Eppure era un’amica

La nostra studentessa, che si firma Maria, con coraggio racconta la storia vera di un’amicizia tossica, da cui è riuscita a liberarsi non senza sofferenze.

Cloridano e Medoro storia di un’amicizia commovente e unica tratta da un passo di letteratura che mi invita a pensare: ma esistono ancora legami di questo tipo? L’amicizia è quel sentimento così forte che supera ogni problematica e come scopo ha solo quello di essere felici per l’altro e fare tutto pur di rendere felice l’altra persona?

 Personalmente credo nell’amicizia vera, quell’amicizia dove tutto è sincero, dove non vi è competizione, dove non ci si sente giudicati per le azioni o i comportamenti. Quell’amicizia dove basta poco per stare bene insieme e per divertirsi basta ancora meno. Quel rapporto dove esistono solo critiche costruttive che portano al miglioramento dell’individuo. Quell’amicizia dove si gioisce per il successo dell’altro, dove tutto è reciproco.

Però, purtroppo, sono rare queste amicizie, ci sono più maschere di cera che altro. Per anni ho creduto, mi sono convinta, e illusa di vivere un’amicizia di questo tipo, ma alla prima tempesta il mio castello di sabbia fatta di grandi aspettative è crollato. Ho vissuto una relazione di amicizia tossica, una vera e propria dipendenza affettiva con una persona che non si comportava da amica e io non lo comprendevo. La dipendenza affettiva non la riconosci finché non smetti di vedere le cose da una prospettiva ravvicinata e incominci ad allontanarti. Essa si presenta sotto forma di un comportamento normale per chi ne soffre, e, spesso, è tutto fuorché normale. Attraverso la mia esperienza possiamo capire bene di cosa si tratta: un’amicizia iniziata in tenera età, quando si frequenta lo stesso istituto scolastico, e quindi è normale vedersi tutti i giorni, più volte al giorno. Così partendo dal niente si arriva al tutto in un paio di anni. Quando il cuore pulsante dell’amicizia stava proprio nel vedersi e sentirsi tutti giorni ininterrottamente. Tra alti e bassi sono trascorsi ben dieci anni.

Dieci anni durante i quali non posso non   ammettere di aver passato bei momenti, ma, col senno del poi, ho capito che non erano autentici. Questi anni sono stati costellati da un’infinita serie di giustificazioni per ogni comportamento errato, da un continuo mettere da parte il mio volere e il mio essere per l’altro. Dalla presenza costante, alla finzione, all’invidia, al finto attaccamento, tutto questo è sfociato poi in un rapporto di convenienza. E ogni qualvolta entrava a far parte della vita dell’altro una persona di passaggio, “una variabile”, l’amica di sempre, quella costante, veniva messa da parte. Queste frequentazioni, dunque, non sono un piacere ma un bisogno, perchè la persona ha un costante bisogno dell’altra, perché senza si sente vuota, senza identità, senza uno scopo. Di tutti questi comportamenti errati te ne rendi conto solo quando l’artefice di queste emozioni decide di allontanarsi per qualche ragione o semplicemente perché ha trovato il modo di sostituirti.

L’allontanamento però crea un ulteriore dolore, senti la necessità di un riavvicinamento, quindi con tutta la tua forza ti aggrappi all’idea che hai creato, alla maschera che si sta sciogliendo, giustificando e trovando altri alibi e spiegazioni. Poi pian piano la prospettiva si allarga e riesci a vedere in maniera più nitida ciò che sta accadendo, finché non avviene quel fatto ingiustificabile che fa sciogliere completamente la maschera di cera e vieni catapultata nella   realtà e comprendi tutti gli atteggiamenti disfunzionali nei quali soffocavi. È solo attraverso il dolore dell’allontanamento che riuscirai ad uscirne. Pian piano così inizierai a vederti in maniera diversa anche come singolo individuo e non come parte di un duo. Imparerai a stare senza quella continua presenza che riempiva le tue giornate, rendendoti finalmente indipendente.

                                                                                              Maria