Jean-Paul Marat, il martire della Rivoluzione francese

Jean-Paul Marat è stato un politico, medico, giornalista e rivoluzionario francese, di origini sardo-svizzere.

Nasce nel 1743 a Baudry, in Svizzera; un ragazzo vivace e intraprendente che inizia a studiare medicina all’Università di Bordeaux, per poi spostarsi a quella di Parigi. Si mantiene economicamente con l’esercizio della professione medica.

Improvvisamente lascia la Francia per Londra, dove viene subito preso dalla passione per la politica, nel solco del pensiero illuminista. Scrive molti saggi politici e medici, conduce diversi studi scientifici e inizia a maturare un proprio pensiero politico, improntato su principi illuministi.

Dal 1789 fino alla sua morte Jean-Paul si interessa ai movimenti popolari nella Francia di Luigi XVI che si avviavano a diventare una vera e propria rivoluzione. Si trasferisce a Parigi e si schiera dalla parte del Terzo Stato, il 98% della popolazione che veniva letteralmente schiacciato dalle due classi privilegiate, i nobili e il clero.

Per restare liberi occorre stare sempre in guardia nei confronti di chi governa.”

Il 12 settembre di quell’anno Marat riesce a pubblicare il suo giornale intitolato L’Ami du peuple (L’amico del popolo). Il motto del giornale era Vitam impendere vero, ossia Consacrare la vita alla verità. Questo giornale gli conferisce l’appoggio del popolo ma al tempo stesso Marat viene accusato più volte per ciò scrive ed è stato costretto a nascondersi per la sua sicurezza.

Jean-Paul inizialmente appartenente al club politico dei cordiglieri poi diventa presidente dei giacobini, entrambe queste fazioni avevano come obiettivo l’instaurazione della Repubblica.

Marat dal 1782, anno di morte della madre, inizia a soffrire di una malattia cutanea della quale sarà affetto fino al suo ultimo giorno di vita. La malattia gli provocava un continuo prurito alla pelle, in seguito sul suo corpo compaiono anche piaghe maleodoranti e ulcere dolorose infette. Nel 2019 degli studi sul sangue impregnato nei fogli che aveva con sé al momento dell’omicidio hanno rivelato la presenza di un’infezione avanzata riconducibile a una dermatite seborroica.

Dal 3 giugno 1793 la malattia di Marat si aggrava talmente tanto che si vede costretto a rimanere a casa all’interno di una vasca di rame dentro la quale metteva diversi lenitivi nell’acqua tiepida per avere un breve sollievo.

 

Assassinio di Marat

L’11 luglio 1793 giungeva a Parigi da Caen, in Normandia, la giovane Charlotte Corday. Il 13 luglio, dopo aver acquistato un lungo coltello da cucina, si dirige verso casa di Jean-Paul ma la portinaia sapendo che era malato rifiuta di far salire la donna. La Corday allora manda per posta un biglietto a Marat, chiedendogli di essere urgentemente ricevuta usando come scusa che a Caen tramavano ai danni della Rivoluzione ed era disposta a confidare i nomi dei controrivoluzionari. Si presenta alla porta dell’alloggio ma la compagna di Jean-Paul e la sorella le impediscono di entrare, allora Charlotte grida di voler parlare con l’amico del popolo. Marat, avendo sentito, acconsente di riceverla. La riceve nel bagno, una stanza quadrata rivestita di carta da parati, con mensole piene di libri alle pareti e una grade carta geografica della Francia. Jean-Paul è immerso all’interno della sua vasca di rame con una tavola a mo’ di scrittoio poggiata sui bordi. I due parlano per poco tempo, la donna detta un elenco di nomi che l’altro scrive su un foglio e le dice che era già al corrente di questi moti controrivoluzionari e avevano già adottato delle misure di repressione. Marat sorride alla giovane ospite con la lista in mano dicendo: “Le loro teste rotoleranno entro due settimane.” Charlotte non ricambia il sorriso. Si alza in piedi di scatto lasciando cadere la sedia per terra, afferra il coltello nascosto in seno e lo sferra con violenza contro Jean-Paul. Secondo alcune ricostruzioni, la Corday lo pugnala in pieno petto, secondo altre gli va alle spalle, estrae l’arma e gli vibra una coltellata sotto la clavicola. Poi ritira il coltello grondante di sangue dal corpo della vittima e lo lascia cadere ai suoi piedi. Immediatamente afferra la lista e la getta in acqua sperando che i nomi si dissolvano. Charlotte non tenta la fuga, comincia ad arretrare sconvolta da ciò che ha fatto ed esce lentamente dalla stanza. Le ultime parole di Marat furono “Aiutami, mia cara amica!” gridate alla compagna. Subito accorre nel bagno un uomo presente a casa, che colpisce ed immobilizza Charlotte, mentre la compagna cercava di fermare l’imponente emorragia. Marat perde quasi subito conoscenza e muore per dissanguamento nel giro di pochi minuti. In breve la casa si riempie di persone. Sulla strada premeva una folla che s’ingrossava sempre di più, perché la notizia si era sparsa per tutta Parigi.

