toccato il fondo, riescono a scavare più in basso.

Una critica che va fatta è che non imparando mai la lezione (i personaggi) le scene diventano ripetitive.

In definitiva ve lo consiglio per quattro risate, ma non provateci a casa.

Lo strano caso del plasma iperimmune

La pratica di usare il plasma (un componente del sangue) dei guariti da una determinata malattia portata da virus o batteri nasce all’inizio del ‘900. Sostanzialmente una trasfusione di sangue da un guarito da una certa malattia ad un paziente infetto (della stessa) può essere sufficiente a curarlo. Infatti tra le varie componenti nostro sangue ci sono anche gli anticorpi responsabili della difesa del nostro corpo da virus e batteri e quindi dalle malattie.

Questa pratica è risultata essere efficace per un gran numero di malattie, tra cui la SARS, coronavirus stretto parente di quello che attualmente ci ha condotti in una pandemia.

Quindi c’erano ragionevoli motivazioni per pensare che funzionasse anche per il COVID-19.

Tra aprile e maggio 2020 sono cominciati gli studi in Italia (in Paesi come la Cina anche prima), che hanno finito per interrompersi misteriosamente finché la nota trasmissione “Le Iene” non ha messo in luce la situazione e si è arrivati al dunque. Alla fine di febbraio 2021 il virologo Massimo Franchini (anche intervistato nel servizio del programma sopracitato) ha annunciato che la sperimentazione sui malati aveva avuto un riscontro più che positivo, con individui in situazioni medio-gravi quasi tutti guariti (91%) in breve che si poteva utilizzare come cura.

Dopo circa 10 giorni un altro virologo, il Prof. Bassetti, ha annunciato che gli effetti sui pazienti trattati con questo metodo non c’erano e che infatti confrontando i dati dei guariti nelle stesse condizioni e nello stesso periodo dell’anno precedente erano gli stessi, con o senza plasma, e che l’errore del collega stava nella sperimentazione su un numero molto limitato di pazienti, cosa che aveva falsato i dati.

A prescindere da chi abbia ragione (ci auguriamo Massimo Franchini perché la situazione COVID migliori) il caso è esemplificativo dei tanti paradossi italiani.

Gli uomini di scienza devono enunciare teorie solo se provate da esperimenti. Pertanto non dovrebbe essere possibile che due virologi si smentiscano l’un l’atro per (presunti) errori così banali o che si attacchino senza prove (se ad aver torto è Bassetti).

In scienze è spesso capitato che gli scienziati abbiano corretto enunciazioni di colleghi, ma solo quando non avvalorate in precedenza da prove (esperimenti) e noi uomini moderni non ci possiamo più permettere banalità simili.

Se invece si trattasse di un errore molti diranno che errare è umano ma è anche vero che perseverare è diabolico e nel nostro Paese non si ha una tesi sulla quale tutti i virologi siano d’accordo e per il ragionamento di prima sfociamo nell’assurdo.

Comunque sia a 20 giorni di distanza dalla smentita ancora non si sa nulla di nuovo o di certo sulla possibile applicazione di questa terapia.

Lorenzo Francesco Aulisa 3C