Succede

Succede, all’improvviso, in una giornata come tante altre, ad un tratto tutto cambia … per sempre.

 Sono Giulia, una ragazza di 16 anni, frequento il terzo anno del liceo, mi piace fare equitazione, disegnare e suonare il piano. Amo mordicchiare le guanciotte di mia sorella, mangiare la pizza e la sensazione dell’aria sul viso quando guido la mia moto. Sono una ragazza come tante, anche se forse adesso dovrei dire ero ….

Sono sdraiata su un letto, ma non è il mio, e la luce che illumina il mio volto non è quella del sole, è il neon di una camera di ospedale. Accanto a me i miei genitori, gli occhi umidi di pianto. Mia madre è china su di me ed accarezza il mio volto bagnato dalle sue lacrime, mio padre tiene stretta la sua mano alla mia quasi mi volesse tenere sempre con sé. È entrato un medico, anche lei ha gli occhi lucidi e la sua espressione – voce è dolce e triste insieme.  Parla con i miei genitori, dice qualcosa che io non riesco a sentire, poi guardo di nuovo il volto di mia madre, non ricordavo quelle rughe, e quello di mio padre, che non avevo mai visto piangere.  Allora capisco, non serve ascoltare. Adesso il medico si avvicina un po’ di più ai miei genitori e parla, parla di nuovo, questa volta nel suo volto una espressione diversa, di speranza. Parla piano, lentamente, mia madre adesso sistema i miei capelli sulla fronte e lungo il mio viso e mio padre non smette di stringere la mia mano con tutta la forza e la dolcezza che la vita gli ha insegnato. 

– Hei, – dico- mamma, papà guardatemi, non sono più lì. volgete lo sguardo: sono accanto a voi. Mamma, che mi accarezzi il volto e i capelli come quando ero bambina, non temere da oggi sarò io ad accarezzare il tuo cuore e papà, che mi stringi così forte la mano come quando in quel video muovevo i primi passi e tu mi tenevi la mano per non farmi cadere, non preoccuparti da oggi sarò io a stringere la tua anima per non lasciarti cadere. Sarò nei vostri abbracci al mattino mentre preparate la colazione e sarò nel profumo di quei biscotti immangiabili preparati con la sorellina la domenica pomeriggio. Sarò ovunque voi vogliate, ma, per favore ascoltatemi, io non sono più in quel corpo. –  alla fine, ho come la sensazione di gridare, ma nessuno mi sente.

Poi il medico parla di nuovo, i miei si guardano negli occhi, la mano dell’una in quella dell’altro e lentamente, chinano il capo, annuiscono.  Non so come, ma adesso sono certa che mi abbiano sentito.

Succede, all’improvviso, in una giornata come tante altre, ad un tratto tutto cambia … per sempre.

Sono Luca, ho 14 anni, frequento la prima liceo, vorrei giocare a basket come il mio amico Paolo e imparare ad andare con lo skate come quel tipo che fa un sacco di acrobazie che posta sui social. Amo giocare con la play, prendere in giro mio fratello per le sue manie, mangiare la pizza e poi da grande vorrei fare il medico, già da grande … insomma vorrei dire che sono un ragazzo come tanti altri ma forse non è così …

Sono sdraiato su un letto che ormai è diventato il mio, come la camera di questo ospedale. Fuori c’è il sole, ma qui c’è sempre questo neon ad illuminare le mie giornate. I miei migliori amici indossano tutti un camice e hanno giusto qualche anno in più di me…

Sto cercando di capire a cosa serva studiare il teorema di Euclide e risolvere equazioni impossibili, comprendere la trigonometria o tutta la vita di tutti poeti.

Quando arrivano i miei genitori, sono stranamente sorridenti, cioè, i miei sono fantastici e da quando mi hanno diagnosticato questa malattia sono sempre sorridenti, ma è il sorriso triste di chi porta un peso troppo grave nel cuore, sempre ma non oggi, non adesso… eppure, sono felici e tristi insieme, ma è un’altra tristezza, stavolta non è rivolta a me, stavolta è un pensiero che va lontano … poi entra il medico, anche lui sorride, si, sorride proprio e parla, il tono della voce tradisce l’emozione di chi porta un messaggio di speranza… quel messaggio, quelle parole sono le parole che ormai avevo paura persino di sognare.

I miei si abbracciano, mi abbracciano, e mentre mia madre mi accarezza il volto e mio padre mi stringe la mano, li guardo: non ricordavo mia madre così bella, le rughe non ci sono più e mio padre, beh, lui non lo avevo mai visto piangere, nemmeno quando…

-Hei- dico- ciao, sono Giulia…- lui si volta, mi guarda e poi piano – Ciao, io sono Luca- sussurra, sembra che volesse dirmi almeno un milione di cose, ma poi dice solo – Allora sei tu? – annuisco sorridendo, stavolta sono io in imbarazzo. Il suo sguardo è colmo di felicità e tristezza, paura e speranza, il suo sguardo adesso è l’ultima cosa che porterò con me ed è ciò che, non so ancora come, ma so che riuscirò a descrivere ai miei genitori perché è la sola cosa che sia riuscita a dare un senso a qualcosa che un senso forse non aveva ancora. -Ciao, adesso so che posso andare via – gli dico ancora, piano, e lui – grazie… –.

Sorrido, sorrido con occhi che non ho più io ma una meravigliosa bimba di 3 anni, sorrido con il mio cuore che adesso ha una giovane madre, sorrido con i miei reni, trapiantati ad un uomo che ha ripreso ad amare e sperare, e con il mio fegato, che adesso ha lui – Promettimi di trattarlo bene- gli dico, facendogli l’occhiolino, poi, lentamente, mi giro.

 Succede, all’improvviso, in una giornata come tante altre, ad un tratto tutto cambia … per sempre.

E non sempre riusciamo a capire perché alcune cose accadano, ma poi c’è un attimo nel dolore più profondo in cui la stasi diventa movimento, il pianto sorriso, il dolore gioia, la disperazione speranza, la fine inizio e la morte …beh, se la morte deve avere un senso quale senso più grande di una nuova vita?

                                                                                                                       Noemi Blancato  4QL