Disturbi dell’alimentazione

In quest’ultimi tempi, un argomento davvero sentito è quello dei “disturbi alimentari”. Al fine di conferire sostegno a quanti stanno lottando contro tali problematiche e di sensibilizzare l’opinione pubblica su di esse, evidenziando la frequenza, le caratteristiche e le gravi conseguenze che si possono riflettere su chi ne è affetto, viene istituita la Giornata nazionale del “Fiocchetto Lilla”. L’iniziativa è stata promossa per la prima volta nel 2012 dall’associazione “Mi Nutro di Vita” ed in seguito è stata certificata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il 19 giugno del 2018.                                                                                                                                                     

Ma forniamo inizialmente una definizione generale di essi: sono patologie complesse caratterizzate da un disfunzionale comportamento alimentare e un’eccessiva preoccupazione per il peso con alterata percezione dell’immagine corporea. Negli ultimi 19 mesi, complice anche la pandemia, essi sono aumentati esponenzialmente. Secondo i dati forniti dalla Società Italiana del Comportamento Alimentare, si è verificato un incremento pari al 30% e l’età media dei giovani pazienti è scesa ai 12 anni. Ne esistono di diverse tipologie, che in seguito analizzeremo nel dettaglio: l’anoressia, la bulimia, il disturbo da alimentazione incontrollata, il picacismo e la bigoressia, ma anche tanti altri meno noti e conosciuti.

 

  1.  Anoressia

L’anoressia nervosa, uno dei disordini alimentari più comune tra le donne e in particolar modo tra le ragazze giovani, è una condizione in cui la persona viene interessata da un desiderio di dimagrire smodato. In molte occasioni esso nasce da una semplice dieta dimagrante: la persona che ha intrapreso questo percorso, che in determinati casi può ovviamente rivelarsi salutare, anche una volta raggiunto un peso forma salutare continua a non vedersi sufficientemente magra, e continua così a fare delle pesanti rinunce alimentari. Inutile sottolineare che un comportamento come questo è estremamente pericoloso e può portare anche alla morte: se l’organismo non assume una quantità di calorie sufficiente, infatti, inizia inevitabilmente a deperirsi, ad autodistruggersi. La persona anoressica risulta chiaramente troppo magra, ha le ossa oltremodo visibili, non di rado presenta una pelle spenta e in scarsa salute, i suoi capelli tendono a indebolirsi e a cadere, e ovviamente può essere interessata da manifestazioni molto forti ed estremamente pericolose quali un arresto cardiaco. Dal momento che questo disturbo, proprio come gli altri disordini alimentari, è chiaramente legato alla psiche della persona, necessita di un approccio molto attento e molto profondo. Va peraltro sottolineato che l’anoressia nervosa è spesso strettamente correlata con la bulimia nervosa, due problemi pressoché opposti nelle caratteristiche, ma tutt’altro che distanti a livello psichico. Accade piuttosto frequentemente che la persona anoressica, nel tentativo di porre rimedio alla sua condizione, reagisca in un modo altrettanto scorretto e inspiegabile, ovvero rendendosi protagonista di episodi di bulimia, e altrettanto frequentemente accade il contrario.

  1. Bulimia nervosa

Come si stava accennando la bulimia nervosa è un problema psichico per il quale la persona tende ad alimentarsi in modo eccessivo e compulsivo, secondo una dinamica simile a quella di una vera e propria dipendenza. La persona bulimica, quando inizia a nutrirsi, non percepisce il senso di sazietà, è convinta di poter ingurgitare di tutto, anzi è fermamente desiderosa di questo, per tale ragione si rende protagonista di spropositate abbuffate che assai frequentemente culminano con dei fisiologici episodi di vomito. In alcune occasioni il vomito viene auto indotto dalla persona bulimica perché viene assalita dai sensi di colpa: il manifestarsi di forti sensi di colpa al termine di un’abbuffata è una manifestazione molto tipica nelle persone bulimiche, le quali non di rado reagiscono a quanto compiuto in modo altrettanto disordinato e compulsivo, ovvero consumando eccessive quantità di lassativi e diuretici, praticando attività fisica in modo smodato, oppure rendendosi protagoniste di episodi di anoressia.

