Il mercato delle armi: Italia al nono posto nel mondo

Nel mondo, il mercato delle armi è uno dei settori più redditizi ma anche più controversi sin dalla notte dei tempi. A livello globale, l’Italia si è guadagnata il nono posto nella classifica internazionale dei maggiori paesi produttori ed esportatori di armi. Il settore armiero, in Italia, da lavoro a più di 150 mila persone e si stima che i ricavati dalla produzione ed esportazione di armamenti e tecnologie militari, negli ultimi 5 anni, sia stata di circa 34 miliardi di euro, con una crescita di anno in anno sempre maggiore. 

L’industria bellica è, senza alcun dubbio, un pilastro importante che sorregge l’economia del nostro paese. Se quello delle armi, però, è un mercato così solido e così ben remunerativo: perché è anche il giro d’affari più controverso che riguarda la nostra nazione, innumerevoli paesi della NATO (The North Atlantic Treaty Organization), dell’unione europea, del mondo? Quali sono, in realtà, gli “scheletri nell’armadio” che, ancora oggi, dopo svariati anni di polemiche, battaglie giuridiche e sociali,  rimangono celati e fanno prosperare e, anzi, accrescere quella che può essere oggettivamente definita una continua “corsa all’oro”?

Prima di spiegare a quali paesi l’Italia vende gli armamenti militari, è doveroso fare un quadro generale per mostrare quali sono le maggiori aziende produttrici di armi che controllano il mercato: al primo posto vi è Leonardo s.p.a. che controlla quasi l’80% del mercato, seguono RWM Italia s.p.a., MBDA s.p.a. e altre industrie tra le quali, una delle più note, la Beretta s.p.a., che produce fucili d’assalto e armi leggere che vengono date in dotazione a forze di polizia e forze armate sia del nostro paese sia di altri innumerevoli stati tra i quali USA, UK,  Francia, Germania. In questi casi non vi sono violazioni.

Ci sono, tuttavia, alcuni punti salienti sui quali è importantissimo soffermarsi per comprendere in quali casi l’Italia non potrebbe vendere ed esportare armi: è vietata la vendita, l’esportazione e il transito di armamenti militari da parte dello stato verso nazioni in cui la politica sia in contrasto con l’articolo 51 della carta delle nazioni unite; è, inoltre, illegale la vendita di armi qualora vi sia un conflitto con l’articolo 11 della costituzione: cioè, nel momento in cui un determinato stato sia in guerra, o nel caso in cui non si rispettino i diritti umani. Si può prendere in considerazioni la Turchia: è possibile, dunque, vendere armi ad una nazione che da svariati anni è impegnata nel conflitto curdo-turco; una nazione che è ritenuta, da tutti gli enti competenti delle nazioni uni te, dell’ UE o del consiglio d’ Europa, irrispettosa in materia di diritti umani?

É legale, dunque? Da una parte, sarebbe legale, poiché la Turchia è una nazione appartenente alla NATO e non è sottoposta a nessun embargo; d’altra parte, però, sarebbe anche illegale a causa della legge 185 promulgata nel 1990 e anche al sopraccitato articolo 11 della costituzione e al 51 della carta delle nazioni unite.

Una domanda sorge spontanea: se è illegale, perché dal 2016 l’Italia vende armi alla Turchia con un fatturato di miliardi di euro? Per dare una risposta definitiva, si prenda in considerazione il decreto che blocca la vendita e l’esportazione di armi: il suddetto documento bloccherà i contratti futuri, non quelli in corso; pertanto, si continueranno a vendere armi alla Turchia fino alla scadenza dell’accordo.

Francesco Scarpino Cheli