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Rita Levi Montalcini, la prima donna premio Nobel per la medicina

Rita Levi Montalcini è stata una neurologa accademica e senatrice a vita italiana, vincitrice del premio Nobel per la medicina nel 1986.

E nata a Torino il 22 aprile 1909, in una famiglia ebrea. Considerando la mentalità comune di quegli anni, che portava a considerare la carriera professionale per le donne un ostacolo al loro più naturale ruolo di mogli e madri, Rita Levi Montalcini fu iscritta dal padre alla Scuola Superiore Femminile Margherita di Savoia di Torino. Successivamente, forte della sua autonomia di pensiero, Rita riuscì in qualche modo a ribellarsi all’autorità paterna e a un destino “preconfezionato” e tradizionale e si iscrisse all’Università, alla facoltà di Medicina di Torino. All’età di 21 anni entrò nella scuola medica dell’istologo Giuseppe Levi, dove comincia gli studi sul sistema nervoso che avrebbe proseguito per tutta la vita. Dopo la laurea Rita Levi Montalcini fu ammessa al corso di specializzazione triennale in neurologia e psichiatria, per quanto non avesse ancora la certezza di dedicarsi alla pratica medica o alla ricerca nel campo.  A causa delle leggi razziali, approvate in Italia nel 1938, Rita Levi Montalcini fu costretta a lasciare l’università di Torino e a trasferirsi a Bruxelles, in Belgio, presso il laboratorio del Dr. Laruelle dell’Istituto neurologico, e vi rimase per tutto il 1939. Tornò a Torino qualche settimana prima dell’invasione tedesca del Belgio e lavorò in laboratori di fortuna allestiti, con l’aiuto di Giuseppe Levi e ispirata dall’esperienza simile dell’istologo spagnolo Santiago Ramòn y Cajal, presso la sua abitazione in Corso Re Umberto a Torino e, successivamente, in una casa di campagna vicino Asti.   È stata una donna italiana che ha subito sulla sua pelle gli orrori delle persecuzioni contro gli ebrei. Ma nonostante ciò proprio grazie alle leggi razziali costruì un laboratorio nella propria camera da letto dove ha cominciato le ricerche per le quali ha vinto il Nobel.

La sua carriera si può dividere in tre parti. Quella iniziale in Italia, durante la quale portò avanti le proprie ricerche sul sistema nervoso in un laboratorio costruito nella sua camera da letto a Torino, dopo l’espulsione dall’università in seguito alle leggi razziali del 1938 (in rapporto alle sue origini ebraiche, si definì sempre “totalmente laica”).La seconda iniziò dopo la guerra, quando venne invitata per sei mesi alla Washington University di St. Louis, in Missouri. La invitò l’embriologo Viktor Hamburger, che insieme al suo gruppo di ricerca lavorava su temi simili ai suoi. Rita Levi Montalcini partì e, invece del semestre previsto, rimase negli Stati Uniti per ventisei anni.

La scoperta principale per cui Rita Levi Montalcini vinse il Nobel per la medicina, insieme al suo collega della Washington University Stanley Cohen, fu quella dell’NGF, il Nerve Growth Factor. In una lunga serie di ricerche che si conclusero nei primi anni Settanta e che vennero inizialmente accolte con un certo scetticismo tra gli altri biologi, Rita Levi Montalcini, Cohen e i loro collaboratori identificarono uno dei primi e dei più importanti fattori della crescita, sostanze prodotte dal corpo e responsabili di una grande quantità di processi cellulari. L’NGF in particolare è essenziale per la crescita e il mantenimento dei neuroni, oltre ad avere un ruolo importante nel sistema immunitario. La terza fase della sua attività scientifica iniziò quando si trasferì di nuovo in Italia, dopo il suo pensionamento dagli incarichi universitari negli USA nel 1977. Il CNR di Roma le aveva assegnato un laboratorio, che crebbe fino a diventare uno dei massimi centri di studi biologici in Italia. La sua capacità di lavoro era enorme. Nel 2001, Levi Montalcini fu nominata senatrice a vita dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.Levi Montalcini morì a 103 anni nella sua casa di Roma il 30 dicembre del 2012.

Ho scelto questa donna perché è stata la prima volta che è una donna italiana vince un premio Nobel in una materia scientifica. E’ stato sicuramente un grande passo per noi donne, che soprattutto in questi campi siamo state molto sottovalutate. Un secondo motivo che mi ha portato a sceglierla è il fatto che lei è una donna ebrea che ha dovuto subire le leggi razziali del regima fascista. Non sarà stato facile, seguire i suoi sogni in queste condizioni ma per fortuna ho avuto una grande forza.

Francesca Calabrese, IV B SIA