Scopriamo insieme le città del medioevo

Il libero comune in Italia nacque durante il 1300 per la mancanza di un potere imperiale effettivo e portò la popolazione ad amministrarsi da sé. Tuttavia, non erano governi riconosciuti dall’imperatore, lo divennero solamente nel 1183 con la pace di Costanza, in cui l’imperatore concesse l’esercizio delle regalie imperiali ai singoli comuni a patto che questi riconoscessero l’autorità del re.

Con la nascita dei comuni, si diramano anche nella popolazione dei pensieri laici, pensiamo a Guglielmo D’Ockham o a  Francesco Petrarca. “Il re è imperatore dei suoi regni” questo era uno dei principi più popolari ai tempi.
Nonostante le diversità tra i diversi comuni italiani, ci sono anche delle analogie. Ogni comune occupava uno spazio circoscritto da mura difensive dotate di torri di avvistamento con feritoie. Le abitazioni cittadine erano minute e addossate tra loro; come materiale era molto diffuso il legno per la realizzazione di solai (diffusi maggiormente a sud dell’Europa). Poi con la crescita demografica del ’200 si iniziarono a incrementare materiali come la pietra o i mattoni. Spesso, alle case erano unite anche le botteghe artigiane, che si aprivano a piano terra sul fronte della strada.
Le famiglie nobili inizialmente continuarono a vivere nelle loro campagne, poi si trasferirono nelle città, poichè attratti dalla possibilità di incrementare il proprio patrimonio finanziario.
Le vie erano irregolari a causa di dislivelli del terreno e avolte tornavano utili per spezzare la forza del vento invernale e difendersi contro il sole estivo. Esistevano vie dove abitavano i gruppi di forestieri o vie dove si raccoglievano gli artigiani dediti ad uno stesso mestiere, come ricordano i nomi di alcune strade ancora oggi: via degli Orefici, via dei Funari, via dei Mercanti.  Le strade e le piazze formavano uno spazio pubblico articolato, che rispondeva a diverse funzioni come il passaggio dei pedoni e dei carri, i mercati, le cerimonie, le riunioni. La città medievale era policentrica, infatti di solito troviamo tre piazze dove risiedevano i poteri principali: la spiritualità, lo stato e la classe emergente dei mercanti, quindi la piazza religiosa, dove si trovava la cattedrale e si svolgevano le manifestazioni religiose, la piazza politica, più ampia, dove si trovavano i palazzi delle magistrature, ed era destinata alle adunanze dei cittadini e la piazza economica, sede del mercato.
Tra i comuni più fiorenti, troviamo Siena. L’urbanistica di questa città è complessa, sia causa della terra sia a causa delle indicazioni topografiche del tempo non certe. La piazza del Campo di S. indica un costante innovativo ingrandimento progettuale. L’assetto urbano senese è stato molto influenzato dalla nuova centralità italiana (via Francigena-Tevere / via Cassia-Chiana).
L’elemento iniziale del processo di urbanizzazione di S. fu il colle di Civitavecchia. Più si consolidava il potere dei cittadini, più il comune continuava a estendere il controllo sui principali signori feudali del contado, inurbanando i contadini, unificando poi con il podestà l’assetto della città di S..
Il Duomo della città di S. si è da sempre imposto come un punto di riferimento geografico, ma soprattutto religioso. Infatti proprio durante l’età comunale le chiese e i conventi erano in simbiosi con il popolo perché contribuivano ad aiutare la popolazione durante i periodi di carestia o di peste, come ad esempio quella del 1348. Spesso, questi gesti erano indipendenti da una vocazione spirituale: ponendo le basi del volontariato attuale. La chiesa in età medievale offriva servizio a tutta la popolazione, senza distinzione. L’assistenza era per tutti nei casi di necessità, ma erano dei servizi maggiormente utilizzati dalla classe meno abbiente, nonostante fosse a suffragio universale. La Chiesa come abbiamo visto si impone come un vero e proprio ente assistenziale.
Sembra un po’ ricordarci il nostro ultimo anno vissuto tra mascherine e tamponi. Molti enti danno assistenza a noi, dai privati ai pubblici.
Sperando di uscirne più forti e guardando indietro solo per ricordarci chi siamo.

Testo e foto di

Marianna Lo Piano, III I