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FALLIMENTO DAD, AUMENTO DEI CASI DI DEPRESSIONE TRA I GIOVANI

In questi mesi si è sentito molto parlare del Covid19, argomento principale di discussione tra esperti e meno esperti.
Il virus che attanaglia la popolazione, non ha solo modificato le nostre abitudini, dall’uscire sempre con la mascherina all’utilizzo maniacale di gel detergenti e derivati, ma ha anche trasformato del tutto la vita di grandi e piccini.
A pagarne maggiormente le conseguenze, sembrano essere i più giovani, privati non solo della vita sociale, ma addirittura da quelle forme più basilari di interazione faccia a faccia che si sperimentano all’interno di una classe.
Perché per dei ragazzi che stanno crescendo, la scuola non è solo un complesso di istituzioni finalizzate all’insegnamento dei fondamenti del sapere, ma soprattutto un luogo in cui crescere confrontandosi gli uni con gli altri specialmente in momenti come quelli che la popolazione umana sta vivendo.
Infatti, in base agli studi effettuati sulla maggior parte dei minorenni, la pandemia si è tradotta in disturbi d’ansia, sensazione di fiato corto, disturbi del sonno e instabilità emotiva con repentini cambi d’umore.
Secondo lo studio condotto dall’ospedale Gaslini di Genova in questi giorni si possono riconoscere forti disturbi post-traumatici da stress.
Infatti, secondo Don Giovanni Fasoli, psicologo e docente dell’Università di Venezia-Mestre: “Il lockdown non è stato per bambini e ragazzi solo un isolamento forzato, finito quando abbiamo riaperto le porte di casa, ma ne rimangono tracce e vanno oltre”.
Una conseguenza di questa pandemia è la DAD, didattica a distanza, che sfinisce alunni e insegnanti, costretti a lezioni impersonali, impossibilitati di appassionare e trasmettere l’amore per le materie insegnate.
È necessario, dunque, considerare l’impatto psicologico della chiusura totale che nei giovani si esprime nella difficoltà di riuscire a seguire le lezioni attraverso uno schermo. Stando alle confessioni di alcuni ragazzi, la maggioranza fatica a svegliarsi per iniziare le video-lezioni e ad addormentarsi la sera.
La cura a questo problema? Secondo Don Giovanni Fasoli: “Dobbiamo ascoltarli, dare la possibilità ai ragazzi di verbalizzare i loro vissuti”.
Secondo Maria Loades, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e ricercatrice del dipartimento di psicologia chimica dell’Università di Bath, Inghilterra: “c’è una forte associazione tra solitudine e depressione nei giovani, sia nell’immediato sia sul lungo termine. Questo effetto può rimanere latente”.
Che supporto poter dare a questa generazione? Basterebbe semplicemente rafforzare i servizi di salute mentale? Speriamo soltanto di poter uscire da questa pandemia con meno danni mentali possibili.

Testo e foto di

Luana Arena, V E