“Il telaio della memoria” – parte seconda

Questo è il Monumento all’Emigrante, un monumento in bronzo in piazza Belvedere, dedicato a tutti coloro che hanno dovuto abbandonare il proprio paese per cercare una vita migliore.

Ne sono sempre stato affascinato poiché, oltre ad essere bello in sé, ha anche un significato assai profondo. Io ho vissuto nella via in cui si trova la piazza, quindi ho osservata spesso il monumento, anche se, da piccolo, non ne coglievo veramente il significato.

Guardarlo oggi, invece, mi fa pensare al coraggio e alla speranza delle persone che hanno lasciato le loro famiglie, i loro affetti , per andare a cercare opportunità migliori in posti sconosciuti e lontani.

Anche nella mia famiglia ci sono stati dei fratelli di mio nonno che si sono trasferiti in Australia e mia zia la cui famiglia è partita per l’America.

Tutt’oggi, quando lo osservo, penso che, probabilmente, anch’io sarò una di quelle persone destinate a lasciare il posto in cui vive.

Questo non significa necessariamente rompere i legami con la propria terra, perché la propria terra si porta sempre nel cuore.

Valerio Florio

Sono sempre cresciuta con l’idea che l’agricoltura, oltre ad essere un mestiere, è una vera e propria arte. È passione, dedizione, condivisione, sacrificio, amore per la famiglia. Queste vecchie foto colgono me, mio fratello ed i miei parenti in attimi che rimarranno per sempre nei miei ricordi e nel mio cuore.

La mia famiglia si cimenta in questa attività da generazioni, ed ha trasmesso anche a me quei valori che fanno inevitabilmente parte della mia persona. So che cosa significa per il mio papà rinunciare ad una domenica mattina in casa per portare avanti questa tradizione, per dare il suo contribuito dopo anni di lavoro e di sforzi e per ricompensare tutto quello che i suoi genitori hanno fatto per lasciare a lui ed a noi questa eredità. Conosco l’amore che si nasconde dietro quelle mani, dietro quel sudore, dietro quella forza di volontà. Leggo nei racconti di nonno, nei suoi occhi, un legame verso quelle terre, che sono state per lui lo sfondo e l’ambientazione delle memorie più belle. Ho bene in mente il volto stanco, ma allo stesso tempo felice, puro e sincero, che si ha nel rientrare a casa, alla fine di un’intera giornata dedicata esclusivamente a questo, dei resoconti che si fanno alle cene di famiglia, sull’andamento del raccolto annuale e delle colture. Sono cose che alla fine ci appartengono, che vorrei rimanessero sempre parte di quelli che siamo, che continuassero a ricordare quello che sono stati i nostri avi.

“Dimenticare come zappare la terra e curare il terreno significa dimenticare se stessi.” 

Adoro ammirare i vecchi attrezzi agricoli che ogni tanto riemergono nel fienile dei nonni, come un vecchio trattore ormai non adoperato più. È questo il bello della memoria, mantenere vivo il ricordo di un’esperienza vissuta da una collettività che ha come essenza il sentimento e l’amore per il passato. 

Sono certa che molti vastesi, soprattutto quelli più anziani, se li si ascolta raccontare, ricordano bene quei momenti legati ai campi e all’arte di coltivare la terra i suoi frutti.

Ilaria Sputore

Uno dei luoghi importanti del mio vissuto è sicuramente il Santuario della Madonna dei Miracoli a Casalbordino, che ha origine in seguito all’apparizione della Vergine Maria, l’11 giugno 1576, ad Alessandro Muzio, un anziano di Pollutri. 

Si racconta che…

Nel pomeriggio del 10 giugno 1576, giorno antecedente la Solennità di Pentecoste, una terribile grandinata aveva devastato le campagne di Casalbordino. Un contadino di nome Alessandro Muzio, il giorno seguente si reca nel proprio campo per constatarne i danni. Recitando il rosario sente la campana della chiesa parrocchiale di Casalbordino risuonare. Inginocchiatosi per devozione vede comparirgli dinanzi in una luce sfolgorante la Beata Vergine Maria che lo rassicura sulle condizioni del suo campo, ma avverte anche che la grandinata c’è stata come punizione divina a causa dei peccati degli uomini e chiede di sollecitare il parroco nell’ invitare i parrocchiani al rispetto per il 3° comandamento, che prevede la santificazione del giorno festivo. Quando la Madonna svanisce si rende conto che dove Ella è comparsa il terreno è asciutto”.

La documentazione dell’avvenimento è conservata nell’archivio parrocchiale di Pollutri.

Da quel momento, il 10 e l’11 giugno, si festeggia la Beata Vergine. La processione del 10 giugno muove da Casalbordino paese al Santuario, mentre il giorno 11 viene celebrata la messa. C’è anche un momento più mondano: vengono montate le giostre, per far divertire i più piccoli mentre, per i più grandi, chiamano qualche cantante per allietare la serata.

Alfia Zinni