LA BUONA NOVELLA di Fabrizio De Andrè

“La buona novella” è un album discografico del cantautore genovese Fabrizio De Andrè, uscito nel novembre del 1970.

Questo è uno degli album più significativi del cantautore, egli stesso lo definiva come uno dei suoi lavori meglio riusciti. La carica innovativa di questa opera risiede nel raccontare la storia di Gesù Cristo, della sua famiglia e del suo tempo distaccandosi un po’ dal contesto religioso. La figura di Cristo che possiamo trovare non è quella del figlio di Dio, né quella di un santo, bensì quella di un uomo straordinario che predicava la pace, la fratellanza, l’uguaglianza, in tempi non sospetti. La canzone “laudate hominem” recita infatti “non voglio pensar che è figlio di Dio, ma figlio dell’uomo, fratello anche mio”: perché non vedere quest’uomo come tale, in modo da poter cercare di seguire ciò che predicava? perché invece vederlo come divinità, ineguagliabile, perdendo in partenza ogni possibilità di seguire concretamente i suoi insegnamenti?

Come accade spesso nelle canzoni di De Andrè non mancano riferimenti agli “ultimi”. Vediamo infatti come non solo ci venga fornita un’interessantissima figura di Gesù e Maria, ma anche dei due ladroni crocifissi con Gesù. Questi due personaggi svolgono spesso una funzione più che secondaria: sono solo ulteriori dettagli che servono a dare ai fedeli un quadro della grandezza della misericordia di Cristo, il quale porta uno dei due ladroni in paradiso con Lui, nonostante tutto. Fabrizio De Andrè fa qualcosa di diverso: con “il testamento di Tito” da dignità a questo personaggio, spiegando le buone motivazioni che possono condurre un uomo ad allontanarsi dalla fede, a non rispettare quelli che sono i dieci comandamenti. In questa canzone, Tito, un ladrone, figura che spesso altro non rappresenta per noi che un pretesto per sentirci persone migliori offre a tutti noi una lezione e un grande spunto di riflessione: mette in contrapposizione ciò che viene considerato sbagliato, ma che nei fatti non causa dolore a ciò che è lecito per le religioni e per il “buon senso” ma crea sofferenze agli uomini.

Ma la parte che in assoluto preferisco di questo album è il modo assolutamente poetico e pieno di stima con cui è rappresentata la donna. Vediamo una Maria reale: una ragazza costretta a sposarsi da giovanissima, impaurita dalla vita e da una gravidanza avvenuta mentre suo marito è fuori per lavoro. Maria in quanto donna, non è esaltata, come nelle scritture, perché vergine, ma perché, con estremo coraggio (ma non senza paura) affronta quello che la vita le pone davanti. Non vediamo una donna da santificare in quanto casta, ma una madre che soffre per suo figlio, che lo piange ai piedi della croce, una bambina spaventata dal mondo, una ragazza che ha paura di annunciare qualcosa per cui potrebbe essere ripudiata. In particolare possiamo osservare questa raffigurazione nei brani “tre madri”, “Maria nella bottega di un falegname”, “Il sogno di Maria”, “L’infanzia di Maria”

Tutte le canzoni, che penso proprio si possano definire poesie presentano un linguaggio così accurato da rappresentare perfettamente la realtà. Le frasi dei testi di De André, così armoniose anche nel descrivere un dolore, non ci fanno solo capire gli stati d’animo e le situazioni, ce li fanno vivere. Personalmente mi rimane impossibile ascoltare “la buona novella” senza rabbrividire.

Il cantante, parlò così dell’LP: “Ho scritto queste canzoni in pieno 68 e resto convinto che abbiano una forte carica rivoluzionaria. Con La Buona Novella ho voluto dire ai miei coetanei di allora: guardate che le nostre stesse lotte sono già state sostenute da un grande rivoluzionario, il più grande della storia… Gli insegnamenti di Cristo: abolizione delle classi sociali e dell’autoritarismo e creazione di un sistema egualitario. Gesù ha combattuto per una libertà integrale, piena di perdono. Il perdono è un elemento straordinario.”

Valeria Del Sordo 4N