“AMOR CH’A NULLO AMATO AMAR PERDONA”

“Amor ch’a nullo amato amar perdona”…  questo è il verso più denso di significato di tutta la commedia dantesca: Amore che non perdona, nel senso che non risparmia a nessuno che sia amato e che abbia ricevuto amore e a sua volta di amare.

Impossibile non trovare e provare amore, se si è amati. Ci troviamo nel secondo cerchio dell’inferno narrato nel canto V, è la sera del venerdì del 1300. Dante qui, dopo aver incontrato Minosse, personaggio mostruoso che con la sua coda ha la funzione di indicare il girone dove saranno condannate le anime, e in questo caso il girone dei lussuriosi, incontra i due adulteri cognati. Forse questo è il momento più elevato e pieno di pietà, proprio l’incontro tra Paolo e Francesca, uccisi da Gianciotto, il quale li aveva sorpresi insieme in amore. Dante è molto stupito poiché, mentre tutte le anime vengono travolte dalla tempesta e sballottate nel turbine, come la regina “Semiramìs”, i due amanti sono uniti, perciò li invita a parlare. Cosa alquanto rara da parte di Dante! Tuttavia, le due anime, come due colombe spinte dall’amore, vanno verso Dante, e Francesca  si dichiara disponibile a raccontare la sua storia, mentre la tempesta in quel punto “come fa si tace”. Si capisce bene che per volontà divina Dante peccatore riceve la confessione dei due amanti. Vittorio Sermonti, un critico molto noto, ha dedicato un’attenta rilettura alla “Comèdia”  e al canto V dell’inferno. Sermonti crede che Dante non perdoni i peccatori nell’atto stesso della sua condanna. E’ vero pure che il pellegrino si prodiga con gli adulteri in espressioni compassionevoli, come non gli capiterà spesso nell’inferno.

 

Ma se non si isola il canto V dell’inferno con la bella persona di Francesca, si dovrà constatare che in questa canto il poeta ci sta raccontando il primo incontro e il primo colloquio fra un’anima perduta e Dante- peccatore. Dante è molto colpito dalla nobiltà d’animo e dalla gentilezza di Francesca e dalla crudeltà delle conseguenze del peccato. Questo dovrebbe mettere in crisi la concezione dell’amore come strumento per elevare l’uomo a Dio e Dante è colto da smarrimento profondo e da pietà tanto che sviene “come corpo morto cade”. Prendendo in considerazione che Paolo e Francesca stavano leggendo un libro dalla materia bretone che diventerà “Galeotto” per i due cognati, Dante in questo caso vuole metterci in guardia dalla letteratura amorosa che , oltre a portare diletto agli ascoltatori e a portare un sentimento nobile come l’amore può causare conseguenze di passione e di castigo eterno. Questo canto solo apparentemente parla dell’amore, infatti lo scopo principale è riflettere sulla lettera amorosa per superarla, proponendo il suo modo di fare la lode della donna amata, che partorì Dante alla visione del Paradiso in compagnia della sua dolce Beatrice. La pietà di Dante perciò porta a riflettere sulla pericolosità dei sentimenti amorosi se non sono guidati dalla ragione illuminata dalla fede. Il canto V dell’inferno quindi è importante perché ci offre un quadro delle abitudini della vita aristocratica del Duecento: e come afferma Dante Amor ch’al cor  gentil ratto s’apprende”.

 

Domenico Maria Pelligra 4 a  Liceo classico

I.I.S.S. G. Carducci – Comiso (RG)