Agatha Christie – intervista impossibile

Ciao Agatha, siamo emozionati e contenti di averti qui. Nonostante tu sia molto famosa, ci potrebbero essere persone che non ti conoscono, potresti presentarti ai nostri ascoltatori?

Con piacere, ciao sono Agatha Mary Clarissa Christie ovvero una giallista inglese dei primi del novecento.

-Ci potresti raccontare della tua infanzia?

Sono cresciuta in una famiglia ricca; quando mio nonno Nathaniel morì lasciò a mia madre Clara 2000 sterline. Senza pensarci nemmeno un attimo lei comprò la villa dove ho passato l’intera infanzia, Ashfield, a Torquay in Inghilterra. Vi prego perdonatemi se sono un po’ distratta, ma ogni volta che parlo di Ashfield mi vengono in mente dei ricordi stupendi con i miei due fratelli.

-I tuoi due fratelli?

Louis e Margaret

-Bene, senti Agatha, anche in tenera età hai mostrato dell’interesse per la scrittura?

Assolutamente, anche perché se avessi seguita la strada indirizzata da mia madre avrei fatto la “mogliettina”. Da questo potete ben capire che se non avessi spinto io sin dall’infanzia non avrei mai fatto la scrittrice.

Per farvi un esempio, mia madre aveva intenzione di insegnarmi a leggere a otto anni ma io mi annoiavo così imparai da sola a cinque. Amavo le favole, la passione per la lettura è una cosa che ho sempre avuto, i libri riempivano i vuoti delle giornate. Appena avevo del tempo leggevo mentre, per quanto riguarda la scrittura, avevo una stupefacente immaginazione; unendo quest’ultima con l’amore per i libri, pian piano diventai la giallista che sono.

-Sappiamo che purtroppo ci furono anche momenti brutti, potresti parlarne?

A undici anni è morto mio padre e questo segnò la fine della mia infanzia, in più durante quel periodo, io che ricevetti un formazione a casa, cominciai a studiare fuori; e non mi piaceva per niente, volevano per forza che io mi sottomettessi alla disciplina rigida di quella brutta scuola di Torquay. Queste due cose sommate alla paura di dover vendere la villa per problemi economici mi fecero passare un momento molto brutto.

-Questo però ti portò a scrivere?

Si ma prima, a quindici anni, spostai i miei studi in Francia, a Parigi, in una scuola di perfezionamento che sicuramente mi aiutò a farlo. Solo a diciotto anni cominciai a scrivere grazie anche ad un nostro amico di famiglia, Philpotts, che era uno scrittore.

-Poi cosa successe?

Mia madre non stava molto bene di salute, a tirarmi su però fu fare la conoscenza di Archie, il mio futuro marito, che allora era un eccellente pilota. Poi nel 1919 con la fine della guerra nacque la nostra unica e bellissima figlia, Rosalind, e nello stesso hanno pubblicai i miei primi cinque manoscritti gialli.

-A proposito, è vero che le prime cose le hai scritte solo per scommessa?

Verissimo, mia sorella Margaret non credeva proprio che sarei riuscita a diventare una scrittrice e sbagliava.

-Ma passiamo ad un personaggio amato da tutti i fan dei suoi libri: Hercule Poirot, a chi si ispirò per la creazione di questo personaggio?

Durante la prima guerra mondiale c’erano rifugiati belgi in molte parti della campagna inglese e Torquay non faceva eccezione. Sebbene non fosse basato su nessuna persona in particolare, pensai che Poirot poteva tranquillamente essere uno di questi.

-Subito dopo cosa successe?

Dopo varie pubblicazioni cominciò il momento ispirativo della mia vita,  lasciando nostra figlia a casa, io ed Archie viaggiammo per tutto il mondo e questo infatti mi aiutò molto per i miei libri. Successivamente iniziò il secondo momento brutto della mia vita.

-Perché, cosa accadde?

La mia cara mamma morì nel 1926 e mi intristii così tanto da entrare in depressione. Non davo più la giusta importanza alla mia famiglia, a mia figlia e ancora meno a mio marito che mi tradii con un’amica di vecchia data e questo mi distrusse. Scappai di casa ma fui riconosciuta da un musicista che avvertì la polizia e mandò in frantumi il mio viaggio segreto. Tornata a casa mi separai da mio marito e lasciai l’Inghilterra per andare con mia figlia Rosalind sulle isole Canarie.

-Gli anni successivi furono altrettanto difficili per te, Agatha?

-Non proprio, mi ripresi gradualmente grazie anche al mio interesse per il Medio Oriente che mi portò a conoscere una coppia di archeologi, i quali mi fecero incontrare Max.

-Chi è Max?

Max era un apprendista archeologo, nonché il mio secondo marito. Mi chiese la mano 11 settembre del 1930. Io e lui amavamo i viaggi, ho sempre pensato che se non fosse stato così non saremmo poi stati a lungo insieme. Inoltre durante quegli anni nacque il personaggio di Miss Marple.

-Nel 1930?! Non è l’anno della tua trasformazione in Mary Westmacott?

Non proprio però si, tra il ’30 e il ’40

-Agatha, come mai hai sentito il bisogno di creare una nuova identità?

Vedi, in realtà con il passare degli anni il personaggio di Poirot iniziò a piacermi sempre meno e a stancarmi sempre di più. Ma dato che dai lettori era tanto amato, continuai a scrivere di lui. Inoltre avevo troppa paura di deludere le aspettative degli altri, e dato che con il nome di “Mary” scrivevo specialmente romanzi rosa, non avrei mai voluto che i miei gialli passassero in secondo piano.

-Scusa se ho cambiato il discorso. Comunque suppongo che è anche per questo che hai creato il personaggio di Miss Marple, che hai nominato prima.

Figurati, ad ogni modo il motivo per cui mi piace tanto questo personaggio è perché ribalta completamente la figura del detective scelta dai giallisti; è la prima donna a svolgere indagini, e poi è zitella, anziana, provinciale, impicciona e astuta.

-In quegli anni cos’altro accadde?

I viaggi con Max danno i loro frutti; pubblicai tanti libri dedicati al Medio Oriente e non solo. E quando Max tornò incolume dalla Seconda Guerra Mondiale tutte le mie preoccupazioni svanirono.

Sara Pollina