Elizabeth Anderson: una svolta nella medicina

In tempi come questi, in cui si guarda con preoccupata attenzione a ogni minimo progresso della medicina e in particolare della virologia, per l’attesa cura del coronavirus, echeggia la figura di Elizabeth Garrett Anderson che, nell’Ottocento, volle diventare medico riuscendo ad abbattere una delle più grandi barriere di sempre: l’accesso delle donne ad una professione prettamente maschile.

Senza persone come la Anderson, oggi non ci sarebbero virologi come Maria Rosaria Capobianchi, a capo del team italiano (tutto al femminile)  che presso l’ospedale Spallanzani ha isolato il virus CoVid19.

Ma quali furono le sue battaglie, le sue vittorie, i suoi principi? Fino a qualche decennio fa, le donne non potevano accedere alle Università e a molte professioni, fra cui quella medica, poiché considerate solo maschili.

IL SUO PERCORSO

Proprio in campo medico, nell’800, epoca cruciale per lo sviluppo della moderna microbiologia, virologia e epidemiologia, cominciò un’ impavida lotta delle donne per uscire dal ruolo subalterno ed entrare nell’ambito scientifico da vere protagoniste. Da sempre alle donne veniva riconosciuto un ruolo di accudimento, che in ambito scientifico era ancorato alla professione infermieristica; il passo successivo, quello dell’ammissione alle facoltà di medicina, era severamente vietato. Elizabeth Garrett Anderson fu la prima donna inglese a qualificarsi in Gran Bretagna come medico e chirurgo. Il suo percorso non fu il primo in assoluto: suo mentore fu Elizabeth Blackwell, che pochi anni prima aveva compiuto i suoi studi fra Stati Uniti ed Europa, per ottenere riconoscimenti conformi a esercitare la professione medica in America.

Elizabeth Blackwell

Elizabeth Garrett Anderson nacque a Whitechapel il 9 giugno 1836, seconda di undici figli. Il clima in cui la giovane Elizabeth crebbe era quello della piena rivoluzione industriale, che permise l’apertura di nuovi orizzonti e la possibilità di cogliere occasioni. I miglioramenti personali ed economici erano conquistabili attraverso l’impegno, la tenacia e la volontà propri. Un importante fattore da considerare è l’educazione che ricevette, un’educazione nella norma per il periodo.

GLI STUDI

Ad Aldebourgh non c’erano scuole, i primi rudimenti furono impartiti dalla madre, poi da un’istitutrice e, infine, all’età di tredici anni, Elizabeth fu mandata con la sorella maggiore Luie nella scuola privata Boarding School for Ladies di Blackheath, a Londra, gestita dalle zie del poeta Robert Browning. Tuttavia, ciò che incise in maniera contrastante nel suo percorso di studio è rappresentata dalla formazione prevista in tali collegi femminili, cosa di cui Elizabeth soffrì: una formazione umanistica, carente dal punto di vista scientifico. Ella, pertanto, è la raffigurazione della piena volontà, caratteristica del periodo nascente, che si rivestì nella sua vita attivamente, permettendole di realizzare i suoi obiettivi ed elevando a principio le sue virtù, rendendole il fulcro delle battaglie per i diritti delle donne, nonostante le innumerevoli difficoltà. La preparazione scolastica ebbe termine nel 1851, con un breve viaggio all’estero, la partecipazione alla grande esibizione di Londra e con il ritorno a casa, dove negli anni successivi la giovane prese posto nei ranghi domestici, pur continuando a coltivare in autonomia gli studi e la lettura.

GLI INCONTRI

La svolta decisiva si raggiunse grazie all’incontro con Elizabeth Blackwell, diventata medico negli Stati Uniti, della quale lesse dapprima nelle pagine dei giornali, in occasione di una sua visita nel 1859 e Emily Davies, attivista suffragetta e sostenitrice della formazione delle donne, che rappresentò il cambiamento ufficiale per la vita della stessa giovane e di quella di tutte le donne. In particolare, Elizabeth Garrett Anderson entrò a far parte della Society for Promoting the Employment of Women, che organizzò alcune conferenze della Blackwell sul tema “Medicine as a Profession for Ladies”. In questa occasione, poté incontrare personalmente l’omonima studiosa.

Come la Blackwell, trovò molte difficoltà e porte chiuse nel tentativo di accostarsi alla medicina, per cui scelse di ottenere la propria preparazione per vie traverse. Rivestendo il ruolo di infermiera assistette dottori di prestigio e, dunque, le fu permesso di frequentare le cliniche ambulatoriali, nelle quali svolse il suo primo intervento.

