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“Poenulus”, commedia plautina. Recensione di Michele Scibilia

“Poenulus” è una commedia del commediografo latino Tito Maccio Plauto, conosciuta anche col nome di “Il cartaginese” e messa in scena, intorno al 200 A.C., dopo la fine della seconda guerra punica.
La commedia ha come protagonista Agorastocle, un bambino di sette anni, che viene rapito da Cartagine e portato in Etolia. Qui, viene adottato e cresciuto da un ricco padrone e fa la conoscenza di due sorelle, anche loro rapite da bambine e divenute serve del ruffiano Lico. Il giovane Agorastocle si innamora quindi di Adelfasia, la maggiore delle due fanciulle, la quale era stata però già promessa al soldato Antamenide. L’astuto servo di Agorastocle di nome Milfione, concepisce allora un inganno per mandare in rovina Lico e permettere così al giovane padrone di conquistare la sua amata. Il piano funziona e arriva in città il cartaginese Annone che riconosce nelle due fanciulle le sue figlie rapite e nel giovane Agorastocle suo nipote, figlio del defunto fratello. Nella conclusione della commedia il ruffiano si arrende e dopo aver concesso ad Agorastocle di avere in sposa la figlia Adelfasio, Annone riesce finalmente a riabbracciare la famiglia che aveva perduto.
Tra i personaggi principali della commedia, si distingue il già citato Agorastocle, che presenta le caratteristiche dello stereotipo plautino dell’adulescens, reso folle dal suo amore per la fanciulla Adelfasio e aiutato da Milfione, il servus callidus che con la sua astuzia riesce ad ingannare il ruffiano, nemico del protagonista in quanto gli nega la mano della fanciulla ambita. Egli è rappresentato come un uomo senza scrupoli, ma non per questo crudele, che alla fine realizza di essere stato ingannato e accetta di scontare la sua punizione. Altri personaggi sono poi il cartaginese Annone, che dà il titolo all’opera e si fa manifesto dell’agnitio, uno dei temi ricorrenti nelle commedie plautine. Egli riesce, infatti, a ricongiungersi con il protagonista che riconosce come suo nipote e con le due figlie perdute, ritornando in patria con la famiglia che credeva perduta.
La commedia presenta caratteristiche peculiari del linguaggio plautino, aprendosi con un prologo dove la trama della commedia è presentata dallo stesso autore, che si rivolge direttamente allo spettatore rompendo la cosiddetta quarta parete. Ne sono un esempio battute come, “di essere oro è oro spettatori, ma per la nostra storia faremo finta che siano filippi” o “si seggano tranquillamente sulle scalinate sia quelli che hanno già mangiato, sia coloro che sono rimasti a pancia vuota e che qui si rimpinzeranno di commedie”.

Plauto utilizza un linguaggio semplice e informale poiché il suo obiettivo è quello di suscitare le risa del suo pubblico, ricorrendo anche a parole di sua invenzione come Punicast o guggast, ottenute dall’unione del rispettivo sostantivo con il verbo latino sum.
L’unica critica che rivolgerei contro l’opera è la scarsa profondità dei personaggi, poiché non viene ad esempio esplorato il conflitto interiore del ruffiano o del giovane Agorastocle, ma semplicemente accennato in chiave comica. Una peculiarità del Poenulus che ho invece molto apprezzato molto è quella di proporre allo spettatoreun finale alternativo, che raggiunge comunque un lieto fine, ottenuto creando uno scenario ipotetico dove alcune delle decisioni prese dai personaggi sono differenti rispetto a quelle del finale originale. Quest’ultimo elemento in particolare insieme alla varietà di temi affrontati rende questa commedia molto attuale e pertanto ne consiglio caldamente la lettura.

Michele Scibilia, III I