  1. Disturbo da alimentazione incontrollata

Il disturbo da alimentazione incontrollata (o il binge eating disorder) è piuttosto simile alla bulimia: anche in questo caso infatti la persona si rende protagonista di abbuffate molto eccessive, tuttavia al termine delle medesime non si verificano episodi quali il vomito auto indotto o l’abuso di diuretici e lassativi, tipici dei sensi di colpa che provano le persone bulimiche dopo aver ecceduto con il cibo. In questo caso il desiderio di alimentarsi in modo eccessivamente ricco è legato molto spesso alla convinzione secondo cui tale atteggiamento possa placare stati di ansia o altri spiacevoli aspetti psichici, di conseguenza si può ben intuire come possano essere complesse e variegate le radici su cui si fondano i disordini alimentari.

  1. Picacismo

Il picacismo è uno dei disordini alimentari sicuramente meno frequente rispetto a quelli descritti fino ad ora, ma comunque discretamente diffuso e soprattutto ufficialmente riconosciuto dal mondo medico. Il picacismo consiste fondamentalmente nell’abitudine più o meno continuativa ad ingerire delle sostanze non alimentari, sebbene la persona che è interessata da tale disturbo sia ben consapevole del fatto che le medesime non sono commestibili. Anche in questo caso, come si può ben immaginare, le cause psichiche alla base del disturbo possono essere svariate e molto profonde.

  1. Bigoressia

La bigoressia o dismorfofobia muscolare (conosciuta anche come vigoressia o complesso di Adone) è un disturbo di recente osservazione, presente in prevalenza nella popolazione maschile e in particolare tra i frequentatori di palestre e appassionati di body building. Il termine viene dall’inglese big, ovvero “grande, grosso”, e indica la preoccupazione d’avere un fisico poco prestante o troppo magro in persone visibilmente muscolose. Inizialmente fu definita “anoressia inversa” proprio per la sua specularità rispetto alla condizione anoressica: il soggetto anoressico si vede grasso pur essendo magrissimo, il bigoressico percepisce il proprio corpo come magro e non muscoloso pur avendo un fisico atletico. La preoccupazione eccessiva per il proprio aspetto riguarda tutto il corpo e non una sua parte specifica. Per questo il disturbo è anche noto come “dismorfofobia muscolare”. Similmente ai disturbi alimentari “classici” si assiste a un’alterazione della percezione di sé accompagnata da un pensiero continuo sulle forme corporee.                                 

Ma come comportarsi con una persona affetta da DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare)? Ecco di seguito alcuni consigli, ma si puntualizza che è necessario sempre farsi aiutare da un professionista, in grado di valutare la situazione e di fornire indicazione pratiche e concrete. Andrebbero evitati paragoni, richiami ai sensi di colpa o frasi sulla forza di volontà e incentivati espressioni del tipo: ‘’Non posso capire quello che stai provando. Ma se vuoi posso ascoltarti per starti vicino” o ‘’Ricordati che, qualunque cosa accada, io starò al tuo fianco’’.

Supporto, aiuto, dialogo: questi sono gli ingredienti che occorrono per fuoriuscire da queste problematiche. Chi soffre a causa di essi è molto fragile, a volte non se ne rende conto e spesso la migliore soluzione è imparare a gestire le proprie emozioni. Per questo è rilevante muoversi con tempestività, ma sempre in modo rispettoso. Non serve colpevolizzare né colpevolizzarsi ma, con l’aiuto di uno specialista, serve fare uno sforzo di comprensione sul significato dei sintomi e della gravità della situazione. È importante richiedere subito una consulenza con uno psicoterapeuta specialista, così da fare una prima valutazione e capire quale potrebbe essere il percorso terapeutico più indicato, o per trovare insieme strategie di intervento qualora la persona rifiuti di farsi aiutare. Chi soffre di un DCA nutre in genere ambivalenza rispetto alla possibilità di un aiuto: da una parte vorrebbe uscire dalla gabbia che si è costruito, ma dall’altra ne teme le conseguenze. Non giudichiamolo per questo, ma cerchiamo di provare empatia con la sua paura, sosteniamolo. Infine, mettiamoci a nostra volta nelle condizioni di ricevere un supporto adeguato utile ad aiutare queste persone. Farà bene a tutti quanti, ci migliorerà e fortificherà.

Benedetta Nicodemo