Charlotte Corday viene trascinata via e rinchiusa nella prigione dell’Abbaye; in tribunale non apparve affatto pentita del delitto commesso, sostenendo di aver dovuto uccidere un uomo per salvarne migliaia, infatti riteneva che Marat stesse tradendo gli ideali della rivoluzione fomentando una guerra civile, e vedeva in lui una personificazione del Terrore. Dopo un sommario processo, la corte la condanna alla ghigliottina. Dopo 4 giorni dall’omicidio viene condotta al patibolo con la camicia rossa dei parricidi.

La morte di Marat è l’evento che porterà al periodo di Terrore di Robespierre. Charlotte Corday uccide l’artefice di tante morti senza sapere che dopo di lui verrà un “dittatore” spietato.

 

La morte di Marat di David

Tra gli alleati politici di Marat sconvolti dalla sua morte, vi era anche il suo amico pittore Jacques-Louis David che viene incaricato di realizzare un quadro che ricordasse l’amico del popolo e che fosse esposto per sempre nella sala dell’assemblea. L’opera di David è un capolavoro di realismo e di astrazione, oggi conservata nel Museo delle belle arti del Belgio a Bruxelles. L’immagine del rivoluzionario richiama sottilmente il Cristo, la vittima per eccellenza della tradizione, qui Marat è la vittima laica della rivoluzione, il martire della libertà e della nuova civiltà che egli ha contribuito a creare e a difendere. È rappresentato circondato dalle reliquie della sua passione: il coltello del sacrificio, la penna d’oca in mano, la lettera del tradimento ancora stretta, l’assegnato da spedire a una cittadina in miseria. Il calamaio è posato sopra uno spoglio mobiletto in legno sul quale David incide la sua dedica personale. L’unico elemento fuori posto è il coltello, lasciato a terra sporco di sangue, si tratta dell’unica traccia che ci rimane dell’assassina, che in questo modo viene cancellata in maniera simbolica, quasi per una forma di damnatio memoriae, e condannata all’oblio, mentre Marat, al contrario, nel suo eroico isolamento rappresenta già un severo monito ai concittadini e alle generazioni future.

Il luogo del delitto è rigorosamente spogliato da tutti quegli oggetti che avrebbero fatto apparire la morte di Marat come un ordinario fatto di cronaca. La tragedia è sublimata in un’immagine silenziosa e senza tempo. Si viene così a creare una scena estremamente sobria che sottolinea la rettitudine e la virtù del personaggio. Il dipinto è dominato da una tonalità scura e tetra, dove il secondo piano è costituito da un fondo verdastro monocromo, temperato solo da un pulviscolo dorato in alto a destra che sembra voler investire Marat. L’omicidio è avvenuto da poco, tanto che la ferita aperta sul costato gronda ancora sangue. Il volto di Marat è sereno e disteso ed è appoggiato sul bordo della vasca, mentre il braccio destro è abbandonato a terra e regge ancora la penna che stava usando prima di essere ucciso.

Si tratta questa di una citazione quasi letterale del braccio pendulo del Cristo nella Deposizione di Caravaggio. Possiamo notare le analogie tra le opere: oltre il braccio pendulo, abbiamo lo stesso sfondo scuro e un utilizzo della luce che evidenzi il protagonista.

Infatti nella morte di Marat il pittore crea una profonda zona d’ombra sull’addome così da dare risalto al volto di Jean-Paul, esposto in piena luce.

Quindi l’intento simbolico e propagandistico di David è chiaramente quello di paragonare Marat ad un Cristo laico, il martire che ha sacrificato la vita per il suo popolo.

 

Sara Prencipe