• Home
  • Blog
  • Articoli
  • Fantasticheria, fantasticherie. A ritroso, a perdifiato, nella felicità dei piccoli

Fantasticheria, fantasticherie. A ritroso, a perdifiato, nella felicità dei piccoli

Mito? Nulla di lontano anni luce da noi. Non solo gesta compiute da dei, semidei, eroi e mostri. Non solo le avventure di Eracle e Perseo. Mitiche sono le storie che inventavamo da piccoli quando la nostra attenzione era catturata da avvenimenti ai nostri occhi straordinari.

Mitico era passare davanti alla vetrina di una pasticceria, notare una casetta di marzapane e immaginare di viverci dentro oppure era tornare a casa e sognare di diventare padroni del mondo per vendicare il bambino o la bambina che ci avevano rovinato la giornata a scuola. O ancora, fermarsi davanti allo specchio, prendere lo spazzolino da denti (o la spazzola, dipende da che tipo di persona eri) e iniziare un concerto improvvisato davanti a boccette di creme e profumi. Improvvisamente il bagno scompariva, le piastrelle lucide lasciavano spazio ai riflettori. Davanti a te non c’era più lo specchio, ma una moltitudine di persone che acclamavano solo te. Poi, puntualmente, le urla dei tuoi a riportarti alla realtà, a ricordarti che cantare non è proprio il tuo punto forte…Chissà perché, quando eravamo piccoli, il bagno non era mai solo “il bagno”.

Un altro possibile scenario per il quale non è necessario risalire troppo indietro nella memoria, era quello della youtuber. Chi non ha mai immaginato di trovarsi davanti ad una telecamera e di iniziare la registrazione di un video tutorial? Per le ragazze, forse, era più frequente prendere di nascosto i trucchi della mamma e iniziare a imbrattare le palpebre con un po’ di polverina azzurra, spolverare le guance con quel pennello intriso di chissà quale pozione magica e poi concludere il capolavoro con un rossetto rosso fuoco e una striscia spessa quanto il Tevere di matita nera. Ed eccoci lì, così ben truccate che potevamo davvero fare invidia a Julia Roberts. Mitico era anche andare a comprare le scarpe. Esistevano due tipi di persone: quelle che compravano le Lelly Kelly solo per ricevere le trousse piene di ombretti e lucidalabbra colorati e quelle che andavano sul sicuro acquistando un paio di Geox e che poi sbattevano i piedi sul terreno così forte da non causare un terremoto giusto per miracolo; le acquistavano soltanto per vedere le lucine accendersi e sentirsi un po’ speciali.

Quante volte invece, al mare, ci siamo guardati bene dal toccare l’acqua con il corpo per evitare il rischio di veder comparire, senza preavviso, la coda di qualche sirena di passaggio?

Ho avuto fin da piccola una fervida immaginazione; mi fermavo a fantasticare alla prima occasione; per esempio, quando incontravo un’automobile e piano piano i fanali diventavano due paia di occhi, finché, davanti a me, più che una macchina c’era un particolarissimo animale esotico il cui speciale compito era quello di trasportare l’uomo in giro per il mondo. Ma non è tutto: mi capitava spesso di immaginarmi all’interno dell’ultimo libro letto. Quando la storia mi piaceva, mi fermavo a pensavo alla mia possibile vita nei panni del protagonista o dell’antagonista. Mi succedeva spesso con i libri di Tea Stilton che conservo ancora con cura meticolosa nella mia libreria. Ecco, la mia collezione di quei libri potrei davvero definirla mitica.

Un’altra delle mie fantasticherie riguardava mio padre, anche mia madre talvolta, ma più raramente. Non sono mai stata una grande appassionata di supereroi: gli unici che conoscevo erano quelli raffigurati sugli zaini dei miei compagni di classe. Eppure, non riuscivo a frenarmi dal credere che papà fosse in ritardo perché impegnato a salvare il mondo. Le mie fantasie erano talvolta condizionate anche dai film Disney. Per strada stavo sempre attenta a non mancare di rispetto alla fata travestita da mendicante che mi avrebbe fatto diventare una potente guerriera pronta a conquistare il mondo. Tuttavia, il giorno più magico dell’anno era quello di Carnevale, quando tutti si travestivano e, per una volta, ognuno incarnava qualcun altro. Tutti diventavamo un po’ più mitici fasciati dalla testa ai piedi nella nostra armatura che, in fondo, un’armatura non era, ma ci faceva davvero sentire come se non avessimo più paura di nulla.

Veramente mitico, però, era essere bambini, quando per essere felici bastava disegnare il cielo con una striscia azzurra e il sole all’angolo, bere l’acqua con le cannucce colorate e andare in bicicletta così veloce da sembrare quasi di poter volare. E alla fine, forse, volavamo davvero.

                                                                                                          Alessandra Masciantonio