L’acqua è in pericolo

Il ciclo della plastica che inizia dall’uomo e termina in esso

In questi ultimi tempi l’inquinamento ambientale aumenta giorno dopo giorno, è un problema globale che può sconvolgere irreversibilmente interi territori.

L’inquinamento da plastica interessa soprattutto le superfici marine del pianeta, e si calcola che dai 4 al 12 milioni di tonnellate finiscano nei mari di tutto il mondo ogni anno.

I 4/5 dei rifiuti entrano in mare sospinti dal vento o trascinati dagli scarichi urbani, dai fiumi o scaricati dalle navi, accumulandosi in un’area situata nel Pacifico: il Great Pacific Garbage Patch, detto anche “Pacific Trash Vortex”, causato anche dall’azione della corrente oceanica chiamata “Vortice subtropicale del Nord Pacifico”.

L’accumulo si è formato a partire dagli anni ’80, a causa dell’incessante inquinamento da parte dell’uomo, e si ritiene che questa isola di plastica sia come un continente in crescita, che misuri circa 1,6 milioni di km² e che contenga 80.000 tonnellate di rifiuti.

La scoperta risale al 1988 da un documento della, National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti, i cui risultati erano basati su dati ottenuti da diversi ricercatori con base in Alaska che, fra il 1985 e il 1988, rilevarono aggregazioni di materiali plastici nel nord dell’Oceano Pacifico.

A oggi ci sono almeno altre cinque isole di plastica, di dimensioni più ridotte, collocate nell’Oceano Indiano, nel Nord Atlantico, nel Sud Pacifico, nel Sud Atlantico e nel Mar Mediterraneo.

Le isole di plastica derivano dal problema dello smaltimento e del riciclo di questo materiale.

Nel mondo, da decenni si pone il problema dello smaltimento e del riciclo della plastica. Solamente circa il 20% dei materiali plastici viene riciclato ma la restante parte incenerita, va a finire in mare o nei fiumi. La plastica, una volta arrivata in acqua, per via dell’erosione si frantuma in centinaia di frammenti più piccoli i quali vengono chiamati “microplastiche”.

Le microplastiche possono arrivare a misurare anche 5 millimetri e sono la maggiore causa di morte dei pesci come la platessa o il merluzzo e dei molluschi come cozze o vongole, perché pensando che sia cibo e mangiandole si provoca il soffocamento.

Questo fenomeno va a discapito anche degli umani, poiché le particelle che vengono mangiate da queste specie, oltre ad accumularsi nei loro organi interni, si annidano anche nei loro tessuti, quindi noi mangiando il pesce ingeriamo al tempo stesso frammenti di plastica, i quali essendo microscopici potrebbero essere assorbiti dall’intestino ed entrare in circolo nel sangue.

A lungo andare le sostanze che compongono le plastiche potrebbero arrecare danni all’organismo soprattutto a livello endocrino in quanto i componenti sono tossici.

Recenti studi hanno confermato la presenza di tracce di plastica anche nei vegetali; questo è reso possibile poiché le microplastiche non riescono ad essere filtrate dai depuratori che purificano l’acqua usata per l’irrigazione, e le piante dalle radici l’assorbono contaminata.

Da qui si deduce che ormai la plastica potrebbe trovarsi ovunque, anche nella carne e nel latte. Per di più, anche le industrie che producono prodotti per la cura della persona come cosmetici, detergenti e dentifrici, aggiungono delle micro sfere di plastica che arrecano un duplice danno, sia all’ambiente poiché con il risciacquo queste sfere finiscono nelle acque di scarico e in mare, sia all’uomo perché la pelle non ha un’ adeguata barriera difensiva per impedire l’assorbimento di materiali plastici.

Per contrastare i danni che ormai la plastica sta provocando , numerose persone adottano uno stile di vita “plastic free”, cercando di ridurre il più possibile l’acquisto di prodotti in plastica usando buste riutilizzabili, borracce, prodotti per l’igiene personale solidi e comprando prodotti sfusi, inoltre ci sono associazioni che organizzano delle raccolte sulle spiagge e nelle aree dove vi sono numerosi rifiuti che alterano l’eco sistema.

La sfida che ci attende per i prossimi anni e per i prossimi decenni, è evitare che l’inquinamento uccida il pianeta.

Condoleo Valentina, Monti Aurora, Hu Lili, classe 4C