Contemporaneamente, Elizabeth continuò a mandare le sue ripetute richieste d’ammissione allego facoltà di medicina, tra cui Oxford, Cambridge, Glasgow, Edimburgo, St Andrews e il Royal College of Surgeons, le quali, però, furono sempre rifiutate. Ma la sua perseveranza si rivelò ancora una volta quando decise di studiare privatamente, potendo assistere alle lezioni in latino, greco, materia medica, presso la farmacia dell’ospedale e assunse un docente di anatomia e fisiologia per lezioni tre sere a settimana. Dopo molte insistenze, Elizabeth Garrett Anderson riuscì a entrare nella sala di studio, suscitando le ire degli studenti di sesso maschile, che presentarono ufficiali rimostranze alla sua ammissione come studentessa, costringendola a lasciare l’ospedale, rinunciando anche al lavoro, ma ottenendo un riconoscimento: il certificato d’onore in chimica e materia medica.

LA BATTAGLIA

In seguito al susseguirsi di tutti questi episodi, Elizabeth scelse di partecipare attivamente alla battaglia per l’accesso all’istruzione superiore delle donne e, parallelamente ad Emily Davies, la quale aveva a cuore l’accesso delle donne alle facoltà universitarie, Millicent fece sua la battaglia del suffragio femminile, grazie alla quale Elizabeth trovò la sua strada nell’aprire alle donne inglesi lo sbocco alla professione medica.

Il sodalizio delle tre esponenti sarà fondamentale per la battaglia delle donne di tutti i tempi, che vedrà protagonista assoluta l’unione della volontà e tenacia, fusa alla voglia dirompente di non far restare vane le proprie conoscenze e scoperte, ma contribuendo alla fondazione del sapere del mondo e del suo avanzamento, con un obiettivo ancora più rilevante: affermare l’importanza di esse stesse, della loro voce, dei propri studi, del loro ruolo sociale e lavorativo. Elizabeth, in favore di ciò, aprì un suo ambulatorio-ospedale, nel quale per un po’ scarseggiarono i pazienti.

Nel giro di sei mesi, però, l’attività cominciò a crescere ed Elisabeth diede vita anche ad un dispensario ( un ambulatorio nel quale le donne potevano essere visitate da una donna ). Fu l’epidemia di colera del 1865 a determinare una svolta sotto il punto di vista lavorativo: l’alto numero di casi portò i pazienti maschi a non essere più estremamente suscettibili nel sottoporsi alle cure della Garret, tanto che, quest’ultima, arrivò in poco tempo ad avere più di tremila pazienti.

LA LAUREA

La laurea in medicina tanto attesa, arrivò nel 1870, dall’Università della Sorbona che nel frattempo aveva aperto le porte alle donne, rendendo onore a tutti i sacrifici e agli sforzi compiuti dalla stessa Elizabeth.

Un medico conduce due vite, quella professionale e quella privata, e i confini tra i due non devono essere mai attraversati”- la frase che pronunciò quando decise di rinunciare ai diversi ruoli da lei rivestiti in ospedale, per portare a compimento due progetti che, in quel momento, le stavano molto più a cuore: espandere la diffusione del dispensario in ospedale pediatrico e dedicarsi con più attenzione alla sua vita personale, essendo diventata moglie e madre di tre figli (la prima dei quali, Louisa, diventerà a sua volta medico e attivista della causa del suffragio).

Nel 1902 si ritirò, in compagnia del marito, ad Aldenbourg. Tuttavia, Elizabeth non era ancora pronta a condurre una vecchiaia inattiva. Rimasta vedova nel 1907, riprese le attività di suffragetta e continuò senza tregua la sua concreta lotta per i diritti femminili, non solo in ambito lavorativo e scientifico, ma, questa volta, anche in ambito sociale, esercitando la carica di sindaco della cittadina: la prima donna a ricoprire tale ruolo in Gran Bretagna.

La figura di Elizabeth rimane, pertanto, un reale punto di riferimento per tutta la popolazione (in primis per le donne). Ci invita esplicitamente a combattere per lo sviluppo del sapere in sé e, con esso, a raggiungere l’affermazione di noi stessi nell’evoluzione del mondo, non abbattendoci davanti agli innumerevoli ostacoli che, nel nostro piccolo, posso palesarsi. Solo perseverando per ciò in cui crediamo fermamente, dimostreremo a noi stessi, e a coloro accanto a noi, di essere attivi cittadini e persone consapevoli delle proprie capacità, trasformando, talvolta, quelle che potrebbero apparire sconfitte, in nuove opportunità.

di Antonella Basilico