Letteratura giapponese: lost in traslation

Letteratura giapponese: lost in traslation

La letteratura giapponese risulta, tuttora, alquanto nuova alla scena italiana, e, in generale, europea. Dal Genji monogatari, primo romanzo riconosciuto della letteratura giapponese, fino alle opere di Kirino e Murakami l’avanzata di libri made in Japan sembra quasi inarrestabile: la cultura giapponese in tutte le sue mille sfumature, storiche, religiose o drammaturgiche, riempi scaffali interi di librerie e lancia uno sguardo interessato alla scena mondiale, iniziando a brillare sempre più. Ma come ci giungono queste opere?

Il problema della correttezza della traduzione si pone da sempre, per qualsiasi lingua: ancora ad oggi traduzioni di testi latini letti e riletti, studiati e ristudiati appaiono da nuovi studiosi. La traduzione non è nulla di nuovo né la ricerca della “traduzione perfetta” ma, con l’avvento di testi nuovi, si pongono sempre più dubbi. Per non parlare del fatto che il giapponese è stata una lingua a lungo ignorata dagli studiosi italiani e ciò ci ha portato ad avere traduzioni piuttosto dubbie dei primi capolavori approdati oltreoceano. Se solo si pensa alla storia della traduzione del Genji monogatari, la cui composizione risale addirittura all’anno mille, ci si rende conto di quanto poco venisse valutata non solo la lingua ma, più in generale, la cultura del paese del Sol levante. Questo libro non è solo un importante simbolo del passato di uno dei paesi che più affascinano la società contemporanea ma getta anche una luce molto particolare sull’avanguardia della cultura giapponese: per quanto possa sembrare assurdo, non appena lo si inizia a leggere, si ha l’impressione di avere fra le mani un libro moderno, infarcito di dettagli storici precisi, ma nulla di più. Risulta veramente difficile per un lettore occidentale credere che nello stesso periodo in cui questo romanzo veniva composto (tra l’altro per mano di una donna, cosa che all’epoca fece scalpore nello stesso Giappone), da noi spadroneggiavano le copiature di testi antichi da parte di monaci analfabeti. Però, purtroppo, la prima edizione italiana del Genji monogatari appare come la prima vittima del massacro della traduzione italiana ai danni delle opere giapponesi. Infatti, questo, insieme a molti altri titoli, non fu tradotto dal giapponese, bensì da una traduzione inglese.

Fortunatamente il morbo delle traduzioni filtrate dall’inglese oramai può dirsi debellato, anche se comunque resta impresso nella storia editoriale e spesso ricompaiono queste versioni “vecchie”. L’interesse per la cultura nipponica non si è limitato all’estetica ma è sfociato anche nella lingua, tant’è che adesso l’Italia può vantare eccellenti traduttori. Però sorge un altro problema, ovvero che determinati autori, a causa di un numero troppo esiguo di traduttori o di un disinteresse da parte del mondo della letteratura italiana, non sono ancora approdati nel nostro paese. Alla base di questa scelta può esservi anche una decisione più fine: infatti, l’italiano, a differenza del giapponese, non ha delle distinzioni di formalità, cosa che rende spesso le traduzioni complicate per coloro che vi lavorano sopra, che si vedono costretti a fare scelte linguistiche di elevata importanza. Il registro utilizzato per un libro potrebbe non andare bene per un altro o potrebbe essere contestato da altri traduttori. E’ anche giusto ricordare che l’Italia non ha al suo interno una comunità giapponese consistente, come invece è per la Francia. Questo dato è importante perché ridefinisce anche i confini della letteratura giapponese: tornando all’esempio della Francia, che traduce molte più opere dal giapponese rispetto all’Italia, è importante dire che una cospicua parte della comunità giapponese che ha scelto di lavorare nell’ambito della letteratura ha deciso di ambientare i suoi lavori in Giappone e no in Francia. Anche qui, ovviamente, le polemiche riguardo alla legittimità o meno di riconoscerla come letteratura giapponese si sprecano ma, senza dubbio, non si pone un problema di traduzione.

Il futuro della traduzione, però, non sembra incerto, grazie al fiorente  interesse per le lingue asiatiche, e ci sono buone probabilità di avere testi tradotti in modo da essere leggibili per chiunque senza allontanarsi dalle loro radici e riportando fedelmente realtà diverse.

Lavinia Mazzacurati